Jump to content
Piano Concerto - Forum pianoforte

Ludovico Einaudi, Minimalismo e Contemporanea


Feldman
 Share

Recommended Posts

Lungi da me assegnare etichette ad artisti che magari non vogliono, io stesso sono contrario a definizioni affrettate su un determinato stile difficile da classificare... ma è chiaro che le influenze sono sempre dietro l'angolo e tutto sta nel capire quanto queste caratterizzano un compositore e quanto lo legano ad autori del passato. Pensiamo a Bach con Vivaldi, Frescobaldi, Corelli, Buxtehude, etc. oppure Haydn e C.P.E Bach, Mozart e Johann Sebastian, Clementi e Haydn e ancora Johann Sebastian e il contrappunto del '600! Ognuno ha preso qualcosa dall'altro.

 

Ludovico Einaudi è uno dei compositori contemporanei sicuramente più conosciuti e apprezzati dal grande pubblico, certo la sua produzione (come quella di tanti autori che seguono estetiche differenti) ha alti e bassi, alcuni brani li reputo un po' noiosi e ripetitivi, privi di un arco narrativo accattivante, sicuramente più adatti ad applicazione funzionale e meno alla sala da concerto; altri brani davvero interessanti, geniali, ben costruiti, semplici ed essenziali, dove l'impronta dell'estetica minimalista è abbastanza chiara ma non prende il sopravvento. E' interessante come un compositore di estrazione colta abbia le possibilità di partire da un materiale così semplice (spesso di derivazione popolare, dal pop o dal rock) per poi svilupparlo mediante processi a lui cari.

Allo stesso tempo Einaudi non piace a tutti come Allevi, ma a persone che comunque sono disposte a tirar fuori un minimo di concentrazione nell'ascolto (perché anche l'iterazione e la ridondanza in generale hanno bisogno di attenzione costante, nonostante gli stereotipi dichiaratamente tonali o modali).

 

Mi piacerebbe sapere che ne pensate voi del buon Ludovico, tra l'altro allievo di Luciano Berio e suo fidato assistente; solo negli anni '80 decise di prendere altre strade, magari più semplici, figlie di quella reazione che portò i minimalisti a semplificare un linguaggio che era ormai troppo intriso di controllo e situazioni caotiche, strutturalismo e alea ai massimi livelli. Può essere la strada di Einaudi (che ritengo molto diversa da quella di Allevi) un buon punto di partenza per ricucire lo squarcio "musica colta/musica pop"?

 

Intanto ecco il brano "gli elementi", interessante "in memoriam Luciano Berio":

 

http://www.youtube.com/watch?v=zKni6q-owB0

Link to comment
Condividi su altri siti

Einaudi è un signor compositore, ha scritto roba per il grande pubblico ("poppeggiante") e roba più impegnata. Per valutare un compositore bisogna conoscere tutto il suo repertorio e in effetti se si pensasse (per quanto riguarda Einaudi) solo alle onde sarebbe un grosso errore.

  • Like 1
Link to comment
Condividi su altri siti

E' quello che penso anch'io, ho avuto modo di ascoltarlo dal vivo ed è tutt'altro che un bluff come molti accademici lo dipingono.

 

In realtà ha fatto delle scelte precise in fatto di musica, nel senso che ha preferito non seguire la strada dei concorsi ed è riuscito a trovare un contatto con il pubblico che purtroppo altri compositori vorrebbero (un complesso mascherato ovviamente, non ammesso) ma non trovano perché imbrigliati in un sistema chiuso, dove a fine concerto ci si aspetta il commento dei propri colleghi, quella che se non sbaglio il buon Donatoni definiva "la Riserva di Indiani dei compositori contemporanei", metafora con cui ci dimostrava che già la vedeva lunga negli anni '80... in realtà, sia lui che Berio, esponenti più importanti dell'avanguardia in Italia, avevano capito che il futuro della musica era la contaminazione, e così sta avvenendo.

E' anche vero che, come disse un vecchio compositore :), "se è arte non è per tutti, se è per tutti non è arte", ma c'è sempre differenza tra una riserva d'Indiani e una musica che parla a chi non necessariamente sa analizzare Ferneyhough. Secondo me il problema non sta nelle "dissonanze", come qualcuno ancora pensa, tanto meno nel tipo di scrittura omogenea o eterogenea. Il problema è un'altro: la percezione.

Il pubblico di oggi non sa cosa vuol dire ascoltare un brano, si limita a sentirlo e anche per certi musicisti è quasi un sforzo concentrarsi e non guardare l'orologio durante un concerto o un ascolto di musica contemporanea. Le modalità percettive che si erano riconquistate negli anni '60/'70 dove la concertazione era un atto fondamentale dell'ascolto (sto parlando della Musica Psichedelica ed Elettronica, Pink Floyd, Tangerine Dream, Rock Progressivo, etc.) si sono perse negli anni del consumismo sfrenato, del materialismo, del "tutto subito", dell'immagine: gli anni '80. Proprio il decennio in cui i compositori delle avanguardie iniziavano a riproporre "il nuovo linguaggio" recuperando la sintassi della musica del passato, esprimendosi senza fare totale affidamento nei meccanismi automatici dello strutturalismo o nell'alea. Alessandro Solbiati ha giustamente detto "il pubblico si deve sforzare, deve concentrarsi ed essere curioso nell'ascolto". D'accordo con lui, ma il percorso non è immediato, non puoi pretendere concentrazione e curiosità di colpo, con Stockhausen o Xenakis! E' un percorso graduale, magari iniziando con il minimalismo, con Glass e Nyman, poi Reich e a poco a poco arrivare a Lachenmann.

 

Ma sono ottimista, credo ci sia un miglioramento in atto in questo senso. Probabilmente Internet aprendo nuovi canali informativi da la possibilità a tutti di arricchirsi culturalmente e musicalmente, ma è anche compito dei compositori quello di confrontarsi con il pubblico, chiudersi meno nei laboratori e nei centri di ricerca, lasciare meno spazio e meno possibilità di divismo e protagonismo a certi meri interpreti che se la tirano e non saprebbero buttar giù una nota (recentemente ho letto un'intervista a Pollini in cui è stato molto chiaro su questo fatto, proprio lui interprete di fama mondiale!).

Link to comment
Condividi su altri siti

Può essere tutto vero, ma il grande pubblico di Einaudi cerca solo le Onde e similari. Questo automaticamente non vuol dire che le sue opere più impegnate siano anche esse popular.

 

Non credere. Il brano "the elements" dedicato a Luciano Berio ha avuto larghi consensi, per quanto riguardo il grande pubblico esiste un proverbio: pochi ma buoni.

Sono del tutto convinto che un compositore riceverà dei grandi consensi da un numero enorme di persone quando riuscirà a "toccare le corde" di ognuno in termini emotivi e non concettuali, pur costruendo i suoi pezzi in modo concettuale. Molti brani di Einaudi a livello emotivo hanno grande profondità, certo vanno ascoltati senza spirito critico ma semplicemente godendo delle loro qualità espressive... non accadeva forse così per certi brevi brani per pianoforte del periodo romantico? Pensiamo ai Preludi di Chopin, ad esempio. O a Schumann,.

Certo è che un compositore non deve avere con obiettivo la conquista del grande pubblico ma la sperimentazione, l'andare avanti e soprattutto l'espressione di sentimenti e concetti più o meno complessi ma molto personali. Quando propone la sua musica c'è chi lo segue, c'è chi lo ignora, c'è chi lo detesta. L'importante è non lasciarsi mai condizionare da critiche ingiustificate che spesso e volentieri provengono dagli ambienti accademici stessi e dal volere del pubblico. Il pubblico ha bisogno di un'educazione musicale, mentre le radio e le TV propinano i tormentoni scassapalle del momento che di musicale hanno poco e niente.

 

Sono fermamente convinto che ogni artista sia libero in quanto propone la sua Arte e non la impone.

Ecco perché non nutro tutto questo gran rancore verso un Giovanni Allevi. Personalmente la sua musica non mi piace, la trovo scontata, ricca di stereotipi giustapposti e senza una ricerca di fondo. Nei suoi primi album c'è qualcosina d'interessante, a mio avviso. Il problema è un'altro: Allevi è il classico caso di artista sopravvalutato utile al business e alle case discografiche per fare soldi, del resto è un compositore che conosce la musica, ha studiato e quando parla spesso e volentieri dice cose giuste. Spesso non corrispondono ai risultati, però. La sua musica non si rispecchia in ciò che dice. Certo non avrebbe causato tutto questo putiferio se non avesse definito la sua una "musica classica di oggi":

Con una frase del genere ignora il significato del termine "classica" (lo ignora, perché lo conosce) e continua a farla passare per contemporanea quando non ha nulla a che vedere con tutto quello che è successo dal dopoguerra in poi.

 

Ciò non si può dire di Einaudi. Non è un fenomeno del marketing, è un compositore che ha scelto di intraprendere un percorso diverso da tanti suoi colleghi che ricevono le commissioni, pubblicano alla Ricordi, incidono e scrivono la stessa solfa da anni solo perché si sono fatti strada nelle rassegne di "Musica d'Arte", le Riserve d'Indiani appunto.

 

Una cosa è certa, se certi supponenti che usano i 12 suoni tanto per incantare i colleghi in sala sono convinti che passeranno alla Storia per i concorsi vinti o per un nome sul New Grove si sbagliano (purtroppo ce ne sono tanti, tantissimi). La Storia è capace di dimenticarti per oltre un Secolo. Basti pensare ad un Vivaldi o a Bach stesso, che non hanno fatto la professione dentro una Riserva.

Link to comment
Condividi su altri siti

"la Riserva di Indiani dei compositori contemporanei"

Però non l'ha capito solo Einaudi...a parte i jazzisti (vogliamo mettere?) qualche altro cognome italiano: Negri, Sollima, Lorenzini, Boccadoro, Ferrero, Cascioli, Ballarini...

 

Chiaro, ci sono "cognomi" che hanno il loro peso, anche questo contribuisce :)

Link to comment
Condividi su altri siti

Non sapevo che donatoni avesse usato una metafora che ho usato pochi giorni fa anche io qui

 

http://www.pianoconc...faro-da-grande/

 

Ovviamente questo non ne cambia valore. All'elenco di AAA aggiungerei tutta la musica da film, diciamocelo...Hans Zimmer lo conosco da anni per quello che ha fatto, Einaudi lo conosco perchè viene spesso citato nei forum...

 

Adesso dico...non sarà mica l'unico, sembra che venga descritto come il salvatore della patria...come tanti ha deciso di fare musica. Non capisco perchè osannare lui e non altri di pari livello. Non sarà la quantità? Allora se così fosse vale sempre la buona Pausini. Non avrà composto nulla di impegnato ma il cuore di molta gente, da quello che si dice ...lo tocca.

 

Qual' è il metro di misura?

Link to comment
Condividi su altri siti

Non sapevo che donatoni avesse usato una metafora che ho usato pochi giorni fa anche io qui

http://www.pianoconc...grande/

 

Se non sbaglio Donatoni andò al Maurizio Costanzo Show ironicamente vestito da Indiano...

 

Ovviamente questo non ne cambia valore. All'elenco di AAA aggiungerei tutta la musica da film, diciamocelo...Hans Zimmer lo conosco da anni per quello che ha fatto, Einaudi lo conosco perchè viene spesso citato nei forum...

 

Indubbiamente. Solo che la musica da film rimane comunque musica applicata, funzionale, quindi il contatto con il pubblico si crea tramite il Cinema.

 

Adesso dico...non sarà mica l'unico, sembra che venga descritto come il salvatore della patria...come tanti ha deciso di fare musica. Non capisco perchè osannare lui e non altri di pari livello. Non sarà la quantità? Allora se così fosse vale sempre la buona Pausini. Non avrà composto nulla di impegnato ma il cuore di molta gente, da quello che si dice ...lo tocca.

 

Nessuno lo sta osannando. Ho aperto questo topic per parlare di lui, del minimalismo (estetica a lui cara, può essere un buon argomento di discussione) e della musica contemporanea.

La Pausini non ha nulla a che vedere con Einaudi perché fa pop e il suo obiettivo è raccogliere pubblico, quello di Einaudi no (e di nessun compositore).

Un compositore scrive in base a proprie esigenze, molto personali. Ha poi il sacrosanto dovere di diffondere la sua musica davanti ad un pubblico, c'è chi lo segue e chi lo molla, non lo decide lui.

Invece, il problema è che esiste una specie di lobby che si fa emblema della "musica contemporanea", con compositori diversi tra loro ma legati da modalità di scrittura univoche, con un pubblico di specialisti che anziché "godere" della musica si limitano a giudicarla,analizzarla e criticarla. Ora, questa lobby (la Riserva d'Indiani, appunto) è soprattutto caratterizzata da giovani compositori che sono stati allievi di compositori che a loro volta sono stati allievi di Berio, Donatoni, etc. Mentre questi erano rappresentanti di un modernismo ormai passato alla Storia, di un periodo complesso di sperimentazione e di estetiche contrastanti, gli allievi e gli allievi degli allievi hanno costruito una specie di "accademismo" fine a se stesso per cristallizzare e chiudere in una riserva tutto quello che avevano fatto i loro padri. La sostanza è questa.

Io non sono contrario alla sperimentazione, penso sia l'essenza dell'attività di un compositore. Ma chiudersi nei centri di ricerca e nelle Biennali e limitare drasticamente il contatto con il pubblico in nome di una musica "alta, superiore, colta, d'Arte" è la cosa peggiore di questo mondo, e non ha nulla a che vedere con la situazione musicale durante l'epoca dei compositori classici, romantici, etc.

 

Detto questo, Einaudi è la dimostrazione che un compositore "colto" deve uscire da un certo sistema per avvicinare le persone alla sua musica.

Com'è vero che un compositore non scrive per il pubblico, è anche vero che un compositore senza pubblico è praticamente morto.

 

Qual' è il metro di misura?

 

te l'ho detto. La differenza è che Einaudi scrive partendo da esperienze musicali che vanno dal minimalismo alla musica cosiddetta classica, mentre la Pausini scrive canzoni per il pubblico. E' diverso.

Link to comment
Condividi su altri siti

Scriverò una boiata, ma il minimalismo è avanguardia :)

 

Solo che la ripetizione avvicina molto il genere alla ripetitività della musica pop...in effetti alcuni esponenti del minimalismo anni '60 si sono dati ultimamanete al pop sfrenato facendo soldi a palate e musica appunto "solo" pop.

 

Comunque sono di quelli che è affascinato dalla sperimentazione ma quando vuole ascoltare musica...sceglie altro. Magari non Einaudi ma compositori di maggior spessore. Secondo me Einaudi resta comunque un compositore noto ma mediocre, ben inteso non scadente ma che supera la media ma non è di livello come altri...magari meno noti ma che propongono musica un po' più spessa.

 

E poi voglio dire, mentre lui negli anni '80 fuggiva dalla riserva, c'è chi ha costruito una delle riserve ma che egli stesso minimizzava: Messiaen. Adesso, vogliamo mettere? Negli anni '70 era ancora viso Stravinsky...ok tutto, ma Einaudi è un buon compositore noto...non un grande.

Link to comment
Condividi su altri siti

Scriverò una boiata, ma il minimalismo è avanguardia :)

 

Solo che la ripetizione avvicina molto il genere alla ripetitività della musica pop...in effetti alcuni esponenti del minimalismo anni '60 si sono dati ultimamanete al pop sfrenato facendo soldi a palate e musica appunto "solo" pop.

 

Dipende sai, per fare pop devi usare la forma canzone, devi metterci un testo. Oppure un brano techno, con le sue ripetizioni ossessive che non hanno nulla a che vedere con le iterazioni minimali, che si basano su microvariazioni graduali.

 

Comunque sono di quelli che è affascinato dalla sperimentazione ma quando vuole ascoltare musica...sceglie altro. Magari non Einaudi ma compositori di maggior spessore. Secondo me Einaudi resta comunque un compositore noto ma mediocre, ben inteso non scadente ma che supera la media ma non è di livello come altri...magari meno noti ma che propongono musica un po' più spessa.

 

Mi dai i nomi di questi meno noti che magari non conosco? Mi piacerebbe ascoltare qualcosa, grazie

Potresti spiegarmi in cosa consiste la mediocrità di Einaudi nella pratica? Voglio dire, a livello analitico, come giustifichi la mediocrità? Con la ripetizione non credo, dato che è una prerogativa di tanta musica etnica non mediocre. Mi piacerebbe conoscere i processi che generano la mediocrità in Einaudi, puoi descriverli? Non c'è cosa migliore di una critica accompagnata da una bella analisi di 20 pagine!

 

E poi voglio dire, mentre lui negli anni '80 fuggiva dalla riserva, c'è chi ha costruito una delle riserve ma che egli stesso minimizzava: Messiaen. Adesso, vogliamo mettere? Negli anni '70 era ancora viso Stravinsky...ok tutto, ma Einaudi è un buon compositore noto...non un grande.

 

Anche Donatoni se per questo ha costruito una grande riserva, o meglio, l'hanno costruita i suoi allievi (diciamo le cose come stanno).

Stravinskij era ancora vivo ma era vecchio e già vecchia era la sua musica: mi dispiace che qualcuno lo definisca ancora "contemporaneo".

Non ho detto che Einaudi è un grande.

 

Dico solo questo: la Storia c'insegna che la novità arriva quando gli allievi prendono le distanze dai Maestri senza dimenticarne le lezioni. Oggi sta avvenendo il contrario, gli allievi formano un loro percorso individuale ma con fondamenta legate ai loro Maestri, creando quello che si definisce "accademismo". Donatoni e Berio non erano accademismo, a loro tempo.

Oggi i loro allievi fanno accademismo, perché non prendono le distanze dai Maestri in modo radicale, semplicemente chiudono tutto in una "gabbia", costruiscono dei muri.

 

E' già successo in passato, ovviamente. La Storia si ripete!Come hanno criticato Bruckner criticano Einaudi e chi come lui non si adegua alle regole delle Riserve. Ma è la Storia che decide, non l'accademismo.

Link to comment
Condividi su altri siti

Premesso per chiarezza che appartengo alla categoria degli allievi degli allievi di Donatoni (come tanti altri del resto: gran parte degli attuali insegnanti di composizione ha studiato, chi più chi meno, con Donatoni), e prendendo per buona la metafora della riserva di indiani, devo dire che non capisco fino in fondo il nesso con Einaudi. Non conosco bene la sua storia, e sono contento di leggere il tuo post, così mi chiarisco un po' le idee... però non so quanto Einaudi possa rappresentare una alternativa pertinente alla riserva di indiani. Voglio dire, mi sembra che lui faccia il suo lavoro, e non credo che vada in cerca di alcuna legittimazione da parte dell'Accademia, né che sia interessato ai suoi "spazi". A differenza di Allevi, non ha impostato una estetica sulle sorti della "musica classica contemporanea"! Mi chiedo quindi: perché proprio Einaudi, e non ad esempio Romitelli, che a modo suo agiva molto più dentro il sistema?

  • Like 2
Link to comment
Condividi su altri siti

Ma infatti non mi riferivo a tutti gli allievi, dato che lo stesso Einaudi è stato Allievo di Berio.

Ciò che alla fine traspare è che, come dici tu, Einaudi fa il suo lavoro con una certa dose di umiltà, non cerca legittimazioni, non ha impostato l'estetica di Allevi... mentre molti esponenti (soprattutto giovani) della Riserva, effettivamente si professano gli eredi di Beethoven sono perché da allievi hanno analizzato la sua musica. Il problema è che Beethoven non faceva parte di alcuna Riserva. Il povero Fausto come altri seguì la strada della sperimentazione senza evitare i contatti con la musica popolare(mi riferisco al rock, in particolare). Certo è che persone come Romitelli, legate al sistema, è difficile trovarne: la supponenza che aleggia in certi ambienti è nauseante. Sul fatto di considerare un gigante Romitelli (come qualcuno sostiene), starei molto cauto dato che è gigante solo per certi suoi colleghi, perciò... diciamo che era un bravo compositore, faceva il suo lavoro, come Einaudi. Uno ha scelta la strada della complessità, l'altro della semplicità.

Link to comment
Condividi su altri siti

Onestamente trovo nei post di Feldman alcune cose che non quadrano, ma non prese singolarmente ma nel discorso generale che vuole condurre. Ci sono tanti punti di forza … ma …

 

Il primo punto è sull’aspetto didattico:

Ora, questa lobby (la Riserva d'Indiani, appunto) è soprattutto caratterizzata da giovani compositori che sono stati allievi di compositori che a loro volta sono stati allievi di Berio, Donatoni, etc. Mentre questi erano rappresentanti di un modernismo ormai passato alla Storia, di un periodo complesso di sperimentazione e di estetiche contrastanti, gli allievi e gli allievi degli allievi hanno costruito una specie di "accademismo" fine a se stesso per cristallizzare e chiudere in una riserva tutto quello che avevano fatto i loro padri. La sostanza è questa.

Premesso che sono passato dalle mani delle due scuole che vanno più in voga in Lombardia: diciamo figli di Bettinelli e figli di Donatoni. In 2 parole potrei dire che i Donatonini esistono e i Bettinellini no… e questa la dice già lunga. Ma siamo un po’ più precisi.

Anche se “la sostanza è questa”, se i figli di un compositore (o meglio un didatta) non riescono a maturare una propria autonomia ma restano vincolati allo stile del padre vuol dire che il Maestro ha fallito.

Per cui i primi errori non sono degli allievi di Donatoni, che sono al massimo “succubi” … ma il fatto che Donatoni aveva le capacità per fare quello che ha fatto, gli altri vivono di luce riflessa.

Una cosa che è anche capitata ma molto sporadicamente, fra i meno dotati, degli allievi di Bettinelli.

 

Personalmente parlando sono cresciuto maggiormente nel periodo Bettinelli che Donatoni, in quest ‘ultimo caso c’è il “suo” metodo per scrivere …. I suoi bei conticini, la sua macchina e non la spinta alla ricerca, lo sviluppo della propria poetica ed inclinazione musicale. (Berio fa parrocchia a parte).

 

E in effetti Bettinelli nei suoi testi didattici dice da qualche parte che il buon maestro non dovrebbe far vedere la propria musica agli allievi per non influenzarli. Casualmente nessun allievo di Bettinelli mi ha mai fatto vedere una propria partitura…tutti gli allievi di Donatoni mi hanno fatto vedere (e studiacchiare, si può dire?) più di una delle loro partiture. Non parliamo di oggi che con internet c’è tutto ovunque … prima le cose in alcuni casi si “elemosinavano”.

 

Questo era un primo punto.

 

Stravinskij era ancora vivo ma era vecchio e già vecchia era la sua musica: mi dispiace che qualcuno lo definisca ancora "contemporaneo".

Anche qui non concordo e vorrei inserire un altro discorso, ormai è da mezzo secolo che non si può più parlare di compositore e basta, la questione è diventata specialistica.

C’è l’esperto di musica d’immagini, il compositore tradizionale, il compositore sperimentale, etc.

Questa è una classificazione che si annusa, respira ed è evidentissima; fa creare tutte le lobby che conosciamo. Perché sono lobby, ognuno si cerca i suoi simili e fa parrocchia … e dico, giustamente. Ci mancherebbe altro che non ci sia scelta…anzi…

Il problema che porta Feldman (utente) è quello di come una di queste figure specializzate, l’uomo “sperimentazione”, possa raggiungere il grande pubblico o un pubblico “corposo”…

Siamo sicuri che chi è in questa nicchia interessi? La lotta è farsi suonare più brani alla biennale e non raggiungere il cuore della gente…fatemela un po’ romanzare sta cosa. Chi ha più esecuzione è più “Potente”, più agganci, più prestigio … tutto qui…

Ma tornando a Stravinsky, compositore tradizionale, uno dei 2 più grandi geni del ‘900, ha preso la dodecafonia è gli ha dato un aria tutta nuova proprio quando era vecchietto (capito bene, la dodecafonia, quella cosa che quando è stata presentata si diceva non lasciasse spazio alla personalità del compositore e chiunque ci mettesse mano avrebbe scritto come Schenberg) … peccato che se uno studiasse veramente la sua musica si accorgerebbe, non solo oggi, ma all’epoca di quanto fosse moderna. E in effetti lui che si classifica come compositore tradizionale non ha da invidiare proprio un bel niente di niente a nessuno (Compresi i più famosi dei coevi).

Dirò di più, c’è una moda molto “bella” oggi che fa usare la seguente terminologia riferita alla musica: “vecchia era la sua musica”. Ma scherziamo, la musica di Bach è vecchia? Quella di Mozart è vecchia? Chopin?…. come questi anche quella di Stravinsky è attualissima. Capisco che ancora oggi (come allora) qualcuno lo veda ancora come un vecchio Strauss … peccato che le note dicano altro.

Premesso che non voglio farne una questione di giusto o sbagliato (si/no tradizione, si/no avanguardi), per chiudere il discorso dico solo che chi si lega alla tradizione (ed è un grande artista, un genio nel caso di Stravinsky) non rischia di sentirsi dire “vecchia era la sua musica”. Un parallelismo interessante è quello della mobilia, c’è a chi piace un design avanguardistico (luci psichedeliche, colori più ammalianti, geometrie, spigoli, etc.) e chi tradizionale (classico) …. dopo una quindicina d’anni i mobili che erano il fiore all’occhiello della tecnologia sanno di vecchio (quel colore non si usa più, etc.) … quelli “classici” al massimo gli si può dire che sono stati “usati”. Questo è uno dei costi delle mode….

 

Ovvio, so bene che la ricerca paga se uno trova. Per cui ecco che ci sono altrettanti geni musicali come Berio che hanno trovato e si sono affermati.

 

Il gioco è questo, questione di scelte e di proprie inclinazioni … se siamo stati fortunati ad avere maestri che hanno contribuito a farci diventare compositori e non pappagalli e le hanno assecondate.

 

Ultimissima cosa, sotto un altro punto di vista reputo utile saper scrivere come Bach e trovo utile saper scrivere come Donatoni … ma adesso che è morto e che i suoi stilemi possono essere catechizzati (Per inciso i suoi allievi (e colleghi, non ne parliamo) lo facevano quando era ancora in vita … ).

 

In generale mi sembra la solita “lotta” fra limiti didattici e materia prima (talento)… dove deve arrivare il maestro e quando dovrebbe essere talentuoso l’allievo.

 

I frutti sono appunto le generazioni a seguire di certe scuole. Altro esempino: Messiaen. Grande didatta, ci è passato praticamente tutto il ‘900 dalle sue mani. Quanti della sua “classe” (intendo gli allievi della classe di Messiaen) lo hanno replicato? Incastriamoci dentro ad esempio il buon Grisey . Si sono scambiati il testimone? (non penso proprio). Talentuoso lui, ottimo didatta il suo maestro…

 

 

Queste le prime cose a caldo leggendo i post del topic...in realtà ci sarebbe un sacco di roba da dire...

  • Like 1
Link to comment
Condividi su altri siti

Premesso per chiarezza che appartengo alla categoria degli allievi degli allievi di Donatoni (come tanti altri del resto: gran parte degli attuali insegnanti di composizione ha studiato, chi più chi meno, con Donatoni),

Direi che altrettanti sono passati da Bettinelli...bisogna vedere chi reputiamo insegnanti :). Un po' sottile, ma sono certo che coglierai...

 

non so quanto Einaudi possa rappresentare una alternativa pertinente alla riserva di indiani.

Il problema è che lo stile di un compositore non è mai un'alternativa ma una prigione, uno deve fare la propria musica e non quella degli altri...se poi ci sono delle affinità, pace. Nessuno inventa nulla, tutti ci nutriamo della musica di altri, ma dire che lo stile di un compositore è una meta è sbagliatissimo: da didatta e compositore. Al massimo può rappresentare un approfondimento per capire e conoscere di cosa è fatto uno stile, cose che si possono desumere da musicisti anche un filino più spessi di Einaudi. Che sottolineo mi è molto simpatico, non si pone in modo sfidante con le altre lobby e fra quelli di suo pari livello è quello che ha raggiunto sicuramente come dice Feldman un po' di grande pubblico, certo, non con i lavori più ricercati...ma almeno ha fatto breccia.

  • Like 1
Link to comment
Condividi su altri siti

Il tuo commento è davvero ricco di spunti, si potrebbe scrivere un saggio su tutto questo :)

 

Spero di commentare con completezza, anche se non è facile. In linea generale, sono d'accordo con te sulle scuole di pensiero, sul fatto che attorno alla figura di Donatoni si è creata una "riserva" (mi viene in mente "C'E' MUSICA E MUSICA", il grandioso programma TV di Luciano Berio, dove il nostro intervistava un allievo di Donatoni, posto il video alla fine così vi rendete conto di certo fanatismo) , il fatto è che credo sia necessario fare un distinguo chiaro tra "donatonini" (o "bettinellini"), che si limitavano semplicemente ad imitare il Maestro, e gli allievi che hanno costruito la riserva: non si tratta di imitatori, ma di compositori ognuno con uno stile individuale. Se però andiamo a "scavare" in ogni stile troviamo le stesse costanti che, guarda caso, sono quelle dell'estetica donatoniana. Spesso si fa una cosa che, per volere di altri, diventa un'altra. Scrivere in quel modo, con un po' d'impegno, non è difficile e neanche scomodo. Basta studiare sodo (com'è giusto) e basta, entri nel sistema, hai le tue belle esecuzioni, ti chiudi nei tuoi ambientini ricercati con il tuo pubblico raffinato e puzzardone, ti dai le grandi arie ai convegni, diventi carne per le fauci dei musicologi delle riviste musicali più disparate, diventi il cocco delle giurie di certi concorsi in cui si sa già (più o meno) chi potrebbe vincere (intendo che tipo di compositore, con quale stile).

Il problema, a mio avviso, è proprio la specializzazione (e di conseguenza le lobby). Così chiunque potrebbe far finta di fare il musicista, basta lasciarsi trasportare dalle ventate di polvere che ogni tanto (più ogni che tanto) aleggiano nei conservatori.

La Storia dimostra che la specializzazione mortifica la qualità: esistono tantissimi compositori di musica per film (dato che l'hai citata) ad Hollywood con un vocabolario di stili, archetipi e tecniche poverissimo. Poi c'è uno come John Williams, che è tutt'altro che uno specialista da lobby, che nel suo stile ingloba quasi tutto il '900 europeo e americano.

Alla fine avere più esecuzioni non vuol dire essere un grande che passerà alla Storia. Sarò proprio curioso di vedere chi, tra i nomi più in vista delle Biennali sarà in grado di reggere il confronto con Bach, Beethoven e Co. certo, i musicologi possono anche riempire i libri di Storia con nomi che certo non meritano.

Le hanno sparato grosse su Satie, ma grosse! Per non parlare di Bach, nel '700. Vogliamo parlare del povero Anton Bruckner?

Per quanto riguarda Stravinkij penso che la sua musica sia senza tempo, come quella degli giganti. Il problema sai qual'è? Se io scrivessi oggi come Stravinskij si sentirebbe subito, per questo la sua musica è vecchia e lui non è contemporaneo.

 

Purtroppo hanno tolto i video della trasmissione...come sempre. :(

Link to comment
Condividi su altri siti

Il problema sai qual'è? Se io scrivessi oggi come Stravinskij si sentirebbe subito, per questo la sua musica è vecchia e lui non è contemporaneo.

Questa è una frase importante soprattutto se scritta in un altro modo:

 

Se io scrivessi oggi come il "compositore X" (contemporaneo e di livello come Stravinsky...ce ne sono?) si sentirebbe subito, per questo mi illudo che la mia musica sia contemporanea. Vuoi metterci Helmut Lachenmann...il punto è sempre lo stesso.

 

 

A Bach gli davano del vecchio quando era ancora vivo, pensa che sulle sue note ci ballano i breaker oggi...tu segui la tua strada e se son fiori fioriranno, ad un certo punto può capitare di scoprire di non essere ne Bach, ne Stravinsky (ma neanche Einaudi o Allevi) ... ma non darà soddisfazione essere il clone di Lachenmann (anche in questo caso, "per pura fatalità", si parla di Lachenmannini). Per cui meglio seguire la propria indole e il proprio istinto musicale.

 

La prima frase al quale avrei voluto rispondere era questa

 

"Com'è vero che un compositore non scrive per il pubblico, è anche vero che un compositore senza pubblico è praticamente morto."

 

Il compositore può morire prima di scoprire di avere o non avere pubblico, ad esempio se non soddisfa la propria esigenza di scrivere...è morto lo stesso e secondo me sta cosa si riallaccia con l'indole e l'istinto musicale, che se soffocato, porta a frustazione. E seguire il proprio istinto non vuol dire avere per forza dei "seguaci" ... poi si scopre se arrivano o meno, ma cosa fare se non arrivano?

 

Prendo atto che non sono lo Stravinsky di turno, si fanno delle scelte...ma ci si sta negando; da un lato si sta assecondando o compiacendo un pubblico o dall'altro si sta imitando qualcos'altro che funziona ma che magari poco ci appartiene ma ha pubblico (luce riflessa)...in sostanza poco cambia...

 

Per cui, quanto conta il pubblico nelle scelte compositive? E se conta, perchè la Nannini (che per inciso ha studiato con Bettinelli) dovrebbe aver fatto una scelta non accettabile? ... perchè come hai scritto per Pausini: "La Pausini non ha nulla a che vedere con Einaudi perché fa pop e il suo obiettivo è raccogliere pubblico, quello di Einaudi no (e di nessun compositore)."....?

 

Siamo sicuri, nessun compositore?

 

Domande in libertà :)

Link to comment
Condividi su altri siti

Cari Feldman e Frank, sono cordialmente in disaccordo quasi su tutto :)

 

Sul fatto di considerare un gigante Romitelli (come qualcuno sostiene), starei molto cauto dato che è gigante solo per certi suoi colleghi, perciò...

 

La statura di Romitelli l'ho intuita a giugno, ascoltando Professor Bad Trip eseguito da un ensemble di ventenni al Bouffes du Nord, strapieno ed entusiasta. Tu dirai: Parigi non è l'universo... E io risponderò: a Parigi c'è stata la prima della Sagra, non a caso...

 

E in effetti Bettinelli nei suoi testi didattici dice da qualche parte che il buon maestro non dovrebbe far vedere la propria musica agli allievi per non influenzarli.

 

Non sono assolutamente d'accordo. Ovviamente non parlo delle basi (armonia, contrappunto...), ma del mestiere vero e proprio. Un buon maestro deve far vedere la propria musica: bisogna mostrare chi si è, non nascondersi dietro alle parole. La musica parla da sé. Non mi interessa ciò che un insegnante sa in teoria (di teorie ne ho sentite fin troppe) ma di ciò che fa in pratica, di cosa compone.

Quanto al pericolo di "influenzare": la maturità di giudizio, e il relativo distacco, l'allievo ha l'obbligo di conquistarsela da solo, nessun insegnante gliela può infondere. Se l'allievo rimane succube, non si conquista la propria autonomia, semplicemente non è adatto a fare il compositore (dopotutto non lo prescrive mica il medico, di fare il compositore!).

Il problema si pone quando il vincolo didattico si protrae troppo a lungo, per anni e anni: in realtà, un anno è sufficiente per capire quel che serve capire (e a volte, come dice Boulez, due settimane sono fin troppe!).

 

Alla fine avere più esecuzioni non vuol dire essere un grande che passerà alla Storia. Sarò proprio curioso di vedere chi, tra i nomi più in vista delle Biennali sarà in grado di reggere il confronto con Bach, Beethoven e Co.

 

Quanto spesso sento questa frase! Francamente, il discorso lo accetto solo se tu sei sicuro al cento per cento che la tua musica sopravviverà agli anni e "sarà in grado di reggere il confronto con Bach, Beethoven e Co."!

Link to comment
Condividi su altri siti

Questa è una frase importante soprattutto se scritta in un altro modo:

 

 

Se io scrivessi oggi come il "compositore X" (contemporaneo e di livello come Stravinsky...ce ne sono?) si sentirebbe subito, per questo mi illudo che la mia musica sia contemporanea. Vuoi metterci Helmut Lachenmann...il punto è sempre lo stesso.

 

D'accordo con te. Lachenmann è comunque vecchio, non come Stravinskij ma è vecchio, è roba passata. Non ha senso scrivere come lui oggi come del resto non ha senso scrivere come Glass.

 

A Bach gli davano del vecchio quando era ancora vivo, pensa che sulle sue note ci ballano i breaker oggi...tu segui la tua strada e se son fiori fioriranno, ad un certo punto può capitare di scoprire di non essere ne Bach, ne Stravinsky (ma neanche Einaudi o Allevi) ... ma non darà soddisfazione essere il clone di Lachenmann (anche in questo caso, "per pura fatalità", si parla di Lachenmannini). Per cui meglio seguire la propria indole e il proprio istinto musicale.

 

Certo, ma sono passati secoli! Non confondiamo il presente con il futuro, se Haydn avesse semplicemente imitato Johann Sebastian non avrebbe fatto nulla di eclatante al livello storico.

 

La prima frase al quale avrei voluto rispondere era questa

 

"Com'è vero che un compositore non scrive per il pubblico, è anche vero che un compositore senza pubblico è praticamente morto."

 

Il compositore può morire prima di scoprire di avere o non avere pubblico, ad esempio se non soddisfa la propria esigenza di scrivere...è morto lo stesso e secondo me sta cosa si riallaccia con l'indole e l'istinto musicale, che se soffocato, porta a frustazione. E seguire il proprio istinto non vuol dire avere per forza dei "seguaci" ... poi si scopre se arrivano o meno, ma cosa fare se non arrivano?

 

Prendo atto che non sono lo Stravinsky di turno, si fanno delle scelte...ma ci si sta negando; da un lato si sta assecondando o compiacendo un pubblico o dall'altro si sta imitando qualcos'altro che funziona ma che magari poco ci appartiene ma ha pubblico (luce riflessa)...in sostanza poco cambia...

 

Non si tratta di assecondare il pubblico, ma di proporre lui una certo tipo di musica, dotata di un certo grado di complessità. Per farlo devi necessariamente trovare un punto di accordo che sta in materiale di derivazione popolare, appunto già presente nella mente delle persone. Questo di per se non è rilevante a livello compositivo dato che la sostanza non è data dagli oggetti ma dal loro sviluppo nel tempo, che può essere condotto tramite relazioni complesse (Haydn faceva lo stesso, e anche Beethoven. La Pastorale ha un materiale di partenza di derivazione popolare ma la sostanza sta nella sua elaborazione... non capisco cosa ci sia di male oggi nel prendere uno stereotipo del rock o del pop e svilupparlo tenendo conto delle esperienze passate, avanguardia e tradizione. E' questo che determina secondo me la contemporaneità. Il lavoro di Romitelli era un po' diverso, usava stilemi popolari in un contesto più legato alla ricerca musicale, condotta in laboratorio. Assolutamente condivisibile se fosse un modo come un'altro di vedere la musica, il problema è che questo tipo di estetica è considerato l'unico dall' elite.

 

Per cui, quanto conta il pubblico nelle scelte compositive? E se conta, perché la Nannini (che per inciso ha studiato con Bettinelli) dovrebbe aver fatto una scelta non accettabile? ... perchè come hai scritto per Pausini: "La Pausini non ha nulla a che vedere con Einaudi perché fa pop e il suo obiettivo è raccogliere pubblico, quello di Einaudi no (e di nessun compositore)."....?

 

Siamo sicuri, nessun compositore?

 

Domande in libertà :)

 

Ma no, il contatto con il pubblico ha la usa importanza a livello espressivo e di intelligibilità dell'opera. Certo il compositore non asseconda i gusti degli altri in modo subdolo come fanno certi pseudo-artisti di serie Z. Ci sono compositori che lo fanno? Affari loro... non lo fa neanche Allevi.

Link to comment
Condividi su altri siti

Rispondo velocemente a Red:

 

Non credo che Romitelli sia minimamente accostabile a Stravinskij, non mi pare abbia smosso alcunché. E' vero, anche la prima della Sagra ebbe luogo a Parigi, ma con ben altre reazioni. Il pubblico non formato da una schiera di musicologi e colleghi pronti a fare l'elettrocardiogramma alla partitura.

Sono d'accordo con te sulla questione dell'insegnante, delle sue opere da far vedere agli allievi. Credo sia importante, senza dubbio. Ma forse Donatoni ha esagerato, non credi?

Per il resto, la mia frase è detta guardando in faccia la realtà. Prima di me sono i compositori delle Biennali che devono chiedersi in tutta umiltà "ma la mia musica passerà alla Storia? Può farcela?" magari arriva una risposta dall'alto del tipo "certo, continueranno a spartirsela i tuoi colleghi alle prossime Biennali!" :)

Link to comment
Condividi su altri siti

D'accordo con te. Lachenmann è comunque vecchio, non come Stravinskij ma è vecchio, è roba passata. Non ha senso scrivere come lui oggi come del resto non ha senso scrivere come Glass.

 

Forse non ci siamo intesi, non ha senso scrivere come chiunque sia...fosse pure il più attuale degli attualissimi che tu consideri attuale ... e non voglio neanche sapere il nome :)

Scrivi come Feldman (utente) ...che è già sufficiente :)

 

 

Per Red scrivevo

In generale mi sembra la solita “lotta” fra limiti didattici e materia prima (talento)… dove deve arrivare il maestro e quando dovrebbe essere talentuoso l’allievo.

 

Che è quello che hai detto tu qui

 

Il problema si pone quando il vincolo didattico si protrae troppo a lungo, per anni e anni: in realtà, un anno è sufficiente per capire quel che serve capire (e a volte, come dice Boulez, due settimane sono fin troppe!).

 

 

Inoltre dici:

Ovviamente non parlo delle basi (armonia, contrappunto...), ma del mestiere vero e proprio

Il mestiere non centra con l'estetica.

 

Un buon maestro deve far vedere la propria musica: bisogna mostrare chi si è, non nascondersi dietro alle parole.

No un buon maestro deve mostrare la musica dei grandi compositori e non la sua sulla quale il tempo non ha ancora dato le sue ragioni...poi se l'allievo insiste, e il rapprorto di protrae nel tempo, allora teniamoci i Donatonini e i Lachenmannini e gli etc. etc.

 

La musica parla da sé.

Concorde, il punto è ... quale repertorio è giusto che un discente mastichi...di sicuro deve essere materia di prima qualità. Sulla propria musica non si potrebbe essere obiettivi, ci si mischierebbe sulla propria estetica, nessuno sa se sopraviverà all'erosione del tempo.

 

l'allievo ha l'obbligo di conquistarsela da solo, nessun insegnante gliela può infondere.

Scusa ma il maestro deve dare tecnica e non idee...per la tecnica non serve la propria musica, ci sono un miliardo di pagine di altri GRANDI/GIGANTI compositori...

 

Se l'allievo rimane succube, non si conquista la propria autonomia, semplicemente non è adatto a fare il compositore (dopotutto non lo prescrive mica il medico, di fare il compositore!).

Concorde, appunto, il maestro se è bravo, prima di spennarlo...glielo può dire prima. Basta lasciargli il foglio bianco :) Se non ha idee emergerà, se ce le ha, basta supportarlo tecnicamente per svilupparle e portarle avanti.

 

Chiaro, è più difficile supportare le idee di altri che le prioprie, ma il didatta solo tecnica deve dare...ti pare che Padre Martini avesse da dare musicalità e idee a Mozart? Al massimo gli ha spiegato come funziona il contrappunto e Mozart ha scritto il jupiter :D

Link to comment
Condividi su altri siti

In effetti nel corso superiore i miei interventi sono molti limitati: chiaramente si interviene in caso di problemi tecnici tipo di orchestrazione, se uno si muove nel mondo del discreto, nella condotta dele parti ...ma anche a livello di macro/micro struttura, proporzioni, discorso tensivo, etc. oppure considerazioni legati alla più o meno anacronisticità del brano... difficile che si dica devi per forza fare così o cosà, giustamente queste sono scelte dell'allievo.

Link to comment
Condividi su altri siti

Non credo che Romitelli sia minimamente accostabile a Stravinskij, non mi pare abbia smosso alcunché. E' vero, anche la prima della Sagra ebbe luogo a Parigi, ma con ben altre reazioni. Il pubblico non formato da una schiera di musicologi e colleghi pronti a fare l'elettrocardiogramma alla partitura.

 

Scusa eh, ma questa è proprio sbagliata! Più specializzato del pubblico che assistette alla prima della Sagra, mi riesce difficile immaginarlo! Era un pubblico di intenditori e professionisti, mica di peracottari ansiosi di fare bagarre...

 

E comunque non era mia intenzione fare classifiche fra compositori, il senso del mio discorso era che a Parigi Romitelli è considerato un dio, mentre da noi non lo si ascolta mai, o troppo raramente. Nemo propheta in patria, per dire una banalità.

Link to comment
Condividi su altri siti

Credo di essere affatto d'accordo con quanto dice Frank in merito a quello che dovrebbe fare un buon maestro. Anche se è pur vero che, a proposito di Accademia, Platone insegnava ai sui discepoli le proprie idee, non solo una tecnica, e i successi del suo insegnamento, in termini di grandezza dei sui allievi, non sono certo misconosciuti. Altre epoche, altre materie, è vero. Dopo di che tutto molto dipende, come è stato detto, dall’allievo così come dal fatto che un buon maestro o uno pessimo fanno sentire la loro influenza principalmente sulla media o sul valor medio del singolo. Credo pure tuttavia che ci possa anche essere il rischio che un potenziale “genio” possa essere “corrotto” o indirizzato male, da insegnamenti scorretti e questo a valere anche oltre il metodo dell’insegnamento, che può essere ottimo, ma con fini (scopi) infelici. Il viceversa non credo valga.

Questo per dire che in sostanza condivido le osservazioni che sono state fatte nello specifico, dall’una e dall’altra parte, ma mi sfugge la valenza di fondo della discussione, che forse fraintendo.

A me pare che Feldman voglia dire che esiste una cerchia di musicisti, una sorta di casta, che per dinamiche principalmente didattiche, con metodi buoni o cattivi che siano, rimane comunque autoreferenziale e autocelebrativa. Se è così, ammesso che sia storicamente corretto, a me verrebbe da domandarmi innanzi tutto quale dovrebbe essere la ragione per cui questa presunta casta debba cercare i suoi fini al di fuori di sé ed allargare il più possibile la cerchia, sino al grande pubblico. Questo è un discorso che si sente spesso fare, anche in questo forum, da musicisti e musicologi, i quali auspicano di trovare punti di accesso e di contatto tra la musica “colta” e il resto del mondo. Non sto negando questa esigenza, ma mi chiedo ancora, e non è una domanda retorica, quale dovrebbe esserne la ragione. In fondo quasi nessuno chiede che vi sia accesso alle teorie di Tarski da parte del grande pubblico, eppure le sue teorie parlano niente di meno che di verità. Sul sito italiano di Wikipedia, gli sono dedicate si e no tre righe, eppure, chi conosce il suo lavoro, non dubita nemmeno un momento che sia nel suo campo un gigante al pari di pochi altri.

Link to comment
Condividi su altri siti

Mi intrometto per dire che ognuno può avere le proprie opinioni, ma lo scopo della didattica è un ambito ben definito e ci sono un sacco di testi autorevoli (riconosciuti e scritti da didatta e non da compositori, che non è detto sappiano insegnare...come non è detto che uno che sa suonare bene il pianoforte sappia pure insegnare a suonarlo....etc.) che illustrano cosa è meglio fare.

 

Onestamente parlando come si fa a spiegare qualcosa che non è stato studiato, interiorizzato e reso catechizzabile? Chiaro, con la propria musica si può fare ma può essere interessato solo un potenziale "adepto" o "fun"...ad uno che vuole comporre solitamente (almeno i miei allievi, non so i vostri), gli interessa maturare autonomia nel portare avanti e sviluppare le proprie idee...capita il curioso, appunto il curioso, ma per il resto quelli più avanti arrivano, mi illustano il materiale, come voglio gestirlo e si discute su come finire il pezzo....

 

Una casta è assimilabile ad una setta (appunto piena di adepti), questa è la fine dell'arte, soprattutto se la casta fa da padrone...e dov'è la libertà d'espressione?

Link to comment
Condividi su altri siti

Join the conversation

You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.

Guest
Rispondi a questa discussione...

×   Incollato come rich text.   Incolla come testo normale invece

  È permesso solo un massimo di 75 emoticon.

×   Il tuo link è stato incorporato automaticamente.   Visualizza come collegamento

×   Il tuo contenuto precedente è stato ripristinato.   Cancella editor

×   Non è possibile incollare direttamente le immagini. Carica o inserisci immagini dall'URL.

Loading...
 Share

×
×
  • Crea nuovo...