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Piano Concerto - Forum pianoforte

Elaborazione, narratività e conseguenzialità nella musica


Zaccaria
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Supponiamo che io sia qualcuno che non sa nulla di teoria musicale, né di analisi, né di musicologia, come in effetti sono.

 

questa è una premessa che complica le cose. Ci saranno affermazioni che dovrai accettare per dogma...

 

Se sento dire o leggo che le parti di un opera musicale devono avere un certa consequenzialità, è lecito che ponga delle domande fino a che non mi si chiarisca il significato dell'affermazione.

Potrei per esempio rovesciare la domanda e chiedere: ma cosa può mai stabilire che B non sia "conseguenza" di A, o più "debolmente", che una sezione non c'entri con un'altra? In questo modo forse l'esigenza di una risposta "non troppo vaga" diventa più cogente.

 

tratti la terminologia musicale come se fosse un sistema matematico formalizzato, con tabelle di verità a cui sottoporre le proposizioni.

Non funziona così.

 

Io credo che “l’indebolimento” di una teoria vada spesso a tutto vantaggio della stessa, ma non prima che questa sia acquisita con fondamento. Questo in tutti i campi. Io posso benissimo accettare di definire un concetto in modo impreciso, purché sia consapevole del fatto di poter essere chiamata a dare un’ulteriore precisazione quando me ne sia chiesto conto, oppure sia consapevole del fatto che quel concetto sia di per se impreciso e che quindi non lo posseggo veramente. In effetti sono pochi i concetti umani fondati di questa seconda specie.

 

le tecniche di analisi musicale moderne andrebbero vissute come proposte non come verità, come teorie in senso forte. Interpretano la musica a loro volta, non la decifrano. Se si parla di analisi musicale, poi, si dovrebbero sempre affiancare degli esempi. E qui, purtroppo, rimetto le mani avanti dicendo che non sono un esperto di narratologia musicale, non ho mai fatto analisi in questo senso, posso solo darne elementi che ho preso a mia volta da sporadiche letture.

 

Dire per esempio che “conseguenza” è definibile solo in modo “vago” significa o non conoscere il significato del termine o non possederne il concetto.

 

nel linguaggio tecnico musicale NON ESISTE il termine "conseguenza". Se lo hai sentito, lo hai sentito in modo colloquiale o metaforico.

 

Con ogni probabilità quindi tu intendevi che il termine è un termine vago in campo musicale.

 

no, scusa, qui a me sembra evidente che ce l'hai con me... a me sembrava OVVIO che mi riferissi a un campo semantico musicale.

 

“in musica non si può stabilire se B è conseguenza di A, oppure non lo è.”

 

no, allora... non ci capiamo... in musica non si stabilisce quasi nulla. I dati oggettivi di un'analisi musicale sono pochi ed è buona norma seguire una metodicità nella loro definizione. Quindi, non essendoci una caratteristica tecnica musicale nota come "conseguenza", è vero dire che non c'è la possibilità di accertare oggettivamente nessuna conseguenza in una pezzo musicale. Ma, pur mettendo da parte il discorso che ho provato a fare sui conseguenti (elementi che non ho spiegato perché ne davo per scontata la conoscenza), nel momento in cui non usi in modo tecnico, ma in senso lato, il termine conseguenza, allora puoi accoppiarlo a termini come organicità, elaborazione, sviluppo, che sono la sostanza del nostro discorso.

Queste specifiche sul termine "conseguenza" sono, secondo me, puro nominalismo. Ti sto seguendo nel discorso ma è un'impostazione che non condivido.

 

Altrimenti dovremo sforzarci (noi o qualcun altro più bravo e in grado di noi) di perfezionare la nostra conoscenza fin dove è possibile (ossia sempre). Come fai tu nel tuo discorso, per esempio, con spunti interessanti. Se interpreto bene quello che dici, spetta all’ascoltatore stabilire il legame tra antecedente e conseguente,

 

no. Antecedente e conseguente sono due cose precise, almeno secondo la teoria fraseologica di stampo schoenbergiano. Sono le due sezioni di un periodo, ovvero due frasi che hanno una certa relazione fra di loro. La semplice definizione di antecedente e conseguente è semplicemente posizionale, ed è traslabile ad altri elementi musicali diversi dalle frasi. Nel mio sciagurato tentativo di interrogarmi sulle caratteristiche dei conseguenti, ovvero sulla loro supposta "consequenzialità", mettevo in campo una serie di possibilità, avvalorate dalla storia della musica, ma come esempi delle varie possibili forme, comunque irriducibili.

 

Tuttavia la solita amica ignorante potrebbe insistere e chiederti o chiedermi ancora:

“ma questa apertura chi la convalida? Se è qualcosa che non rientra nel frasario (semplifico tenendo le parti della mia amica ignorante), o si può dedurre da esso in qualche modo oppure chi decide che va bene?”

 

ma di quale apertura stai parlando?! Convalide?! Non esiste un tribunale della musica che decide quali conseguenti siano conseguenti e quali non lo siano! Qui si parla di milioni di opere musicali che ci hanno fornito campi di analisi. L'analista, come l'ascoltatore, si rassegna a quello che c'è, non decide lui come può essere scritta una composizione, elabora modelli per comprenderle o per goderne maggiormente.

 

E allora tutto viene portato davanti al tribunale degli “esperti”, poiché da essi in definitiva viene la legge, e tali “esperti” a loro volta formano schiere di altri “esperti”, e il gioco si ripete.

 

vorrei davvero capire quanto questo sia un discorso generico e quanto si riferisca a me o ad altri. No perché io mi sono sempre considerato un paladino dell'argomentazione. Non esistono "prove" in senso scientifico in musica, ma esistono argomenti a favore, dati, fonti. E nel mio piccolo ho sempre provato a darne il più che potevo.

Ma devo dire che è alquanto spiacevole questa discussione. Sarò vittimista ma mi sento ingiustamente alla sbarra.

 

Sul resto, non mi esprimo.

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Intanto facciamo i bravi :)

 

Ho pochissimo tempo in questo periodo, la butto li...l'arte dal mio punto di vista mostra e non dimostra. Se questo è vero, conta di più l'aspetto estetico che scientifico (per riallacciarmi a quanto scrive Dies Irae).

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Questione molto avanti ed è difficile entrare in modo sistematico.

Faccio osservare che:

- La musica la scrivono i compositori, che la dovrebbero conoscere (persino Mozart andava a studiare, non parliamo dei km che faceva Bach per andare a Lubecca e le sue nottate su Frescobaldi)...per cui la conoscenza è la base

- Chi vuole cercare qualsiasi tipo di relazione fra gli elementi compositivi dovrebbe conoscere la musica. Una delle strade maestre è l'analisi :)

 

Se non stiamo parlando di San remo, dove forse l’unica cosa da riconoscere è la differenza fra strofa e ritornello…e all'ennesima volta anche il mio bimbo di 3 anni ce la fa. Per la musica d’arte (o vogliamo dire colta?) forse un po’ di conoscenza e cultura (?) si dovrebbe avere.

 

Ovviamente con tutte le sfumature di grigio del caso…

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Una pagina di Lachenmann mi suggerisce che la narratività potrebbe non essere altro che una modalità di ascolto (come la maggior parte delle categorie dell'analisi musicale, del resto).

 

L'Orchesterstück op. 10 n. 4 di Anton Webern non ha nulla di narrativo: sei battute, meno di mezzo minuto, pochi brevi suoni dispersi qui e lì. Lachenmann dedica un paio di pagine ad una analisi serrata dei minuscoli eventi del brano, raggruppandoli per affinità, individuandone la consequenzialità (appunto!). Poi, d'un tratto, cambia registro.

Il tutto non è poi null'altro che una serenata al chiaro di luna del suono flautato, con echi che giungono dal luogo in cui le belle trombe suonano e il trombone annunciatore di morte, strumento del giudizio universale, risponde, finché il tamburo militare suona la ritirata, disturba l'idillio e l'innamorato si mette a pizzicare il mandolino sotto il suo braccio, mentre la sua adorata gli fa un cenno con una figurazione di violini.

[Helmut Lachenmann, L'ascolto è inutile senza ascolto. Possibilità e difficoltà.]

Questo Webern riascoltato attraverso l'orecchio di Mahler rivela alcune cose.

La principale mi sembra la possibilità di leggere un romanzo in un aforisma: si tratta di piani di tempo. Con Mahler ci possiamo sedere con tutta calma, una Sinfonia dura due ore, abbiamo tutto il tempo per entrare nel suo mondo sonoro, capire cosa succede, seguire il dramma, partecipare emotivamente (come leggendo un grande romanzo di fine Ottocento). Webern, al confronto, è incredibilmente scarno ed ellittico: non facciamo in tempo a renderci conto che il brano è iniziato, ed è già finito. Eppure Lachenmann dimostra che osservando la musica con la lente d'ingrandimento, muniti di grande attenzione e grande fantasia, le dinamiche sono le medesime.

Non è insomma la qualità degli eventi sonori a determinare la narratività; a quanto pare, non è nemmeno la relazione fra gli eventi, "in sé"; forse si tratta della possibilità di descrivere tali relazioni tramite le categorie della narrazione, con tanto di personaggi, conflitti, risoluzioni (ma qui entro nel campo delle ipotesi).

 

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Interessante Red e a proposito di questo

 

Webern, al confronto, è incredibilmente scarno ed ellittico: non facciamo in tempo a renderci conto che il brano è iniziato, ed è già finito. Eppure Lachenmann dimostra che osservando la musica con la lente d'ingrandimento, muniti di grande attenzione e grande fantasia, le dinamiche sono le medesime.

 

vorrei anche far presente che si può parlare di surriscaldamento e raffreddamento del materiale, tecniche che Webern sapeva ben dosare e che gli permettevano di gestire il discorso tensivo. Non so se un discorso tensivo sia anche narrativo, ma sotto certi punti di vista potrebbe essere di si. La consequenzialità fra un elemento (musicale) che si surriscalda e si raffredda penso sia facilmente individuabile...almeno per un musicista.

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Propongo questa interessante citazione di Messiaen a proposito del ritmo e dell'ascoltatore:

 

 

 

 

 

[…] egli [
l’ascoltatore
] non avrà il tempo, al concerto, di verificare le non-trasposizioni, le non-inversioni e, in quel momento, questi problemi non lo interesseranno più:
essere sedotto, sarà questo il suo unico desiderio
.
Ed è esattamente ciò che accadrà
:
egli subirà suo malgrado il fascino strano delle impossibilità
: quel certo effetto di ubiquità tonale della non-trasposizione, quella certa unità di movimento nella non-inversione dei ritmi (oppure quando inizio e fine si confondono perché identici); tutte cose che lo condurranno progressivamente a questa specie di “arcobaleno teologico” che cerca di essere il linguaggio musicale, e dal quale noi cerchiamo incitamento e sostegno teorico.

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" Io credo che “l’indebolimento” di una teoria vada spesso a tutto vantaggio della stessa, ma non prima che questa sia acquisita con fondamento. "

Se io ho un alibi che mi scagiona dall'aver ucciso una persona ma poi Sherlock Holmes nota che il mio alibi soffre d'indebolimento direi che tutto ciò non va a vantaggio dell'albi. Semmai il contrario!

Se Aristotele dice che il vuoto non esiste ma poi Pascal e Torricelli dimostrano che esiste mi viene da pensare che le teorie aristoteliche subiscano un indebolimento che non vada a vantaggio di loro stesse.

 

 

 

" “in musica non si può stabilire se B è conseguenza di A, oppure non lo è.”

E allora tutto viene portato davanti al tribunale degli “esperti”, poiché da essi in definitiva viene la legge, e tali “esperti” a loro volta formano schiere di altri “esperti”, e il gioco si ripete. "

Ma chi sono questi esperti e perchè loro potrebbero essere in grado di avere una risposta se tu stessa dici che non è possibile stabilire la consequenzialità di due (chiamiamoli) eventi? Se esistono questi esperti che sono in grado di stabilire se B è conseguenza di A allora la frase " in musica non si può etc " è falsa!

 

" Ma soprattutto, fino ad allora, chiunque ami davvero la musica, non commetta l’errore di credere che, se qualcuno mai potrà stabilire con un calcolo che B è davvero conseguenza di A e che C invece davvero non può esserlo, questa prova e questo calcolo renderanno la musica grigia e prevedibile, perché è proprio il contrario. Dal mio canto posso solo dire che, se dovessi vedere arrivare quel giorno, io smetterei da subito di amare la musica perché vedrei il suo mondo inesorabilmente rimpicciolito."

 

Questa frase non l'ho capita, dici: se verrà il giorno in cui la musica verrà formulata tramite un algoritmo, chi la interpreterà dunque grigia e prevedibile commetterà un errore. Ma tu stessa smetterai di amarla? Cioè faresti anche tu quello che definisci un errore?

 

"Io capisco bene che è fin troppo facile venir fraintesa e la colpa è senza dubbio tutta mia, perché non posso che dare per scontate, consapevolmente, cose che invece non lo possono essere. Ma se l’intenzione è quella di accrescere la nostra consapevolezza, come ho più volte detto, questo è un problema superabile (non facilmente, ma superabile). Quello che io pensavo venisse fuori dalla discussione è il “contrasto” che il termine narratività porta nei confronti del termine “conseguenza”. Questo perché muovo probabilmente da definizioni di partenza che non sono in questa sede condivise. Il termine narratività, che non è un termine di origine musicologica così come non lo è il termine conseguenza, parla di un aspetto ermeneutico dell’oggetto (detto male, non indica solo la narrazione ma anche la sua interpretazione), laddove la conseguenza parla di un aspetto logico. "

 

quindi in sostanza tu dici, se vogliamo utilizzare i termini narratività e conseguenza o li utilizziamo con il loro VERO significato oppure scegliamo altri vocaboli che meglio si adattano all'argomento?

 

Discussione molto interessante

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Curiostà, ma ci si riferisce ad opere storicizzate o novità tipo da Biennale?

La narratività riguarda senz'altro la musica dell'epoca classica/romantica/tardo-romantica, ma è anche un concetto pertinente alle "novità tipo Biennale" (non tutte, ovvio!). Ad esempio, in una intervista citata nel saggio Narrative forms and contrapuntal devices in the orchestral music of Ivan Fedele di Gianluigi Mattietti, Fedele parla della contrapposizione fra due differenti concezioni di tempo, una dinamica e narrativa (tradizione occidentale), l'altra riflessiva e meditativa (tradizione orientale). Tale contrapposizione si ritrova in alcune sue opere, a caratterizzare differenti "zone di tempo" (grazie Dusapin!).

Per fare un esempio contrario, mi sembra che la narratività non c'entri nulla con la musica di Marco Momi.

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Una pagina di Lachenmann mi suggerisce che la narratività potrebbe non essere altro che una modalità di ascolto (come la maggior parte delle categorie dell'analisi musicale, del resto).

 

 

Non è insomma la qualità degli eventi sonori a determinare la narratività; a quanto pare, non è nemmeno la relazione fra gli eventi, "in sé"; forse si tratta della possibilità di descrivere tali relazioni tramite le categorie della narrazione, con tanto di personaggi, conflitti, risoluzioni

 

 

Personalmente concordo, come ho detto precedentemente la narratività (in letteratura) in certo qual modo si "contrappone" al procedimento espositivo (ma anche interpretativo) di un discorso "scientifico".

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Dunque, effettivamente sono stata un po’ criptica. Cerco di spiegare cosa intendevo.

Detto in modo intuitivo, una “teoria” è un insieme di teoremi. Quando ho parlato di “indebolimento” di una teoria non volevo intendere che togliendo delle “prove” ad un teorema, questo teorema ne guadagna e diventa più facile provalo. Ma una “teoria” può essere intuitivamente vista come uno strumento (formale per lo più) in grado di rappresentare dei “mondi” possibili. In un certo senso si può dire che più una teoria è stringente e “forte” più il mondo a cui essa si riferisce sarà univoco, delimitato, “ristretto”, inequivocabile. Più la teoria è “debole” più i mondi possibili che essa caratterizza sono vasti.

So che per chi non è addetto ai lavori questi possono risultare concetti un po’ ostici, ma io ci ho provato lo stesso, e i rischi che mi sono presa sono evidenti. Quando ho parlato di indebolimento l’ho fatto per venire incontro alle esigenze espresse nei commenti, ma anche perché ovviamente ha un senso. Le scelte che possiamo fare sulla direzione da prendere (rafforzamento o indebolimento) sono in un certo senso arbitrarie, ma possono essere davvero arbitrarie solo se siamo in grado comunque di spingerci in entrambe le direzioni, ossia se abbiamo una consapevolezza.

 

Per quanto riguarda l’altra questione, anche qui espressa male, volevo semplicemente dire che se dovessi scoprire che la valutazione estetica della musica si deve basare solo sull’opinione, di chicchessia, io perderei interesse in essa. Se qualcuno mi convincesse del fatto che la valutazione estetica della musica è un fenomeno “incontrollabile” e che in essa non si può parlare di una differenza ontologica, probabilmente abbandonerei il campo. Di solito non esprimo mai opinioni nette e definitive, ma qui voglio essere molto chiara: per me la musica non è tutta uguale (attenzione, non è necessariamente una distinzione di generi) proprio perché rispetto alle altre arti “può” avere una dimensione in più. Non è necessario che sia presente in ogni sua espressione, ma è importante che esista come possibilità. La dimensione di cui parlo è proprio la sua predisposizione ad avere un “meta-teoria” (uso questo termine solo per non creare confusione con la teoria musicale in senso noto) , meta-teoria con un valore "costruttivo" e non solo descrittivo.

Il discorso è sterminato, anche se non conosco una letteratura specifica veramente dedicata e per tanto non sono in grado di dire se sia un percorso di successo o meno.

 

Infine potrei dire, per rispondere all’ultima istanza, che quello di cui parliamo è proprio della possibilità di estendere il concetto di conseguenza al campo musicale. Io parto dall’ipotesi che questo, con i dovuti accorgimenti, sia fattibile, ovviamente nel rispetto del suo significato originario. Altrimenti credo anch’io che dovremmo utilizzare dei termini differenti.

 

Mi fa molto piacere che qualcuno provi interesse in questo tipo di ragionamenti. Io credo che l’interesse non possa venire mai dalla comprensione, ma che debba partire sempre dal coraggio. La comprensione viene alla fine e può dire se il coraggio è stato speso bene o non è servito a nulla.

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Forse allora è una questione di terminologia, preferirei dire che è una teoria con confini indefiniti ma, appunto, è questione di scegliere dei vocaboli.

Una teoria più forte e stringente necessita un campo di ricerca più piccolo, concordo, non puoi analizzare la musica indiana con lo stesso metro col quale analizzi Schoenberg, dunque sarebbe forse meglio una teoria " i cui mondi possibili che caratterizza sono vasti "? Forse sì, sarebbe una teoria generale e tutti (io almeno, ogni tanto) cerchiamo sempre una regola che funzioni sempre.

Parli di scelte arbitrarie e di conseguenza, unisco le due cose. è logico nel linguaggio tonale che la settima di dominante che va su di una tonica sia caratterizzata da un settimo grado dell'accordo che risolve scendendo ed una sensibile della tonalità che risolva salendo. Questo è un esempio della logica tonale, scolastica o meno, statisticamente una settima di dominante che va su di un I grado si comporterà in questa maniera almeno un 80% delle volte. Altre volte la settima ci metterà di più a risolvere oppure sarà la sensibile ad impiegare più tempo, creando una situazione comunque analoga. Direi che aldilà di questo piccolo esempio siamo abbastanza in grado di codificare il linguaggio tonale (classico) attraverso un algoritmo, un bel procedimento nato dalla nostra logica. Ma non si tratta della stessa logica per la quale " Se gli uomini sono mortali e Berio è un uomo allora Berio è mortale". O meglio, questo esempio funzionerebbe anche su Saturno, per sempre. Mentre invece, chissà perchè, la sensibile un giorno al posto di risolvere preferirà restarsene lì e non risolvere salendo di semitono, a qualcuno non andrà bene a qualcun altro sì, comunque così farà e allora la regola " la sensibile deve risolvere sulla tonica" verrà sostituita con " spesso la sensibile risolve sulla tonica" ! E allora bisognerà, come dicevi tu, trovare delle piccole teorie, che vadano bene per ogni esempio, oppure trovarne una generale che contenga un bel po' di eccezioni. Oppure delle regole arbitrarie che dicano ( come dice a volte il buon Gedalge :D ) questa cosa non va fatta perchè non va fatta oppure va fatta perchè "il cuore ha le sue ragioni etc" . Ma allora il concetto di conseguenza che si riferisce all'ambito logico-matematico e che è stato esteso a quello musicale va a farsi benedire..

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Mentre invece, chissà perchè, la sensibile un giorno al posto di risolvere preferirà restarsene lì e non risolvere salendo di semitono, a qualcuno non andrà bene a qualcun altro sì, comunque così farà e allora la regola " la sensibile deve risolvere sulla tonica" verrà sostituita con " spesso la sensibile risolve sulla tonica" ! E allora bisognerà, come dicevi tu, trovare delle piccole teorie, che vadano bene per ogni esempio, oppure trovarne una generale che contenga un bel po' di eccezioni.

 

Riflessione. Prendiamo un brano di musica che già dalle battute iniziali va a connotarsi in un estetica dove la sensibile non "sta li" ma scende...puoi proseguire nell'esempio?

 

Cosa intendo? Che su un elemento solo il ragionamento è molto chiaro ma sott’intende la variabile evolutiva di un linguaggio che oggi nelle sue regole prevede che la sensibile scenda (o a volte sale pure :D), poi si ritarda la sua discesa, ed infine sta li…ma il contesto è fatto da tante cose ed è “congelato” in quel momento di vita di un determinato linguaggio…fatto di armonia, fioritura, orchestrazione, organici, moto delle parti, etc.

 

Facciamo finta che tutti gli elementi usati in un brano siano estremamente classici (intendo classicismo)...perchè poi ad un certo punto deve arrivare qualcosa che non centra molto con le premesse sintattiche iniziali? (intendo linguisticamente parlando, perchè la sensibile che scende è una regola grammaticale ....un insieme di regole possono inquadrare uno stile/un'estetica. Nel quadro generale, in come si va a connotare una composizione). Chiaramente si riscontra un’incongruenza: di gusto ed estetica.

 

Adesso questo vale sempre quando il linguaggio è condiviso e funziona sempre quando parliamo di opere tradizionali ed in particolare tonali.

Oggi i codici sono aperti, diventa difficile applicare questo approccio…sostanzialmente visto che ognuno ha il suo codice, ognuno può fare quello che gli pare, ognuno suona la sua lingua (speriamo che qualcuno li capisca) e al massimo uno può dire mi piace/non mi piace.

Anche la critica tecnica in contesti “ad personam” è inapplicabile, perché qualcuno risponderà sempre che nella propria lingua quel comportamento tecnico è previsto.

 

Ma c’è sempre un però, ammesso che questo credo possa essere più o meno condivisibile (ma molti lo credono veramente :)), il problema che riscontro io generalmente è che se uno inizia a fare dei rimandi stilistici si crea un numero di incongruenze tali al punto che risulta inevitabile sostenere una propria cifra stilistica e quindi rientrare nell’ “ad personam” dove tutto è “lecito”.

 

Ecco che chi ha la cifra (vedi Xenakis, Tetras? Stockhausen Mantra? Vogliamo parlare delle tecniche di Varese?) può permettersi di stravolgere tutto e cambiare le regole…chi non ha la cifra rischia di diventare incoerente.

 

La cosa più difficile dal mio punto di vista, che è forse quello che ha scatenato la discussione iniziale, è decontestualizzare il materiale di partenza. Il limite fra rimando stilistico e decontestualizzazione è molto sottile. Chi può stabilire questo? La risposta può essere anche semplice, le partiture sono sempre molto chiare in questo. Se uno sta troppo in uno stilema (il tempo necessario a connotare un brano in una certa estetica)…automaticamente il dopo è soggetto ad un certo tipo di critiche tecniche…perché si è fuori dall’ “ad personam”, dall’esperimento… dal tentativo di dimostrare alcun che di musicale/extramusicale (ammenochè questi stessi elementi rientrino nell'estetica stessa e dichiarata...ma allora non ci sarebbe una decontestualizzaizone).

 

(S)fortunatamente in musica arriva ciò che si mostra e non ciò che si dimostra perché eventualmente la dimostrazione stessa è un di cui della musica.

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  • 1 month later...

Provo a dire la mia, questo argomento è molto interessante anche perché riguarda un punto cruciale del comporre legato, come già detto, al parametro "tempo".

 

Provo a dare un parere sulla questione così, da compositore, riferendomi al pragmatismo dell'attività creativa in se senza tira in ballo questioni puramente musicologiche ( Thallo è un musicologo ferrato, ciò si evince naturalmente dai sui scritti sul Forum. Credo sia molto più preparato di me, in questo senso; lui, se vorrà, potrà delucidarmi su questioni che magari non mi sono chiare o che conosco poco).

 

Dunque, la "narratività" (che io preferisco chiamare "drammatizzazione") non può non esistere in qualsiasi brano musicale autonomo da elementi come testo, scene, etc.

Il decorso narrativo esiste nelle Sinfonie di Mozart, nelle Sinfonie di Haydn, di Beethoven, nei concerti di Bach, nei Preludi di Debussy. E' rappresentato dalla struttura formale del pezzo, nella quale ogni sezione ha una funzione espressiva precisa (gestita dalla retorica).

Il climax essendo un elemento formale-retorico indispensabile a qualsiasi pezzo, già ci permette di tracciare un arco narrativo, perché esiste un "prima" (la preparazione della tensione e il suo accumulo) e un "dopo" ( esplosione e dispersione della tensione, liquidazione degli elementi tematici utilizzati).

Ogni compositore ha poi gestito questo archetipo narrativo elementare in modo sempre diverso, utilizzando schemi di partenza diversi e figure retoriche precise, codificate nella prassi compositiva barocca (Quintiliano in Bach, il cromatismo, il duriusculus, etc.), ricodificate dagli autori stessi in base a proprie scelte e volontà simbolico-espressive (è quello che accade da Haydn in poi).

Steve Reich in un'intervista dice che la narratività e scomparsa con il crollo del romanticismo e la rivoluzione delle avanguardie.... secondo me intendeva un certo tipo di narrazione condizionato dalla tonalità e dalla forma gestite in passato, ecco perchè il periodo delle quattro estetiche principali del secondo '900 (strutturalismo, alea, spettralismo, minimalismo)è stato utile a riordinare le cose. Oggi, nel 2013, il concetto di narratività lo si può trasferire su sistemi formali, strutturali ed espressivi con connotazione totalmente nuova.

 

Già Franco Donatoni, negli anni '80, basava i suoi pezzi su forme a pannelli statici in cui ogni sezione conteneva più punti di tensione e riposo, calibrati in modo diverso a seconda delle situazioni (naturalmente dicevo climax come elemento generico, dato che esistono il climax principale, i micro-climax, le accumulazioni, etc.)

 

Per rendersi conto di come la narratività già si considerava elemento fondamentale della costruzione formale negli anni '70, vi propongo questo ascolto:

 

 

che ne pensate di questa drammatizzazione? C'è o non c'è una chiara strategia retorica dietro?

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Già Franco Donatoni, negli anni '80, basava i suoi pezzi su forme a pannelli statici in cui ogni sezione conteneva più punti di tensione e riposo, calibrati in modo diverso a seconda delle situazioni (naturalmente dicevo climax come elemento generico, dato che esistono il climax principale, i micro-climax, le accumulazioni, etc.)

 

Per rendersi conto di come la narratività già si considerava elemento fondamentale della costruzione formale negli anni '70, vi propongo questo ascolto:

 

 

che ne pensate di questa drammatizzazione? C'è o non c'è una chiara strategia retorica dietro?

Povero Donatoni, si starà rivoltando nella tomba!

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Povero Donatoni, si starà rivoltando nella tomba!

 

Certo che si sta rivoltando nella tomba, a causa d' individui come te sicuro, ahahahahahah!!!

 

Scusa ma sono abituato a ricevere delle critiche costruttive basate su ragionamenti logici oggettivi. Un commento come il tuo vale zero (neanche meno, gli interi negativi non sono degni di commenti del genere). Buona fortuna, ti auguro di migliorare. Puoi farcela!

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... non è che Red si riferiva all'esecuzione?

No no, tranquillo, mi riferivo al post di Feldman! Certo, capisco la premessa: approccio da compositore, non si tirano in ballo questioni musicologiche. Questo non si vuol dire che si può affermare tutto e il contrario di tutto, e che non è possibile un minimo di oggettività.

 

Associare Donatoni alle narratività fa davvero cadere le braccia. Non ricordo un solo luogo in cui egli ne faccia cenno (e ha scritto abbastanza). Ha parlato di teatro del comporre, certo, e allora se vogliamo discutere di questo, ci può stare: la drammaturgia potrebbe essere un argomento interessante. Ma non confondiamo drammaturgia con narratività, per favore. In tal modo si creano letteralmente delle distorsioni nell'interpretazione del pensiero compositivo degli autori e del significato storico delle composizioni. L'immagine della spirale, che illustra il concetto della sequenza di "pannelli statici", si pone agli antipodi dell'idea di narratività.

 

Non la tiro tanto lunga sul climax come "elemento formale-retorico indispensabile a qualsiasi pezzo": mi sembra un approccio retorico nel senso più triviale del termine... ma queste sono appunto scelte che ogni compositore fa, e quindi in quanto scelta di Feldman/compositore mi sta benissimo (anche se tutto sommato non ce lo vedo, il buon vecchio J.S. Bach, a caccia di climax a ogni piè sospinto).

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No no, tranquillo, mi riferivo al post di Feldman! Certo, capisco la premessa: approccio da compositore, non si tirano in ballo questioni musicologiche. Questo non si vuol dire che si può affermare tutto e il contrario di tutto, e che non è possibile un minimo di oggettività.

 

No comment.

 

Associare Donatoni alle narratività fa davvero cadere le braccia. Non ricordo un solo luogo in cui egli ne faccia cenno (e ha scritto abbastanza). Ha parlato di teatro del comporre, certo, e allora se vogliamo discutere di questo, ci può stare: la drammaturgia potrebbe essere un argomento interessante. Ma non confondiamo drammaturgia con narratività, per favore. In tal modo si creano letteralmente delle distorsioni nell'interpretazione del pensiero compositivo degli autori e del significato storico delle composizioni. L'immagine della spirale, che illustra il concetto della sequenza di "pannelli statici", si pone agli antipodi dell'idea di narratività.

 

Le fa cadere a te, forse. Donatoni non ha mai parlato di narratività. Ha parlato di drammaturgia... e quindi? Mi spieghi la differenza tra narratività e drammaturgia, scusa? Sono curioso.... poi, se vuoi, parliamo pure di spirale e di pannelli statici. Mi spieghi perché si pone agli antipodi della narratività? Troppo facile dirlo senza spiegarlo. Il punto è un'altro: una qualsiasi forma (e ripeto, qualsiasi) ha una sua struttura narrativa, per forza di cose. Ti ho già detto perchè, ti ho parlato dell'archetipo narrativo base di qualsiasi struttura formale. Ora tocca a te, gentilmente spiegami il tuo pensiero, vorrei capire il ragionamento che ancora non hai fatto.

Non la tiro tanto lunga sul climax come "elemento formale-retorico indispensabile a qualsiasi pezzo": mi sembra un approccio retorico nel senso più triviale del termine... ma queste sono appunto scelte che ogni compositore fa, e quindi in quanto scelta di Feldman/compositore mi sta benissimo (anche se tutto sommato non ce lo vedo, il buon vecchio J.S. Bach, a caccia di climax a ogni piè sospinto).

 

trovami una sola composizione SENZA un cumulo di tensione. Trovamela e posso rivedere la mia affermazione. Naturalmente una composizione musicale... di sicuro esiste come di sicuro esistono le montagne volanti che parlano.

 

Poi, se hai tempo e voglia, prova a spiegarmi per cortesia come fa una composizione a risultare gradevole a livello percettivo senza un minimo di tensione accumulata... spiegamelo perché non ci arrivo.

Se poi secondo te una composizione NON DEVE risultare gradevole a livello percettivo... rispetto la tua personale considerazione. Come rispetto Piero Manzoni in quanto creatore di qualcosa che ha suscitato determinate reazioni in un determinato periodo storico (reazioni molto negative da parte mia, ma è il mio pensiero) :)

 

Dimenticavo Bach: non andava a caccia di climax, semplicemente realizzava dei punti culminanti a livello formale seguendo lo schema retorico di Quintiliano e applicando le figure retoriche del suo tempo per costruire un arco narrativo.

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Mi raccomando ragazzi, esprimete con forza il vostro pensiero ma senza scadere sul personale. L'argomentazione è il mezzo migliore.

 

E' chiaro che ognuno ha delle considerazioni soggettive da fare, in questo modo si crea un dibattito. Ma, perdonami, quando si fa una critica la si deve fare spiegando il perché, con un ragionamento completo. Personalmente ho individuato due tipologie di critica:

 

1) ragionamento contrastante basato su analisi oggettiva e comparazione di elementi

2) aria fritta

 

credo sia uno schema utile per capire chi davvero ha qualcosa da dire e chi parla tanto per parlare, no?

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