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Piano Concerto - Forum pianoforte

Die Weihe des Hauses Opus 124


danielescarpetti
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Ma caspita!!! L’opus 124, Consacrazione della casa, il più grande capolavoro sinfonico di Beethoven!!!???

Sapevo che la apprezzavi tantissimo, ma non mi aspettavo un’affermazione così “totale”.

In un certo senso mi fa piacere. Perché se, da una parte, quello che mi piace sempre il te è il tuo equilibrio (il logos-Daniele di cui dice Armando), ora… mi piace vedere che tutto ciò viene per un momento cancellato da una affermazione così “sbilanciata”!.... Un’affermazione che si può fare a vent’anni (come vedi io cerco di non esser da meno facendo uso a dismisura di punti esclamativi… manco fossi Beethoven che scrive i fff sul primo movimento dell’Ottava!!!).

 

Ma circa sei anni fa avevi scritto il primo movimento della Nona era quanto più avevi di caro a livello di brani sinfonici. Mi ricordo bene, vero?

La vita è bella anche perché le persone non rigide cambiano le proprie vedute! Mentre scrivo la sto ascoltando (più volte) la consacrazione della casa: è stupenda davvero!

È come un grande, luminoso, altipiano sonoro. Cosa di potrebbe desiderare di più!? Ma con quei colpi iniziali, tutto ciò si spalanca subito alle nostre orecchie: su questo altipiano ci arriviamo in elicottero, senza quella fatica (dura fatica delle salite) che si percepisce in tante opere di Beethoven che ci elevano dal buio alla luce forte.

La mia preferita – ma sì, oso anch’io: la più bella Ouverture che sia mai stata scritta – è la Leonore III . Anche in quella arriviamo ‘alla luce’ del finale. Ma che salita per arrivarci !!!! E, anche dopo gli squilli di tromba… quanta strada ancora da fare!

 

Die Weihe des Hauses! … Parlamene ancora.

 

Così il caro amico Luca mi domanda nel diario musicale e, visto che quello è un diario, preferisco riportare questa sua domanda qui.

Intanto è importante, Luca, il fatto che tu mi dica che « Die Weihe des Hauses è stupenda davvero», questo ci permette comunque di partire da una constatazione comune.

Quello che dissi 6 anni fa sul primo movimento della Nona era che, ogni volta che lo ascoltavo, mi trasmetteva un'emozione indicibile e, questo proprio, fin dalle prime note, quando ti dà la sensazione di essere trasportato in un vuoto interplanetario che, più che farmi pensare al mondo del primo Ottocento, mi ricorda immagini moderne, sia visive che musicali. Questo è il miracolo di quel meraviglioso primo movimento e questo è quello che tutt'ora penso.

Tempo fa ti dissi anche che consideravo l'Eroica il primo vero inizio sinfonico beethoveniano; non perché non ami le prime sue due sinfonie – tu sai che le amo anche loro alla follia – ma perché è con la Terza che si può veramente parlare di una sinfonia interamente beethoveniana nello stile. Dissi anche che se la Terza era il primo inizio, la Nona era il secondo, quello che poi si proiettò direttamente sulle meravigliose sinfonie di Brahms – e non dei primi romantici – di Bruckner e di Mahler.

Ecco Luca: è questa cosa che voglio in parte correggere oggi del mio pensiero.

In realtà ho meditato molto su quello che avvenne nel 1813. In quell'anno Beethoven compose due sinfonie: la Settima e l'Ottava. Fino a poco tempo fa si considerava la Settima – molti lo pensano – la miglior sinfonia di Beethoven, oggi sta accadendo, non dico un rovesciamento, ma la “piccola” Ottava viene ormai prediletta da altri molti e, per la verità, anche lo stesso Beethoven pensò che questa sinfonia fosse migliore della Settima.

Nell'Ottava, Beethoven, si guardò indietro e dopo il “periodo eroico” per la prima volta nella sua vita compositiva, ritornò a Haydn, ma lo fece in una maniera diversa dal suo ex maestro, quasi a dirci: io ora posso rivisitare e rinnovare il passato. Un'operazione simile la fece anche Prokofiev nel 1917 – ma intanto passò un secolo - con la sua prima sinfonia detta “Classica” che qui voglio proporre perché è una vera chicca.

 

 

Che c'entra tutto questo dirai! Nel “terzo stile” Beethoven tentò di ritornare a forme del passato, la fuga in primis, cercò di essere l'erede di tutta la storia della musica – cosa che riuscì solo a Schönberg e Stravinsky un secolo dopo – ma la morte lo colse prima che egli riuscisse in questo.

Noi definiamo musica del “terzo stile” tutta quella da lui composta dal 1815 in avanti, ma è errato.

In realtà questo ragionamento è valido per le sue Sonate e i suoi Quartetti, ma non altrettanto pienamente per la musica sinfonica: la Nona risente comunque ancora di quel clima eroico in certe parti. L'unica eccezione è l'Ouverture “La consacrazione della casa”. Lì, ispirandosi a Händel, conclude con quell'Allegro fugato che è questa veramente, espressione della magistrale tecnica compositiva dell'ultimo Beethoven.

Un Beethoven che se non fosse morto avrebbe composto la sua Decima – e quello veramente sarebbe stato un nuovo inizio – l'Ouverture sul nome di Bach, un oratorio sullo stile händeliano - tutte opere che purtroppo sono rimaste solo nell'intenzione, facendo sì, che “il terzo stile” s'impadronisse di tutta la sua musica e facendone veramente il primo erede di tutta la storia della sua arte. Per questo dico che “Die Weihe des Hauses” è il capolavoro sinfonico di Beethoven, perché oltre ad essere stupenda è l'unica musica sinfonica che appartiene al terzo stile.

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Per questo dico che “Die Weihe des Hauses” è il capolavoro sinfonico di Beethoven, perché oltre ad essere stupenda è l'unica musica sinfonica che appartiene al terzo stile.

 

Il ragionamento che hai fatto (intendo quello riguardante "l'inizio" beethoveniano per eccellenza), andrebbe a mio parere rivisto, e di molto (ci siamo dimenticati dell'inizio della Quinta Sinfonia, forse? ;) ), ma, a parte tutto, come giustifichi l'equazione terzo stile=capolavoro? C'è qualcosa che avalli questa teoria, a parte la tua opinione personale? Attenzione: non voglio dire che La consacrazione della casa non sia un'ouverture meravigliosa, ma il fatto che sia o meno un capolavoro non può dipendere dall'appartenenza o meno al "terzo stile", né dal fatto che sia l'unico lavoro sinfonico che Beethoven scrisse con quello sguardo al passato che tu giustamente ricordi. Inoltre, il terzo stile beethoveniano è sì caratterizzato da un ritorno alle forme arcaiche (fuga, variazione...), ma bisognerebbe decisamente ricordare anche lo scardinamento delle proporzioni della forma, perché quello è in realtà il dato più marcato dello stile dell'ultimo Beethoven, e il fatto che egli abbia scelto in particolar modo i quartetti come banco di prova non deve a mio parere trarre in inganno rispetto alla valutazione di questo o quell'altro "capolavoro". Non è l'Ottava più appartenente al "terzo stile" rispetto alla Sonata op. 111, nella maniera più assoluta. E non si deve considerare la Nona una "regressione", come invece sembrerebbe dal tuo ragionamento: la Nona presenta invece molte delle caratteristiche dello stile tardo di Beethoven, ad esempio nel meraviglioso Adagio, che utilizza la variazione e che può essere accostato ad alcuni adagi degli ultimi quartetti (penso alla Cavatina e alla Canzona di ringraziamento), ad esempio nell'ultimo movimento che utilizza la ripresa ciclica dei motivi utilizzati nei movimenti precedenti; per non dimenticare le proporzioni ciclopiche dell'intera sinfonia, il cui retaggio verrà ripreso per primo dal Mendelssohn della "Lobgesang", e poi da Bruckner, Mahler ecc. ecc. Brahms si inserisce in un filone più "normale" e, anche se naturalmente l'uso particolarissimo della forma-sonata e la dilatazione delle proporzioni sono cifre anche del linguaggio brahmsiano, in realtà se c'è un autore romantico che è rimasto molto legato al classicismo è proprio Brahms e, anche se la sua Prima sinfonia viene chiamata dai più "la decima di Beethoven" per sottolineare che Brahms ha proseguito su quel filone, io in realtà non sono convinto che la logica prosecuzione dopo la Nona di Beethoven fosse la Prima di Brahms, che resta più legata al "secondo stile" se proprio vogliamo battezzarla utilizzando quella classificazione. In sostanza, io trovo che tra la Settima di Beethoven, decisamente collocabile nel secondo periodo, non solo cronologicamente, e la Nona ci sia uno scarto stilistico notevolissimo, per cui non direi assolutamente che La consacrazione sia "l'unico lavoro sinfonico di Beethoven che appartiene al terzo stile". Il ché, ovviamente, non fa dei due brani i contendenti di una sfida, ma siccome sei tu ad aver lanciato l'equivalenza, forse questa valutazione deve essere rivista. :rolleyes:

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Caro Carlos,

 

Non mi spetterebbe il diritto di questa precisazione – spero che Daniele non sia arrabbi –, ma con “vero inizio sinfonico beethoveniano” (riferito all’Eroica), penso che Daniele non intenda un incipit a livello motivico o tematico (l’attacco), ma che l’Eroica, nella sua globalità come sinfonia, costituisca il primo vero ‘principio’, scaturigine, del suo mondo interiore più caratteristico. (in passato Daniele per lo stesso discorso ha proprio usato proprio il termine ‘principio’).

 

Caro Daniele,

 

I primi due movimenti della Nona a me paiono decisamente ‘terzo stile’. Forse il secondo movimento non molto, ma il primo decisamente sì. E, senza far classifiche sul brano più bello, lo è ancor più della Consacrazione della casa. Nel primo della Nona non c’è alcun recupero del passato: né haendeliano, né altro, e nemmeno beethoveniano! È una musica, un universo sonoro, che sembra apparire nella poetica di Beethoven ‘dal nulla’. In quale sua opera precedente si può presagire che un giorno sarebbe emerso il primo movimento della Nona?

 

Una concezione ‘spaziale’ (fatta di piani sonori) in cui, quasi sempre, più che dire che ad ogni parte strumentale vada stretta la definizione di ‘accompagnamento’, si potrebbe dire che per tutte è generoso parlare di ‘linea principale’.

Una concezione dove sentiamo voci che interagiscono, certo, ma non si compongono in polifonia cristallina: rigorosa, geometrica, lineare (come invece avviene nel secondo movimento, pur nella sua furia).

Una concezione dove è superato il dualismo di tensione dei due temi della forma-sonata (i gruppi tematici sono almeno tre).

Una concezione dove, sì: lo sviluppo c’è: Beethoven non viene meno al suo modo di lavorare e rilavorare sui frammenti, come in un laboratorio chimico. Ma a differenza di quasi tutti gli altri primi movimenti di sinfonia, questo sviluppo della Nona non traghetta gli eventi a nuove aree emotive: siamo di fronte a una scena grandiosa dall’inizio alla fine: in movimento ma senza direzione. Evidente, ma indecifrabile (un po’ come il mondo, un po’ come la vita: evidente... ma indecifrabile).

Se non è ‘terzo stile’ questo!?...

 

In quale sua opera precedente si può presagire il primo movimento della Nona? … (una me n’è venuta in mente…)

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Caro Carlos,

 

Non mi spetterebbe il diritto di questa precisazione – spero che Daniele non sia arrabbi –, ma con “vero inizio sinfonico beethoveniano” (riferito all’Eroica), penso che Daniele non intenda un incipit a livello motivico o tematico (l’attacco), ma che l’Eroica, nella sua globalità come sinfonia, costituisca il primo vero ‘principio’, scaturigine, del suo mondo interiore più caratteristico. (in passato Daniele per lo stesso discorso ha proprio usato proprio il termine ‘principio’).

 

E perché mai dovrei offendermi? Sì Luca, era questo quello che volevo dire esattamente.

 

Per il resto, cari amici miei, confesso che devo pensarci su e mi prederò un attimo di tempo.

Quello che tu e Carlos dite in gran parte posso condividerlo, eppure...!

Probabilmente è esagerata la mia affermazione circa il capolavoro sinfonico più grande e pur tuttavia...!

L'unica cosa che voglio precisare ora è che non voglio assolutamente passare come un detrattore della Nona - ci mancherebbe altro - stiamo parlando di capolavori e spesso assoluti e questo è un dato di fatto.

Intanto se altri vorranno dire la loro in merito saranno i benvenuti e sarebbe molto bello.

 

A presto!

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Per quanto riguarda il terzo periodo allargherei il cerchio anche alle 33 variazioni op.120, alla grande fuga op.133 e alla Missa Solemnis.

 

Parliamo dedli anni di isolamento causati dalla sordità e nelle composizioni di questo periodo si manifestano i primi segnali di una nuova tecnica compositiva che influenzerà l’epoca successiva. Intanto la produzione compositiva che va dal 1814 al 1824 è più lenta e ricercata (vedi appunto al genesi della nona sinfonia). Come dice Daniele lo stile delle ultime opere presenta una notevole scrittura contrappuntistica e lo sviluppo del procedimento della variazione. Come giustamente detto ciò è caratterizzato dall’interesse che Beethoven manifesta per le composizioni di Bach e Haendel e per la polifonia. Ecco che le ultime composizioni contengono, fughe, canoni e artifici contrappuntistici. Forse non è stato detto ma queste forme offrono a Beethoven lo spunto per comporre musica con un carattere più complesso e astratto.

 

Per cui la fusione di fuga e forma-sonata e forma-variazione costituisce l’elemento caratterizzante del pensiero musicale dell’ultimo Beethoven e il procedimento della variazione appare in tutte le composizioni sia nell’esposizione che nello sviluppo.

 

Io riepilogherei i caratteri stilistici salienti del terzo periodo come segue:

 

1. Enfasi lirica nei tempi lenti e veloci (quella che Wagner chiamerà “melodia infinita”).

2. Spostamento della tensione dinamico/musicale sui tempi finali. I tempi conclusivi sono considerati i più importanti (vedi appunto il finale della nona sinfonia).

3. Uso sistematico di abbellimenti come il trillo considerato come elemento ritmico/dinamico.

4. Uso della sincope con intento espressivo.

5. Mutamenti drammatici di stati d’animo all’interno di ogni movimento.

6. Nei tempi lenti si presentano ampiamente gli elementi espressivi e di contemplazione estatica.

7. Uso di indicazioni particolareggiate (Adagio “con molta nostalgia”).

8. Uso di registri estremi del pianoforte da quello più grave a quello più acuto.

9. Modulazione ai toni lontani con l’uso di progressioni cromatiche.

 

In questo secondo me bisognerebbe incasellare le caratteristiche dei 2 capolavori...a prescindere dall'indiscusso valore, cosa mancherebbe alla nona?

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Ho meditato su quanto da voi scritto e, la mia conclusione è che, di quanto da me scritto, cambio “solo” la parte in cui affermo che l'Ouverture Die Weihe des Hauses” è il capolavoro sinfonico di Beethoven. In questa affermazione, mi rendo conto, c'è un'enfasi esagerata da parte mia, parlando di un compositore che, per altro, ha composto – questo sì! - tanti massimi capolavori sinfonici. Detto ciò continuo a pensare che questa Ouverture è l'unica opera sinfonica che si iscriva a pieno titolo nel terzo stile.

Cercherò di spiegarmi meglio motivando ancor di più le mie riflessioni e comincio da qui:

 

I primi due movimenti della Nona a me paiono decisamente ‘terzo stile’. Forse il secondo movimento non molto, ma il primo decisamente sì. E, senza far classifiche sul brano più bello, lo è ancor più della Consacrazione della casa. Nel primo della Nona non c’è alcun recupero del passato: né haendeliano, né altro, e nemmeno beethoveniano! È una musica, un universo sonoro, che sembra apparire nella poetica di Beethoven ‘dal nulla’. In quale sua opera precedente si può presagire che un giorno sarebbe emerso il primo movimento della Nona?

Una concezione ‘spaziale’ (fatta di piani sonori) in cui, quasi sempre, più che dire che ad ogni parte strumentale vada stretta la definizione di ‘accompagnamento’, si potrebbe dire che per tutte è generoso parlare di ‘linea principale’. (Luca)

 

Questo tuo discorso, caro Luca, mi permette di chiarire una cosa molto importante: io non parlo di estetica musicale e tanto meno di bellezza musicale; nel parlare di musica del terzo stile io parlo di complessità nella costruzione musicale e penso che sia indubbio che se analizziamo l'Opus 106 – per fare un esempio di Sonata pianistica – e l'Opus 131 – esempio di Quartetto – la complessità che raggiunse Beethoven sia ben più alta di quella raggiunta nella Nona.

Non sono certo io che posso insegnare a voi di analizzare un'opera musicale - semmai è assolutamente il contrario – ma penso che non possiate che convenire con me su questo.

 

In sostanza, io trovo che tra la Settima di Beethoven, decisamente collocabile nel secondo periodo, non solo cronologicamente, e la Nona ci sia uno scarto stilistico notevolissimo, per cui non direi assolutamente che La consacrazione sia "l'unico lavoro sinfonico di Beethoven che appartiene al terzo stile". Il ché, ovviamente, non fa dei due brani i contendenti di una sfida, ma siccome sei tu ad aver lanciato l'equivalenza, forse questa valutazione deve essere rivista. (Carlos)

 

Ovviamente non posso che concordare con te che fra la Settima, che si ascrive pienamente nel secondo stile e la Nona «ci sia uno scarto stilistico notevolissimo» ma vorrei ricordare ad entrambi – tu e Luca - che sull'ultima sinfonia di Beethoven così mi sono espresso: «Noi definiamo musica del “terzo stile” tutta quella da lui composta dal 1815 in avanti, ma è errato.

In realtà questo ragionamento è valido per le sue Sonate e i suoi Quartetti, ma non altrettanto pienamente per la musica sinfonica: la Nona risente comunque ancora di quel clima eroico in certe parti.» Dunque io non sto dicendo che la Nona non sia ascrivibile al terzo stile in assoluto, dico che lo sia solo in parte.

Ma tutto ciò mi permette di chiarire questo argomento che mi sta molto a cuore:

 

come giustifichi l'equazione terzo stile=capolavoro? C'è qualcosa che avalli questa teoria, a parte la tua opinione personale? Attenzione: non voglio dire che La consacrazione della casa non sia un'ouverture meravigliosa, ma il fatto che sia o meno un capolavoro non può dipendere dall'appartenenza o meno al "terzo stile" (Carlos)

 

Mio caro Maestro – permettimi di chiamarti così perché così è giusto – l'equazione terzo stile=capolavoro è giusta se intendiamo, però, la stessa cosa.

Andiamo per ordine. La suddivisione in tre stili dell'opera beethoveniana si deve a Lenz che la inquadrò sostanzialmente in date ferree. Fino al 1802 sono opere del primo stile, al 1814 del secondo e poi fino alla morte terzo. Questa suddivisione, per molti, fra cui il nostro Armando, ha creato solo dei problemi e dei fraintendimenti per la comprensione reale dell'opera compositiva beethoveniana.

Personalmente io mi colloco in una posizione, se così si può dire, di mezzo. Trovo assolutamente sbagliata la logica del Lenz però è indubbio che Beethoven – come altri compositori: Verdi e Stravinsky, per dirne due molto significativi – abbia avuto una vita compositiva fatta di stili diversificati ma, assolutamente erroneo, è volerli richiudere in paletti ben precisi.

Gli stili di Beethoven sono dovuti, innanzi tutto, all'evoluzione di un compositore geniale che arriva con la sua stagione estrema a maturarne uno assolutamente visionario che travalica il suo tempo di un secolo ed è per questo che le opere concepite in questa maniera sono i suoi capolavori himalayani.

Se noi analizziamo le musiche di Beethoven scopriremo che le prime opere di un suo “nuovo stile” sono Sonate per pianoforte o comunque con pianoforte. E questo non è un caso! Beethoven arrivò a Vienna non tanto come compositore – sono poche le opere di Bonn significative e, quelle poche, non eccessivamente – ma come un eccelso – il più eccelso del suo tempo - virtuoso del pianoforte. Il primo capolavoro del secondo stile è la Patetica composta fra il 1797 e il 1798 e cioè, ben 4 anni prima del 1802. Ma non solo! È innegabile che una Sonata come quella dell'Opus 53 annunci già nel 1804 in una qualche maniera il terzo stile, basta analizzarla e me ne darete atto. Attenzione però: ho detto solo annuncia.

Nel terzo stile si entra con le ultime due sonate per Violoncello e pianoforte Opus 102 – anche queste caro Frank ne fanno parte - del 1815 e la Sonata per pianoforte Opus 101 del 1816.

Certamente, Carlos, se consideriamo tutta la musica scritta dal 1815 alla morte da Beethoven del terzo stile, tu hai perfettamente ragione, non sono tutte dei capolavori; ricordandoti però, che gran parte delle opere – vedi Opus 103, o 129, o 138 e altre- sono antecedenti quegli anni. Ma se per terzo stile, - e secondo me giustamente – intendiamo un metodo di comporre che si riassume in quello che ha detto Frank, ebbene, stiamo parlando solo di massimi capolavori, i più grandi in assoluto, usciti dalla testa e dalla penna del genio di Bonn.

Ma qui voglio chiarire assolutamente una cosa perché la trovo importantissima e su cui non intendo essere frainteso: questo non toglie che nei primi due stili di Beethoven non ci siano capolavori! Ce ne sono e ce ne sono a bizzeffe. L'affermazione che esiste un solo Beethoven ed è quello del terzo stile è uno sbagliatissimo retaggio dell'avanguardia di Darmstadt che assolutamente ho sempre osteggiato.

Certo è però vero anche che se Beethoven, per dire un'assurdità, avesse composto prima i suoi ultimi Quartetti e poi alla fine quelli dell'Opus 59, questi ultimi, oggi non li vedremmo e comprenderemmo nella loro immensa grandezza. Caro Luca come vedi siamo sempre nella necessita delle cose di dover contestualizzarle.

Dunque per concludere questo mio ennesimo pistolotto e per tirare le file del mio ragionamento, penso che il terzo stile beethoveniano abbia esaurito e portato a pieno compimento il discorso per quanto riguarda le Sonate e i Quartetti ma non per le Sinfonie perché, ripeto, la Nona nella sua colossale grandezza, non è pienamente ascrivibile a questo stile. Lo è già di più l'Ouverture “Die Weihe des Hauses” che soffre perché costretta e soffocata in mezzo a due giganti quali la “Missa solemnis” - anche questa non pienamente del terzo stile - e la Nona e lo sarebbe, sicuramente stata, la “Decima” se il gigantesco genio fosse campato più a lungo.

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Domanda non provocatoria, ma Daniele, secondo te da cosa è fatto uno stile?

 

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Certamente, Carlos, se consideriamo tutta la musica scritta dal 1815 alla morte da Beethoven del terzo stile, tu hai perfettamente ragione, non sono tutte dei capolavori; ricordandoti però, che gran parte delle opere – vedi Opus 103, o 129, o 138 e altre- sono antecedenti quegli anni. Ma se per terzo stile, - e secondo me giustamente – intendiamo un metodo di comporre che si riassume in quello che ha detto Frank, ebbene, stiamo parlando solo di massimi capolavori, i più grandi in assoluto, usciti dalla testa e dalla penna del genio di Bonn.

 

Se concludi diversamente, allora per te cos'è lo stile?

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per non dimenticare le proporzioni ciclopiche dell'intera sinfonia, il cui retaggio verrà ripreso per primo dal Mendelssohn della "Lobgesang", e poi da Bruckner, Mahler ecc. ecc. Brahms si inserisce in un filone più "normale" e, anche se naturalmente l'uso particolarissimo della forma-sonata e la dilatazione delle proporzioni sono cifre anche del linguaggio brahmsiano, in realtà se c'è un autore romantico che è rimasto molto legato al classicismo è proprio Brahms e, anche se la sua Prima sinfonia viene chiamata dai più "la decima di Beethoven" per sottolineare che Brahms ha proseguito su quel filone, io in realtà non sono convinto che la logica prosecuzione dopo la Nona di Beethoven fosse la Prima di Brahms, che resta più legata al "secondo stile" se proprio vogliamo battezzarla utilizzando quella classificazione. (Carlos)

 

Ieri sera me ne ero scordato ma c'è un altro punto del discorso tuo su cui volevo dire la mia ed è questo.

In effetti fino a poco tempo fa avrei detto sostanzialmente quello che qui tu affermi ma, anche su questo argomento, ho rivisto il mio parere.

Brahms, come tu ben sai, arrivò assai tardi alla composizione delle Sinfonie e questo proprio perché temette il confronto, non tanto con i suoi predecessori romantici: Schubert, Schumann e Mendelssohn – e qui apro una parentesi: la "Lobgesang", fu denominata dal suo compositore in un primo momento “Cantata Sinfonica” in quanto composta da una Sinfonia introduttiva in tre movimenti e seguita da 9 pezzi in cui si affiancano e si alternano il coro ed i tre solisti. Ben poco a che fare dunque con la Nona beethoveniana che diede però a Mendelssohn la liceità di definire la sua "Cantata" poi sinfonia – ma proprio con il lascito sinfonico di Beethoven. I primi abbozzi di quella che diventò la sua “Prima sinfonia Opus 68” risalirono al 1855 – ricordo inoltre che il “Primo concerto per pianoforte e orchestra Opus 15” nacque prima come Sonata per due pianoforti e poi come Sinfonia per diventare infine quello che è – e che vide la sua nascita solo nel 1876. In una lettera a Max Bruch nel 1870, si comprende appieno la frustrazione psicologica di Brahms nell'affrontare la questione: «Non si ha idea di cosa voglia dire sentire sempre dietro di sé i passi di un gigante come Beethoven».

Fu dal raffronto pressante e fatale con Beethoven, che il genio di Amburgo cercò di orientare la sua Sinfonia nel senso di musica pura. Dal confronto con il modello ultimo beethoveniano ebbero origine molte delle scelte brahmsiane, come l'intensificazione del lavoro tematico o l'adozione di tecniche inedite. Aldilà del processo di lievitazione interna tipicamente beethoveniano, quello che appare intrinsecamente diverso è il linguaggio di Brahms, ricco di inedite modulazioni o calato in una dimensione complessiva nuova, più lirica che drammatica.

Insomma caro Maestro, diciamola tutta come va detta: il corpus sinfonico di Brahms è secondo, solo a quello beethoveniano, non solo per un motivo cronologico ma anche per la sua importanza, grandezza e bellezza. Nessuno fra Beethoven e Brahms seppe fare di meglio ma anche nessuno – compresi Bruckner e Mahler – lo seppero fare dopo.

Ed è in tutto questo che io vedo Brahms, più di altri, come il diretto successore di Beethoven. E non per l'assurda e fuorviante frase di Hans von Bülov: «la Decima Sinfonia di Beethoven», ma proprio per quella sofferta e ostinata ricerca di Brahms di partire dal modello beethoveniano,confrontandosi con esso per poi distaccarsene con tecniche completamente diverse e inedite e, pur tuttavia, rendendo gigantesca questa sua produzione sinfonica.

 

 

 

 

ps: Xenakis, colpa mia sicuramente, ma io la tua domanda non l'ho compresa. Ritenta se ti va!

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Ho meditato su quanto da voi scritto e, la mia conclusione è che, di quanto da me scritto, cambio “solo” la parte in cui affermo che l'Ouverture Die Weihe des Hauses” è il capolavoro sinfonico di Beethoven. In questa affermazione, mi rendo conto, c'è un'enfasi esagerata da parte mia, parlando di un compositore che, per altro, ha composto – questo sì! - tanti massimi capolavori sinfonici. Detto ciò continuo a pensare che questa Ouverture è l'unica opera sinfonica che si iscriva a pieno titolo nel terzo stile.

 

E fin quì, dico io, possiamo parlarne: credo che non sia vero, ma tutto sommato non ritengo che la precisazione sia del tutto importante, tutto sommato. L'unica obiezione razionale che posso fare, da pulce, come mio solito è: se nell'op. 124 Beethoven è arrivato a scrivere in questo fantomatico "terzo stile", come mai nell'op. 125 lo ha abbandonato per tornare indietro? mah, misteri della vita... questo probabilmente potrebbe solo convincerci che la separazione dei tre periodi, come giustamente dici dopo, è fittizia e solo di progressiva evoluzione si può parlare, tra l'altro riguardo al compositore che forse si è evoluto di più nella sua attività compositiva, insieme ad uno della cui evoluzione si parla sempre troppo poco (dandola per scontata e, per questo, minimizzandola), ovvero Giuseppe Verdi.

 

 

(...) come giustifichi l'equazione terzo stile=capolavoro? C'è qualcosa che avalli questa teoria, a parte la tua opinione personale? Attenzione: non voglio dire che La consacrazione della casa non sia un'ouverture meravigliosa, ma il fatto che sia o meno un capolavoro non può dipendere dall'appartenenza o meno al "terzo stile" (Carlos)

 

Mio caro Maestro – permettimi di chiamarti così perché così è giusto – l'equazione terzo stile=capolavoro è giusta se intendiamo, però, la stessa cosa. Andiamo per ordine. [omissis]

Dunque per concludere questo mio ennesimo pistolotto e per tirare le file del mio ragionamento, penso che il terzo stile beethoveniano abbia esaurito e portato a pieno compimento il discorso per quanto riguarda le Sonate e i Quartetti ma non per le Sinfonie perché, ripeto, la Nona nella sua colossale grandezza, non è pienamente ascrivibile a questo stile. Lo è già di più l'Ouverture “Die Weihe des Hauses” che soffre perché costretta e soffocata in mezzo a due giganti quali la “Missa solemnis” - anche questa non pienamente del terzo stile - e la Nona e lo sarebbe, sicuramente stata, la “Decima” se il gigantesco genio fosse campato più a lungo.

 

Prima di tutto, lascia stare il Maestro, che è rimasto a casa ;); dopodiché attenzione a dire "lo sarebbe sicuramente stata la Decima" perché dai pochi schizzi rimasti pare che invece con la Decima Beethoven sarebbe tornato ad un classicismo più "puro", quello che aveva ripreso con l'Ottava. In ogni caso, mi sta bene tutto quello che dici, ma continui a non rispondere, anche se là sopra in certo senso l'hai fatto, a questa tua affermazione:

 

(...) dico che “Die Weihe des Hauses” è il capolavoro sinfonico di Beethoven, perchè oltre ad essere stupenda è l'unica musica sinfonica che appartiene al terzo stile.

 

Quest'affermazione continua a non avere una giustificazione (e infatti nemmeno tu riesci a dargliela). Il fatto che La consacrazione della casa sia il capolavoro sinfonico di Beethoven è un'affermazione discutibile, almeno per me, logicamente. Io le preferisco altri lavori, del "periodo centrale" 8continuiamo ad usare, per comodità, queste divisioni, nonostante tutto) e non sono un grande fan nemmeno della Nona, a dire il vero. Ma il fatto che sia il capolavoro sinfonico di beethoven perché è l'unica musica che appartiene al terzo stile non solo è discutibile: è sbagliato a priori, perché postula un concetto dal quale ci si deve assolutamente liberare, ovvero che di un compositore (o anche solo di Beethoven, se vogliamo) gli ultimi lavori sono senz'altro i migliori. Può essere scioccante affermarlo, ma non è assolutamente detto! Se così fosse, la Sonata op. 111 sarebbe automaticamente meglio della “Waldstein”, la quale sarebbe certamente meglio della “Tempesta”, la quale sarebbe decisamente meglio delle Sonate op. 2 e così via... Il fatto che un compositore abba nel corso della sua lunga carriera compositiva un'evoluzione così importante da “costringere” qualcuno a fare una partizione dei suoi lavori per rendere scientifica questa divisione, non può e non deve significare automaticamente che l'evoluzione porti con sé sempre e solo un miglioramento ad ogni pezzo, e che, a quel punto, nella musica sinfonica il “capolavoro” sia non l'ultimo lavoro, ma l'unico appartenente allo stile tardo. C'è un eccesso di dogmi che in musica sono tanto assurdi quanto pericolosi.

 

Beethoven è stato un grandissimo sperimentatore e a questo suo bisogno di provare e di osare si devono opere così diverse tra loro, così come tentativi, poi ripresi dopo molto tempo, come ad esempio quello fatto con la Fantasia corale op. 80, ma affermare quello che tu hai affermato porta con sé un paradosso, che ti propongo: facciamo l'ipotesi che Beethoven avesse scritto effettivamente dieci sinfonie e che ce ne fossero due ascrivibili al “primo stile”, cinque al “secondo”, due al “terzo” e, l'ultima, a un ipotetico “quarto stile”. Stando al tuo ragionamento avremmo dovuto affermare senz'altro che la decima sarebbe stata “il capolavoro sinfonico di Beethoven perché è l'unica scritta nel quarto stile”? Rendo l'idea?

 

Detto tutto questo, resta certa una cosa: che siano o meno “il” capolavoro di Beethoven, lavori come La consacrazione, come la Nona (e non solo), saranno e resteranno sempre qualcosa per cui vale la pena fare il mestiere che facciamo, a prescindere da classificazioni e da “primati” cui ciascuno può dare il valore che ritiene.

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Insomma caro Maestro, diciamola tutta come va detta: il corpus sinfonico di Brahms è secondo, solo a quello beethoveniano, non solo per un motivo cronologico ma anche per la sua importanza, grandezza e bellezza. Nessuno fra Beethoven e Brahms seppe fare di meglio ma anche nessuno – compresi Bruckner e Mahler – lo seppero fare dopo.

 

Va bene. se ne facciamo una questione di gusti, posso dirti senz'altro che per me le Sinfonie di Brahms sono addirittura meglio, quindi pensa un po'... ;) Io cercavo di spostare il discorso su un livello più oggettivo, perché altriementi vale tutto.

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E fin qui, dico io, possiamo parlarne: credo che non sia vero, ma tutto sommato non ritengo che la precisazione sia del tutto importante, tutto sommato. L'unica obiezione razionale che posso fare, da pulce, come mio solito è: se nell'op. 124 Beethoven è arrivato a scrivere in questo fantomatico "terzo stile", come mai nell'op. 125 lo ha abbandonato per tornare indietro? mah, misteri della vita... questo probabilmente potrebbe solo convincerci che la separazione dei tre periodi, come giustamente dici dopo, è fittizia e solo di progressiva evoluzione si può parlare, tra l'altro riguardo al compositore che forse si è evoluto di più nella sua attività compositiva, insieme ad uno della cui evoluzione si parla sempre troppo poco (dandola per scontata e, per questo, minimizzandola), ovvero Giuseppe Verdi.

 

Ma è abbastanza ovvia la risposta: perché la Sinfonia 9 ebbe una genesi di molto anteriore, si parla del 1815, ma qualcuno suppone ancora prima, forse nel 1812 per i primi abbozzi. Perché è il risultato dell'unione di tre progetti di sinfonie diverse.

D'accordo su Verdi!

 

Prima di tutto, lascia stare il Maestro, che è rimasto a casa ; dopodiché attenzione a dire "lo sarebbe sicuramente stata la Decima" perché dai pochi schizzi rimasti pare che invece con la Decima Beethoven sarebbe tornato ad un classicismo più "puro", quello che aveva ripreso con l'Ottava.

 

Perfetto Carlos! Questo si riallaccia al mio discorso sull'Ottava: era quella la strada giusta che portava al terzo stile, un guardare al passato per rinnovarlo, per appropriarsene rinnovandolo.

 

Quest'affermazione continua a non avere una giustificazione (e infatti nemmeno tu riesci a dargliela). Il fatto che La consacrazione della casa sia il capolavoro sinfonico di Beethoven è un'affermazione discutibile, almeno per me, logicamente. Io le preferisco altri lavori, del "periodo centrale" 8continuiamo ad usare, per comodità, queste divisioni, nonostante tutto) e non sono un grande fan nemmeno della Nona, a dire il vero. Ma il fatto che sia il capolavoro sinfonico di beethoven perché è l'unica musica che appartiene al terzo stile non solo è discutibile: è sbagliato a priori, perché postula un concetto dal quale ci si deve assolutamente liberare, ovvero che di un compositore (o anche solo di Beethoven, se vogliamo) gli ultimi lavori sono senz'altro i migliori. Può essere scioccante affermarlo, ma non è assolutamente detto! Se così fosse, la Sonata op. 111 sarebbe automaticamente meglio della “Waldstein”, la quale sarebbe certamente meglio della “Tempesta”, la quale sarebbe decisamente meglio delle Sonate op. 2 e così via... Il fatto che un compositore abba nel corso della sua lunga carriera compositiva un'evoluzione così importante da “costringere” qualcuno a fare una partizione dei suoi lavori per rendere scientifica questa divisione, non può e non deve significare automaticamente che l'evoluzione porti con sé sempre e solo un miglioramento ad ogni pezzo, e che, a quel punto, nella musica sinfonica il “capolavoro” sia non l'ultimo lavoro, ma l'unico appartenente allo stile tardo. C'è un eccesso di dogmi che in musica sono tanto assurdi quanto pericolosi.

 

Qui sei tu, con questo discorso che metti in primo piano il gusto a dispetto del valore intrinseco e estrinseco dell'opera. I capolavori più assoluti di Beethoven – come di Verdi – sono quelli del suo ultimo periodo. Non sono io a dirlo che sono il classico due di bastoni quando a briscola è coppe, ma tutta la musicologia. Poi se uno crede può benissimo preferire le Sonate dell'Opus 2, i Quartetti dell'Opus 18, ma, questo sì, è un suo gusto personale.

 

Beethoven è stato un grandissimo sperimentatore e a questo suo bisogno di provare e di osare si devono opere così diverse tra loro, così come tentativi, poi ripresi dopo molto tempo, come ad esempio quello fatto con la Fantasia corale op. 80, ma affermare quello che tu hai affermato porta con sé un paradosso, che ti propongo: facciamo l'ipotesi che Beethoven avesse scritto effettivamente dieci sinfonie e che ce ne fossero due ascrivibili al “primo stile”, cinque al “secondo”, due al “terzo” e, l'ultima, a un ipotetico “quarto stile”. Stando al tuo ragionamento avremmo dovuto affermare senz'altro che la decima sarebbe stata “il capolavoro sinfonico di Beethoven perché è l'unica scritta nel quarto stile”? Rendo l'idea?

 

A parte le battute non è questo il punto. Il terzo stile beethoveniano è un miracolo assoluto, questo è il punto. Tutti i compositori più grandi hanno dato il meglio di sé, negli ultimi anni: Bach, Mozart, Beethoven, Schubert, Brahms... Forse ci sarà qualche eccezione, ma le eccezioni non confermano la regola

 

Detto tutto questo, resta certa una cosa: che siano o meno “il” capolavoro di Beethoven, lavori come La consacrazione, come la Nona (e non solo), saranno e resteranno sempre qualcosa per cui vale la pena fare il mestiere che facciamo, a prescindere da classificazioni e da “primati” cui ciascuno può dare il valore che ritiene.

 

Ecco! Su questo non solo sono d'accordo al 100% con te, ma spero che tutto questo lo sappiano riconoscere anche i potenti della Terra e sappiano tenervi in considerazione per quello che siete e meritate di essere considerati

 

Va bene. se ne facciamo una questione di gusti, posso dirti senz'altro che per me le Sinfonie di Brahms sono addirittura meglio, quindi pensa un po'... Io cercavo di spostare il discorso su un livello più oggettivo, perché altrimenti vale tutto.

 

Carlos, guarda che il mio è livello oggettivo: molti pensano che sia così. E quando dico molti non dico i due di bastoni ma gli assi di coppe! B)

Comunque, detto fra noi, parlando di gusti, io non so quali preferire! :wub:

 

Ciao caro Maestro e grazie per la tua gentilissima attenzione! :thumbsu:

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Qui sei tu, con questo discorso che metti in primo piano il gusto a dispetto del valore intrinseco e estrinseco dell'opera. I capolavori più assoluti di Beethoven – come di Verdi – sono quelli del suo ultimo periodo. Non sono io a dirlo che sono il classico due di bastoni quando a briscola è coppe, ma tutta la musicologia. Poi se uno crede può benissimo preferire le Sonate dell'Opus 2, i Quartetti dell'Opus 18, ma, questo sì, è un suo gusto personale.

 

Hmm... non mi convince molto questo assolutismo. Capisco la tua posizione e capisco anche che bisogna intendersi, come sempre, sia sul valore “intrinseco” sia su quello “estrinseco”, per dirla con te. Voglio dire che, senz'altro, non si può non considerare l'evoluzione dello stile in termini di complessità formale, abilità di elaborazione del materiale, ricchezza e, quel che è decisamente fondamentale, arditezza nell'uso dell'armonia, ma la musica non è fatta solo di questi elementi, bensì della sintesi tra l'innovazione e l'esito musicale raggiunto (e, attenzione, questo problema, ovvero quello della progressiva divaricazione tra gli aspetti intrinseci e quelli estrinseci, lo si ritroverà di lì a non molto nella musica della Seconda Scuola di Vienna).

 

La Sonata op. 106 - per dirne una - è, per molti versi, un caposaldo della letteratura pianistica e, più in generale, della letteratura musicale, ma siamo sicuri che sia “più capolavoro” di una meraviglia come, ad esempio, la Sonata “Les Adieux” op. 81a? È una domanda che naturalmente non può prescindere da valutazioni soggettive, ma vorrei puntare l'attenzione sulla combinazione tra “edificio compositivo” (detto male, ma spero che si capisca) ed “esito musicale” (che deve rimanere - almeno nella mia modestissima opinione - l'obiettivo finale di un autore). Voglio dire che certamente la spinta innovativa di Beethoven ha un'importanza incacolabile e decisamente indiscussa, ma, ad esempio, trovo che un brano come Coriolano presenti, nonostante (o forse “grazie a”) una notevole economia di mezzi espressivi (sia strumentali, sia tematici, sia di struttura generale) un equilibrio e una sintesi tra questi e il risultato espressivo che mi spingono a considerare quel pezzo insieme ai grandi capolavori di Beethoven (e allo stesso modo e per identici motivi considero “Rigoletto” un capolavoro sullo stesso piano di “Otello”, nonostante le enormi differenze, ma in considerazione proprio della sintesi tra elementi “intrinseci” ed “estrinseci” - spero di riuscire a chiarire il mio punto di vista).

 

La Messa in si minore è “meno capolavoro” dell'Arte della Fuga? O il valore dell'Arte della Fuga è più spostato sull'aspetto costruttivo dell'opera, mentre quello della Messa in si minore su quello espressivo?

 

E La consacrazione della casa è senz'altro “più capolavoro” della Leonore III (questa sì, spero che nessuno abbia alcun dubbio, una vetta delle vette!).

 

Non lo so, sono domande che continuo a farmi e che mi fa piacere proporre, visto che la discussione è molto interessante.

 

Carlos, guarda che il mio è livello oggettivo: molti pensano che sia così. E quando dico molti non dico i due di bastoni ma gli assi di coppe! B)

 

Sì, lo so, ma io stavo parlando della “discendenza” diretta rispetto alla Nona, che ha rappresentato per molti compositori il punto di ri-partenza del sinfonismo e, sappiamo, per almeno due dei più grandi sinfonisti (ovvero Bruckner e Mahler) una vera spada di Damocle. Brahms (che, detto per inciso, è il mio compositore preferito, seguito a ruota proprio da Beethoven) è molto meno innovativo del suo predecessore, a questo mi riferivo quanto più sopra affermavo che “si inserisce in un filone più "normale" rispetto a Bruckner” eccetera. Ma, proprio per il discorso che facevo qui sopra, ovvero della combinazione tra costruzione formale ed esito musicale, mi sembra che abbia, Brahms intendo, raggiunto livelli davvero ineguagliati dal punto di vista espressivo, pur mantenendosi all'interno di una “tradizione” molto legata a modelli classici.

 

Ciao caro Maestro e grazie per la tua gentilissima attenzione!

 

Ciao, e grazie a te: è un piacere parlare di questi argomenti.

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[accidenti! Ascoltare continuamente in questi giorni La consacrazione della casa mi sta facendo amare morbosamente il Beethoven “eroico”... anche più di quel che vorrei]

 

Perchè è alla voce di quel Beethoven (quello eroico) che mi pare appartanga questa Ouverture... 'muscolare' come non so che altro. Scusate ma, tanto fulgore (anche con un sentore haendeliano) mi pare il risultato di una sistesi tra il finale della Quinta e la stretta finale di Leonore III messe insieme.

 

Se parliamo di “stile”, io insito a promuovere come quintessenza del terzo stile il primo movimento della Nona: proprio per quelle caratteristiche che ho elencato nell'altro mio messaggio. Dato per buono l'elenco di Frank delle peculiarità del terzo stile (per me è buono), vi chiedo: ce n'è una – una almeno! – che si trovi nella Consacrazione della casa? Illuminatemi per favore.

 

Ma parlare di 'stile' a me interessa fino a un certo punto. Più che focalizzarmi su secondo e terzo 'stile', trovo interessare cogliere come è mutato negli anni il mondo emotivo, l'idea, la concezione ideale di Beethoven.

Ma prima di parlare in questi termini di quel che mi sta a cuore, vorrei provare io a rispondere alla domanda che Xenakis pone a Daniele: «Che cos'è lo stile?».

Io risponderei così: è il modo, o i modi, in cui qualcosa viene fatto. E, in campo artistico, è il modo o i modi in cui l'idea originaria dell'opera prende corpo (colori, suoni, versi) e viene espressa.

 

Negli ultimi anni Beethoven approda a radicali mutamenti stilistici, ma quel che più conta (per me) è il cambiamento dell'idea di fondo che si avverte nelle sue opere.

Se 'il Beethoven' che si è manifestato il modo lampante con la Terza Sinfonia (e tutto il quel che ne è seguito) mi pare ragionevole definirlo 'eroico', quello delle sue opere più tarde non saprei come definirlo. Mi basta chiamarlo 'l'ultimo Beethoven', ben cosciente che questo non dice nulla. Ma volendo spendere qualche parola (oltre ai semplici aggettivi più o meno calzanti), mi pare che l'idea di fondo del Beethoven eroico sia quella di una lotta: il famoso voler «afferrare il destino per la gola» che in molte sue opere di questo periodo si sostanzia nella tensione drammatico-dualistica della forma sonata. La musica di questi anni ha una direzionalità, tormentata quanto si vuole, da un principio avverso, buio, drammatico, ed evolve verso un finale radioso conquistato non senza fatica. Nell'ultimo Beethoven si sente invece la posizione di un uomo che sa trarsi in “disparte” rispetto alla scena del mondo, e approda a una visione più comprensiva. Non che vi siano eliminati i tormenti del vivere, ma il gesto deciso dell'uomo forte che si butta nella lotta, cede allo sguardo di un uomo – non meno forte – che questa vita coglie con le sue contraddizioni, conscio che vadano vissute fino in fondo.

 

Questi, per me, sono i 'due Beethoven' che stanno al di sotto degli 'stili'.

 

Detto questo, e riportando a questi termini il discorso, c'è una cosa in cui concordo con quanto affermato da Daniele, ossia che la Nona non appartenga completamente all'ultimo Beethoven. Con questo però non intendo affatto che ognuno dei suoi movimenti sia un miscuglio stilistico in cui si trovino tratti caratteristici degli anni eroici e degli ultimi anni (oddio, magari dopo una seria analisi stilistica può venir fuori che invece è così, ma la cosa non è che mi interesserebbe granchè). Quello che intendo dire, è che nella Nona avverto un enorme spostarsi che parte dalle regioni speculative dell'ultimo Beethoven (primo movimento) per arrivare al terreno gagliardo del Beethoven eroico (il Finale). Quando m'interrogo sul senso di questa sinfonia, trovo che questa dinamica, questo enorme spostarsi, ha le sue buone ragioni d'essere. E aggiungo che non la ritengo in nessun modo una sorta di “regressione”: l'ultimo Beethoven non è – per me – migliore o più bello di quello eroico. È solo differente: meravigliosamente differente.

 

E chissà che uno dei tanti fattori che rendono la Nona Sinfonia ciò che è, non sia questa sua 'apertura di braccia', così vasta, da riuscire a fare incontrare (nel medesimo capolavoro) i due Beethoven.

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[accidenti! Ascoltare continuamente in questi giorni La consacrazione della casa mi sta facendo amare morbosamente il Beethoven “eroico”... anche più di quel che vorrei]

 

Perchè è alla voce di quel Beethoven (quello eroico) che mi pare appartanga questa Ouverture... 'muscolare' come non so che altro. Scusate ma, tanto fulgore (anche con un sentore haendeliano) mi pare il risultato di una sistesi tra il finale della Quinta e la stretta finale di Leonore III messe insieme.

 

Se parliamo di “stile”, io insisto a promuovere come quintessenza del terzo stile il primo movimento della Nona: proprio per quelle caratteristiche che ho elencato nell'altro mio messaggio. Dato per buono l'elenco di Frank delle peculiarità del terzo stile (per me è buono), vi chiedo: ce n'è una – una almeno! – che si trovi nella Consacrazione della casa? Illuminatemi per favore.

 

Un motivo io te lo avevo già dato ed è questo: Lì, ispirandosi a Händel, conclude con quell'Allegro fugato che è questa veramente, espressione della magistrale tecnica compositiva dell'ultimo Beethoven.

 

 

E chissà che uno dei tanti fattori che rendono la Nona Sinfonia ciò che è, non sia questa sua 'apertura di braccia', così vasta, da riuscire a fare incontrare (nel medesimo capolavoro) i due Beethoven.

 

Fermo restando che la Nona è un capolavoro, sIcuramente la rende più popolare di quello che non sono gli ultimi quartetti e le ultime sonate.

Comunque alla fin fine quello su cui possiamo convenire tutti noi - e questo mi da un immenso piacere - è constatare, aldilà delle preferenze personali, che esiste sì, un unico Beethoven, ma che è quello che compose musica dal 1782 al 1826 e che, in barba agli stili e al Lenz, portò la musica dal tardo periodo galante e classico, sfiorando il romanticismo, al Novecento con un secolo di anticipo. E se questo non vuol dire essere un genio, ditemi voi cosa vuol dire! Beethoven è stato uno degli ingegni più assoluti dell'umanità, è questo di cui dobbiamo prendere atto. Piaccia o no!

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Ma suvvia: un fugato non è prerogativa di "ultimo Beethoven" !

é piena di fugati la sua opera sinfonica . . . marcia funebre dell'Eroica, Finale dell'Eroica, terzo movimento della Quinta, Allegretto della Settima, sviluppo dell' primo movimento dell'Ottava . . .

 

Se poi dici che esiste un unico Beethoven, supportando l'affermazione dicendo che è quello che ha composto musica dal 1782 al 1826 . . .

Ma certo che convengo! : non mi passa neanche per la testa che fossero due persone distinte.

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Allora facciamo così, te lo faccio dire da Carli Ballola, poi...vedi tu, fai come vuoi! :)

 

Per la sua novità di concezione, "La consacrazione della casa" rappresenta un unicum nell'intera opera sinfonica beethoveniana. Dietro le sue impressionanti architteture si profilano non tanto la Nona e la Missa, ma piuttosto i muti fantasmi dell'Ouverture sul nome di Bach e della Decima sinfonia, con i suoi cataclismi sonori.

 

Poi, se non ti piace Ballola, andiamo con Cappelletto:

 

Un omaggio a Haendel ... Ma Beethoven non si limita a citare ed inventa; il pianissimo dei fiati nella marcia introduttiva, il Maestoso sostenuto, la fanfara di trombe e fagotti, il passaggio degli archi soli, preludono alla creazione polifonica dell'Allegro con brio; il tema viene ripreso e variato, l'edificio cresce insieme in altezza e solidità, s'innalza insieme al dilagare di tutta l'orchestra, lo sfolgorio del do+ finale supera ogni concezione tematica e il suono si afferma come pura forza. Dieci minuti di musica che rappresentano un "pezzo unico" del catalogo beethoveniano.

 

Se poi, come temo, non ti piacciono né Ballola nè Capelletto, te ne propongo un terzo che so che ti piace molto: Ugo Morale:

 

L'opera è in due movimenti un Maestoso sostenuto e un Allegro con brio; anche le idee sono due e contrastanti: una magnifica marcia enunciata in pianissimo e la grande fuga di stampo haendelliano condotta con raro talento compositivo.

 

Più di così non so dire...! :wub::gym:

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Attenzione però. Tutto questo va benissimo ed è perfettamente condivisibile, ma nessuno dei tre parla né di “terzo stile” né del “più grande capolavoro sinfonico” del catalogo Beethoveniano... ;) Carli Ballola parla (giustamente) di un “unicum nell'intera opera sinfonica beethoveniana”, la stessa cosa dice Cappelletto quando parla di un “pezzo unico del catalogo beethoveniano” [entrambe le cose, bada bene, varrebbero anche per la Nona Sinfonia, tanto per dire... :P] e Morale si tiene su un più distante “raro talento compositivo”. Nessuna di queste affermazioni contrasta con le nostre.

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Ballola Cappelletto e ugo Morale mi piacciono tutte tre (e mi piace anche ciò che scrivono sull'opus 124!).

Così al volo (senza andare a tirarli giù dalla libreria) mi pare che Ballola e Cappelletto si trovino (citati) in Beethoven, signori il catalogo è questo! e Morale nel suo Introduzione a Beethoven. Giusto?

 

Ma le mie orecchie continuano a sentire l'op. 124 come una splendida roccia del Beethoven eroico (alla Max Klinger, per intenderci).

E ascoltarla è qualcosa che letteralmente fa bene, risolleva dalla polvere, un ipocondriaco lagnone quale spesso mi ritrovo ad essere.

 

Proposta semiseria:

una discriminate personale che mi fa identificare in un brano la voce dell'ultimo Beethoven è . . .

quando non riesco a impararlo a memoria pur ascoltandolo tante volte!

Per imparare a memoria non intendo dire conoscere le note, ma semplicemente, durante l'ascolto, sapere "dove va" il brano.

Sono trent'anni che ascolto le sinfonie di Beethoven. Dopo un po' di ascolti, diciamo nel giro di un anno o due, di tutti i movimenti conoscevo "il sentiero" (per il primo movimento dell'Eroica è stato più lungo imparare a non perdersi).

 

il primo movimento della Nona invece non sono mai riuscito ad impararlo. Ogni volta era come un mistero nuovo tutto da vivere.

Solo tre anni fa - quando mi sono procurato la partitura e la Lettura di Mila - ho capito dove erano le giunture, i nervi, le articolazioni di questo meraviglioso organismo che prima mi arrivava come un blocco monolitico.

Sotto certi aspetti rimpiango un po' quel rapporto spontaneo che avevo prima.

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Non c'è dubbio alcuno che in questa ouverture ci sia, all'inizio, anche il Beethoven eroico e francamente, mi spiace molto che in questa discussione, alla fin fine io faccia la figura del detrattore della Nona - la mia più amata sinfonia in assoluto, assieme alla Quarta di Brahms :wub: -

Carlos, nessuno degli assi di coppe dice che l'Ouverture "La consacrazione della casa" è l'unica opera del terzo stile beethoveniano perché a dirlo è il due di bastoni. :blink:

L'ho già detto e lo ripeto: io non leggo le partiture perché non ne sono capace - e mi dispiace tantissimo in verità :(:Cry: - ma affido le mie sensazioni a quello che ascolto in primis e a quello che leggo poi.

Allora io sostengo che la costruzione dell'Allegro fugato di questa Ouverture sia di una complessità che non trova pari in altre composizioni sinfoniche - compreso Eroica e Nona - beethoveniane e che questo sia stato l'annuncio di quello che, solo purtroppo, è rimasto nel cervello del compositore.

A questo punto io non posso fare altro che invitarvi, a fornirvi di questa partitura - e se già l'avete tanto meglio - e a smentire o confermare questa mia sensazione.

Se sbaglio, ne prenderò atto, ma se ho ragione me la dovrete dare. Ma....si fa a non barare eh! :hot:

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Daniele,

anch'io vorrei dire una cosa che ti ho già detto: non dispiacerti di non saper leggere una partitura (a meno che tu voglia suonare uno strumento). Per ascoltare e vivere la musica servono mente-cuore-voglia-dedizione. E tu - lo so bene - hai tutto.

 

Detto questo . . .

1) la 'complessità' di un brano è fatta di molti fattori: l'aspetto formale, l'armonia... Quello che un'analisi della partitura può fornire a colpo d'occhio, è un conteggio delle parti reali. Se è un raffronto di questo tipo ciò che ritieni opportuno, spero che possa accontentarti Carlos. io dovrei stare mezz'ora su una pagina quando a lui costerebbe mezzo minuto.

 

2) se anche da un controllo come sopra detto venisse fuori che "ai punti" l'opus 124 non è il brano sinfonico più complesso, le tue sensazioni che in primis ascolti - e a buon diritto! - continuerebbero ad attestarti il contrario.

 

3) ma il motto (uno dei motti) di Beethoven non era «Sempre più semplice!» ?

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Ascoltami amico mio, francamente non so dove tu deduci che il motto beethoveniano fosse quello.

Quello che però a me pare molto chiaro - e in questi giorni tu che segui le lezioni di musica su Radio tre non puoi che darmene atto - fu la capacità di Beethoven di saper creare - e questo in tutti i suoi supposti stili - dalle cose più semplici e insignificanti delle cose monumentali. Nei suoi ultimi anni di vita seppe, in questo, arrivare a vette invalicabili. Il tutto unito ad una bellezza sublime. Se siamo d'accordo - come penso - su questo, il discorso può anche considerarsi concluso qui, perché, alla fin fine questa è la cosa più importante.

Sulle mie convinzione in proposito all'Ouverture di cui qui parliamo, tali restano Comunque sia mi prendo il merito di aver richiamata l'attenzione su un pezzo sinfonico di Beethoven che, a dispetto del suo grandissimo valore, non è conosciuta e non ha la fama delle altre ouverture pur meritandola tutta, se non di più.

Spero che il nostro Direttore e Maestro nella sua carriera che gli auguro sia splendida, sappia fare tesoro di tutto ciò, incidendo e valorizzando questo pezzo come si deve.

 

Con questo io vi mando un caro saluto...e viringrazio di cuore!

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Sulle mie convinzione in proposito all'Ouverture di cui qui parliamo, tali restano. [...] Spero che il nostro Direttore e Maestro nella sua carriera che gli auguro sia splendida, sappia fare tesoro di tutto ciò, incidendo e valorizzando questo pezzo come si deve.

 

Ecco... <_< Stavo per rispondere diversamente, riferendomi a un post più indietro, riguardo la complessità della partitura, ma dopo queste due “perle” forse non ne val la pena... ;)

 

Con questo io vi mando un caro saluto...e viringrazio di cuore!

 

Altrettanto. Ciao!

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ps: Xenakis, colpa mia sicuramente, ma io la tua domanda non l'ho compresa. Ritenta se ti va!

 

 

 

Leggendo i tuoi scritti fai ricorso spesso al concetto di stile (ovviamente compositivo), ma quando viene descritto puntualmente e questa idea si discosta da quella che ti sei fatto, sembri ignorarlo.

 

Lo stile compositivo è fatto di elementi che si possono desumere in tanti modi, dalla partitura ad una grande capacità d'ascolto.

 

Nel caso di Beethoven, una serie di caratteristiche fa si che un brano sia classificabile come suo primo, secondo o terzo stile...su quello che non ha potuto fare non ci possiamo pronunciare.

Che poi un insieme di caratteristiche, riscontrabili in partitura, non viene percepito come tale … è legato all’aspetto personale percettivo/ricettivo, ed è giusto che sia così…ma la tecnica e gli accorgimenti compositivi sono quelli di un compositore che (anche nella nona) ormai aveva già mutato la sua cifra stilistica. Gli elementi sono puntualmente descritti qualche post più su…mi sarei aspettato che qualcuno dicesse che molti di quei tratti non erano riscontrabili. Non è avvenuto ma non è un problema, non devo convincere nessuno…chi leggerà si farà la propria idea sull’argomento e si spera senza basarsi solo sul forum, non che ci sia niente di male, ma quell oche c'è da vedere e sentire ce l'ha già lasciato Beethoven.

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(...) mi sarei aspettato che qualcuno dicesse che molti di quei tratti non erano riscontrabili. Non è avvenuto ma non è un problema (...) quello che c'è da vedere e sentire ce l'ha già lasciato Beethoven.

 

Sante parole. Il problema è saperlo leggere... ;)

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