Jump to content
Piano Concerto - Forum pianoforte

Come Beethoven tratta le variazioni


Frank
 Share

Recommended Posts

Colgo lo spunto di Luca

 

Non trovate che l’andare fuori tema in una discussione (cosa che a me non disturba mai quando è fatta con garbo e voglia di confrontarsi) sia un po’ l’equivalente del modo in cui Beethoven ha trattato le variazioni nei suoi ultimi lavori!?

 

Per chi volesse raccontare qualcosa, Luca in primis ;)

  • Like 1
Link to comment
Condividi su altri siti

In primis… eccomi!

 

Bello Frank che tu abbia aperto una discussione su un tema così tosto, dando “giusta sede” a degli spunti fioriti nell’altra discussione (quella che ora si chiama "Variazioni" per un’amica ). Come dicevo là, a me non dispiace andare fuori tema, quando la cosa porta a nuovi temi belli e interessanti. È un po’ come cercare in una miniera: si cerca qualcosa, di trova anche qualcos’altro; altrettanto buono, altrettanto interessante. È un po’ come la vita: tutto è mischiato, nulla (o quasi) è puro.

 

Riporto qui in blu (per chiarezza) due cose che mi sono piaciute che hai scritto in quella discussione.

Volevo aggiungere poi qualcosa e, tra le due, questa mi pare la discussione più pertinente.

 

«Visto che la musica è fatta anche di codice e sintassi trovo appropriato parlare di linguaggio anche se c’è da dire che è connotata ma non denota, può avere più sensi ma nessun significato» (Frank)

 

«Secondo me per apprezzare una cosa non bisogna per forza conoscerne il meccanismo» (Frank)

 

Mi fa piacere che ‘significato’ lo accetti nel parlare di opere musicali. E sono d’accordo con te sul fatto che la musica sia «connotata ma non denota, può avere più sensi ma nessun significato».

[Che fatica! Quando si parla di musica bisogna sempre aprire i vocabolari che abbiamo in mano per vedere se i significati dei termini che usiamo coincidono; in altri ambiti la discussione è più facile: almeno sui termini]

Credo che sia una caratteristica delle opere più coinvolgenti quella di avere, o lasciarsi attribuire, più ‘sensi’ o ‘significati’. Ho sempre usati questi due termini come sinonimi, forse ho fatto male. Se vuoi, dimmi qualcosa a proposito (mi piacerebbe).

Sono d’accordo anche sulla non necessità di conoscere il meccanismo di una cosa per poterla apprezzare. In tal senso – parere mio – chi non sa leggere la musica, per quanto concerne la possibilità di sviluppare un ‘rapporto amichevole’ con questo o quel brano, non ha nulla da invidiare a chi ne legge le note sul pentagramma solo per “seguire meglio”.

 

Entrando (e uscendo subito, purtroppo) dalla discussione, rispondo velocemente a ttw.

Pensavo, soprattutto, all'opus 111 e all'ultimo movimento dell'opus 109. Ma non solo. Anche alle Diabelli.

Scusatemi: quel poco di sole che esce (adesso!) mi chiama al parco. Mi riprometto di scrivere stasera.

un caro saluto a tutti :)

Luca

Link to comment
Condividi su altri siti

Il modo con cui Beethoven tratta la 'variazione' in alcune opere delle sue ultime stagioni creative, è come l'evolvere di un discorso tra due o più persone. Non un discorso che vorrebbe attenersi 'al tema' (come quelli che si aprono nei forum), ma come quelli che sono da sempre i discorsi “normali”: si passa da un argomento all'altro, senza un'apparente ragione; e spesso ci si ritrova a discutere di qualcosa chiedendosi – senza saper rispondere – come si è arrivati fin lì e da dove si era partiti. Anche nei forum però la nostra natura viene fuori: andiamo spesso – felicemente – fuori tema, ed è una delle cose su cui i moderatori, saggiamente, lasciano correre.

Se quando una persona propone un tema si volesse la certezza di non andare fuori (almeno non troppo) un sistema ci sarebbe: chi risponde dovrebbe farlo leggendo solo 'il tema' e non tener conto, neanche minimamente, di altre risposte precedenti. Schematicamente si creerebbe così un 'girotondo di opinioni': come una ruota il cui centro è 'il tema' con dei raggi che, come ponti, collegano il centro a tante 'isole di pensiero' ognuna in sé ben definita.

È così, secondo questo schema, che sento ad esempio le Variazioni sulla Follia di Corelli che Daniele ha proposto nella discussione “Variazioni” per un'amica. A questo modo di comporre appartengono molte altre variazioni. A me vengono in mente soprattutto quelle del periodo barocco. Proprio le Goldberg potrebbero esserne l'emblema più cospicuo: ogni variazione ha una sua autonomia espressiva; al punto che se volessi suonarne solo alcune (privatamente, non in concerto), ciò non costituirebbe uno scempio. Eseguire la sola Aria del tema, è già in sé una grande soddisfazione. È bello ascoltarla. È bella e, quanto a 'densità emotiva', regge il confronto con qualunque delle trenta variazioni che Bach ne ha fatto seguire.

 

Si possono dire le stesse cose per l'Arietta dell'opus 111 e per il valzerino delle Diabelli? Quest'ultimo non è di Beethoven, certo. Ma in ogni caso, a parte il tema di Diabelli, né l'Arietta dell'opus 111 né i temi delle variazioni contenute nelle sonate opus 106 e 109, pur essendo incantevoli quanto l'Aria delle Goldberg, si lascerebbero così impunenente isolare da quanto segue.

Inoltre 'quanto segue', in ognuno dei casi, ci porta lontano, molto lontano. Così come in un discorso che si sa dove inizia ma non si sa dove potrà arrivare, le diverse variazioni che Beethoven accosta in questi cicli non si rapportano direttamente al loro tema, ma ognuna scaturisce da quella che la precede e 'chiama' quella che la segue. Come si potrebbe pensare di isolarne qualcuna!?

La concatenazione non è più 'a cerchio' – col tema al centro – ma 'a catena'. Si può pensare anche a un 'viaggio': con una sua direzionalità, con una sua meta, un suo destino. Poi questo 'destino' può avere molti nomi: è un destino di morte nell'Adagio dell'opus 106, un dolce ritorno nel Finale dell'op. 109, una luminosa dissoluzione nell'op. 111, ma questo non ha molta importanza (anche perchè si potrebbe discutere a lungo). Quello che ha importanza è che in ogni caso questa musica è un andare verso qualcosa.

 

E in questo modo che Beethoven adotta di far 'viaggiare' la musica delle sue ultime variazione, c'è spazio per l'imprevisto, l'imprevedibile, il “fuori tema”...Come in una discussione!

Chi sospetterebbe che il valzerino di Diabelli arrivasse a trasfigurarsi nella Sfinge della XX variazione? O anche che sopportasse bonariamente l'incursione di Leporello nella XXII !

Chi sospetterebbe che dalla grazia dell'Arietta nell'op. 111 venisse fuori – in così poco tempo! – quel turbine della III variazione che, come un ripidissima parete rocciosa, ci porta in una dimensione dove tutto è trasfigurato?

 

buon primo maggio a tutti ! :camp:

Luca

  • Like 1
Link to comment
Condividi su altri siti

Ciao a tutti.

 

Non entro naturalmente nella questione, già dibattuta prodigiosamente da Luca. (non credo che lo abbia detto, ma si cimentò tempo addietro con giustezza alla scrittura di un bel libro circa l' itinerario spirituale della Nona Sinfonia). Essendo però stata tratta l' Arietta della sonata in do minore,vi lascio qui il link con l' abbozzo del tema di detta sonata. http://www.lvbeethoven-music.it/Beethoven-Mp3/Biamonti/Biamonti741.mp3 , tema citato dal Nottebohm, Zweite Beethoveniana, pagina 471. http://www.lvbeethoven.it/Opere/Beethoven-Midi-Mp3-Biamonti.html

Il pianoforte dell' Mp3 è stato da me campionato da quello conservato alla Beethoven Haus, Conrand Graf, Sala 8, secondo piano.

 

Ciao!!!

Link to comment
Condividi su altri siti

Ciao Lory!

 

Certo! Niente di impossibile: un registratorino DAT, un file Wav per ogni tasto del piano ( un paio di gb in tutto) poi si trasforma il tutto in una libreria .nki importabile nella kontakt 4 o 5. Infine si crea un midi con un sequencer (io mi trovo bene con Sonar x2) e come modulo esterno si usa la kontakt.... Col suono caricato. Infine, si esporta il tutto come file wav trasformabile in mp3 (o direttamente in mp3 a medio bitrate per internet) Inversamente, si puó suonare e registrare da una tastiera col suono precaricato. Naturalmente io preferisco il primo sistema,dal momento che il mio interesse (momentaneamente) è quello di fare cultura ed informazione e non Arte. Ho moltissime librerie di tastiere storiche, in formato nki.... Ah! Dimenticavo! Serve anche un Amico (maiuscola d' obbligo) come Luigi che ti introduca nel mondo del BH, ed io....beh, io ne ho uno!

Link to comment
Condividi su altri siti

Cara Lory,

 

Ha proprio ragione Frank! Si comincia a parlare di un argomento, e poi si trasla su piani diversi. In effetti, però, è come quando si conversa fra amici. La compagnia è ottima, gli argomenti interessanti.... Ci perdoneranno questa piccola digressione fra amici. Un tutorial per affrontare questo lavoro piuttosto complesso è qua: http://www.matsc.net/kontakt%202-i.html ed è valido per NKI e per i NKS. D' altro canto, si può ingannare il programma semplicemente andando nella cartella contenente i files in formato Wav di un' altra libreria e sostituire i files presenti con i propri, rispettando però il bitrate, il samplerate e - ovviamente - il formato. Sò che si può anche intervenire sui files GIG, che Kontakt riconverte, ma sinceramente non l' ho mai fatto e va al di là del mio limitato interesse per l' argomento. Se ti interessa però il suono del piano beethoveniano, non esitare a chiedermelo: te lo invierò senza indugio!

 

Con Amicizia,

 

A----------------------------------------------------

Link to comment
Condividi su altri siti

Ehm…ehm…. Armando… :rolleyes: veramente l’avevo detto io :Whistle: … non Frank… Voglio il copyright :D !!!

 

Anche questa discussione mi ha confermato la mia idea :lol: (non che la mia idea fosse chissà che :mellow: ).

 

Poi però ho pensato un’altra cosa: un’altra immagine.

Se il modo di condurre le variazione dell’ultimo Beethoven somiglia a una ‘catena’, con una sua direzione – precisa benché imprevedibile – oppure (più bello) a un viaggio

le nostre discussioni sono invece meglio rappresentate dall’immagine di ‘un albero’: c’è il fusto (il tema principale, che evolve), ma ci sono anche rami attaccati, E questi rami prendono una loro direzione, una loro vita.

 

(Grazie per il tuo ricordo del mio scritto sulla Nona di tre anni fa!)

Ma. . . a proposito di Arietta della 111: è molto interessante ascoltare l’abbozzo che hai segnalato - - > Proprio per fare un confronto con il “prodotto finito”: cioè l’Arietta così come la sentiamo nella 111.

Da questo confronto mi vengono pensieri sul modo di comporre di Beethoven - - - - > pensieri che mi erano venuti la prima volta quando, anni fa, postasti [pass. remoto di 'postare' . . . prima e ultima volta che lo uso] quello scritto di Cecilio De Roda sul quaderno di schizzi della canzona di ringraziamento dell'opus 132.

Ma, per ora, questi pensieri li tengo per me. Prima di far spuntare un secondo ramo dal fusto delle discussione, aspetterei se c'è qualcuno che vuol continuare sul "fusto" del "Come Beethoven tratta le variazioni" . . .

 

Kuss der ganzen Welt! . . . a tutti !

in particolare a TheSimon

 

Luca

Link to comment
Condividi su altri siti

A proposito di fusto, Luca, mi è venuto in mente che forse sarebbe dunque meglio partire dalle radici, risalendo al fusto arrivando, dunque ai rami e alla vasta e monumentale chioma che Beethoven creò in merito alle Variazioni per poi vedere, infine, come questa robusta pianta abbia dato i suoi frutti. Frutti che come vedremo matureranno fino al secolo scorso.

Le Variazioni, come si sa, furono presenti in buona parte della vita compositiva di Beethoven - la sua prima opera composta a soli 11 anni, furono proprio le “Variazioni per pianoforte su una marcia di Dressler WoO 63”

 

 

La prima serie di una certa qualità sono le “24 Variazioni per pianoforte sul tema “Venni amore” di Righini WoO 65", risalenti alla primavera del 1791. Piero Rattalino di loro così scrive: «L'Arietta di Righini è schematica e scheletrica quanto basta per poter subire senza danno tutti i travestimenti a cui Beethoven la sottopose, e presenta anche la caratteristica di adattarsi bene a una delle possibilità del pianoforte – la contrapposizione di suono staccato e suono tenuto – che più sta a cuore al giovane Beethoven. Dalla schematicità sia melodica che armonica del tema sorge un lavoro di brulicante fantasia, che ha il sapore dell'improvvisazione nata alla tastiere e che non esprime una vera preoccupazione di organizzazione formale.»

 

http://www.youtube.com/watch?v=5pJu4CTxqQU

 

A queste variazioni fu legato un aneddoto assai significativo. Nell'autunno del 1791 Maximilian Franz, in qualità di Gran Maestro dei Cavalieri dell'Ordine partecipò a Mergenthein ad un incontro di quell'associazione. Al seguito del principe ci furono anche dei musicisti della cappella di corte e, Beethoven, fu fra questi. Essi fecero una vista di cortesia al Kapelmeister del principe elettore di Magonza, Franz Xaver Sterkel che, in quell'occasione, conobbe il giovane compositore di Bonn. Ciò lo rese molto contento e, per omaggiarli, eseguì una sua Sonata con accompagnamento di violino con una grande grazia. Fu dunque la volta di Beethoven che fu invitato da Sterkel ad eseguire le "Variazione sul tema di Righini", variazioni che egli considerava troppo difficili da suonare ma, il Kapellmeister, non riuscì a trovare lo spartito e chiese a Beethoven se potesse farlo a memoria. L'impressione che suscitò la sua richiesta negli astanti, fu quella di una certa incredulità da parte sua, circa le capacità di Beethoven stesso, di saperle eseguire. Questo atteggiamento fu colto dal giovane di Bonn che, accettando la sfida, si sedette al pianoforte ed eseguì le Variazioni con la stessa grazia che Sterkel aveva prima usato nella sua esibizione. Questo per fargli capire che le sue Variazioni erano per lui, facili all'esecuzione come la Sonata del Kapellmeister lo era stata per questi e, ancor di più, non contento di questa dimostrazione di abilità aggiunse due ulteriori Variazioni elaborate lì nell'occasione. Superfluo aggiungere che grande fu la sorpresa e l'apprezzamento sia da parte di Sterkel sia da parte degli altri presenti.

Molto particolari e interessanti furono poi le variazioni che Beethoven elaborò su un tema del balletto “Le creature di Prometeo” Opus 43, poi riversato in una contraddanza della serie WoO 14 e che sali, infine, agli altari dell'immortalità diventando il finale della "Sinfonia Eroica".

Si tratta delle “15 Variazioni e Fuga per pianoforte” Opus 35, dette “Variazioni Eroica”

 

 

 

Si tratta di un'opera ragguardevole non solo per l'invenzione musicale ma, soprattutto, per la trattazione compositiva fuori dal comune che Beethoven gli riservò. Il compositore apre infatti con solo l'accompagnamento del basso senza alcuna melodia; da questo si inseriscono via via, le altre voci in contrappunto doppio, triplo e quadruplo e, solo dopo quattro episodi, arriva la prima Variazione completa, in cui il basso si fonde con il tema principale. La brillante fantasia nell'elaborazione del tema assieme all'arguzia dei ritmi e alla vasta estensione tonale, alla sontuosità degli sviluppi, fanno poi il resto.

 

segue

  • Like 1
Link to comment
Condividi su altri siti

Approdiamo ora all'estrema stagione beethoveniana dove le Variazioni, assieme alla Fuga, acquisirono un posto centrale per la costruzione dei suoi massimi monumenti musicali. Esse sono infatti presenti, fra le altre, nelle Sonate per pianoforte Opus 109 e Opus 111, nel Finale della Nona, nell’Adagio del Quartetto Opus 127 e nel Quartetto Opus 131.

Ma è naturalmente con l’Opus 120 che Beethoven raggiunse la monumentalità attraverso la forma Variazione. Esse possono essere paragonate ad un insieme di Bagattelle che racchiudono tutto l’universo e la fantasia musicale beethoveniana, dove l’elemento terreno e quello sublime si toccano ad un livello di ineguagliabile altezza, siamo di fronte ad uno dei monumenti musicali-architettonici più grandi di tutta la storia della musica.

La loro eccezionale straordinarietà sta, innanzi tutto, nel fatto che Beethoven con esse riuscì a trasformare un semplicissimo tema in un monumento di enorme complessità. Da questo pezzo egli seppe ricavare la sua insospettabile infinita disponibilità, trasformandolo in una concatenazione di eventi musicali perfetti. È già infatti dalla prima variazione che il valzer viene completamente annullato da un'inventiva e immaginazione geniale che rende tutta l’idea dell'enorme grandezza del compositore.

Il principio che Beethoven adoperò per comporre queste Variazioni è indicato all’inizio della partitura. “Variazioni alterate” cioè Variazioni la cui scrittura musicale è basata sull’alterazione degli accidenti: diesis, bemolle, bequadro. In questa maniera, il compositore, scrisse 33 variazioni di carattere diversissimo l’una dall’altra e tutte di altissimo valore.

In estrema sintesi alcuni commenti su alcune variazioni:

Variazione n. 1 “Alla marcia Maestoso”: già qui Beethoven dà la prova della sua capacità combinatoria separando l’armonia dalla melodia, sviluppando quest'ultima secondo una progressione diversa dalla prima: intervalli di quarta per l’armonia e di seconda per la melodia.

Variazione n. 3 “Poco allegro”: Un vero e proprio Landler nel quale il tempo originale del valzer diventa un motivo estremamente romantico e popolare.

Variazione n. 5 e 21 “Allegro vivace”: “scherzi” nel più perfetto stile beethoveniano, la prima si caratterizza per il suo colorito armonico, la seconda ha all’interno lunghe pause divaganti in adagio. C'è da aggiungere che le Variazione n. 21 assieme alla 6 e alla 26, rappresentano le più vicine allo stile bachiano per la loro geometricità e purezza.

Già Luca l'ha rammentata, divertente la 22 con la sua citazione dal “Don Giovanni” di Mozart, dove viene richiamata l’aria cantata da Leporello proprio all’inizio “Notte e giorno faticar”

Ma le più belle e abbaglianti sono le ultime: la 31 che ricorda la grandezza lirica della Hammerklavier; la 32 una fuga brillante; la 33 che è rappresentata da un delicatissimo minuetto, degna e serena conclusione di un cammino che partendo da un motivo insignificante arriva ad una vetta altissima e invalicabile.

Su queste Variazioni una delle cose più autorevoli è stata detta dal pianista-musicologo americano Charles Rosen: «Un’opera come le Diabelli è soprattutto una scoperta degli elementi musicali più semplici, un'invenzione sul linguaggio della tonalità classica con tutte le sue implicazioni di ritmo, come pure di melodia e di armonia. Egli scoprì un universo, un linguaggio altrettanto ricco di possibilità di quello a cui avevano dato vita Haydn e Mozart. La sua unicità non trova paragone nella storia della musica.»

 

http://www.youtube.com/watch?v=wctoxElV8Os

 

http://www.youtube.com/watch?v=tVJ83WKmd9M

 

http://www.youtube.com/watch?v=6IV70oWLVhw

 

http://www.youtube.com/watch?v=Y5RN9a7d-Rk

 

Siamo dunque arrivati alla vasta, sontuosa, monumentale chioma dell'albero, che Beethoven formò in 45 anni di carriera compositiva. Cosa era dunque avvenuto, in specifico, con Beethoven in tema di variazioni, nel suo miracoloso “terzo stile” e, soprattutto, cosa fece sì che tutto ciò si proiettasse, come “un ricordo al futuro” per dirla con Italo Calvino e Luciano Berio nel loro “Un re in ascolto” dandone i suoi frutti, fino al secolo scorso?

 

la memoria custodisce il silenzio

ricordo del futuro la promessa

quale promessa? Questa che ora arrivi

a sfiorare col lembo della voce

e ti sfugge come il vento accarezza

il buio della voce il ricordo

in penombra un ricordo al futuro

 

 

Il compositore Salvatore Sciarrino nel suo libro “Le figure della musica da Beethoven ad oggi” Ricordi editore, ha raggruppato 6 lezioni tenute in alcune città italiane dal 1992 al 1995, in cui egli cercò di individuare «l'albero genealogico» di alcune forme musicali della contemporaneità.

Con Beethoven si ebbe il passaggio dalla modularità ostentata alla modularità nascosta e quindi dalla variazione fatta di più pezzi alla variazione in un unico movimento: «(…) Nell’epoca beethoveniana ogni movimento si estende in durata si ingigantisce; insieme al lavorio si rafforza la concezione unitaria dell’opera. (…) Beethoven si applicò caparbiamente all’arte delle variazione. Non per niente la logica è il punto di forza della sua musica. Esercitare la logica vuol dire possedere sensibilità analitica oltre che costruttiva.

Beethoven è sicuramente il primo a intravedere anche il limite della forma a variazioni: ovvero la ripetitività della scansione strutturale. Con la generosità inventiva e anticonformista a lui solita, imprime un segno nella storia della forma e nell’animo di chi ascolta. Accogliamo lo scandalo di questo messaggio solitario.(…) Nelle ultime opere, Beethoven più volte ha piegato alla sua libertà individuale la rigidezza modulare delle variazioni. Quelle dell’Opus 131 mantengono la struttura classica e, allo stesso tempo, la superano.

Anzitutto la varietà delle articolazioni impiegate, il grado di caratterizzazione di ogni variazione sono eccezionalmente alti. A qualcuno parrà una contraddizione, eppure Beethoven ha ottenuto questa gran varietà partendo da un’economia di mezzi veramente capillare. Egli mostra capacità immaginaria organica, spalanca un modo, qualcosa di più e diverso che semplice capacità combinatoria.

Inoltre il compositore riesce a passare da una variazione all’altra senza che ce ne accorgiamo. Levitiamo in una continuità che ammalia.

Il risultato complessivo non assomiglia ad alcuna musica che io conosca. Ingannevole all’ascolto, non è facile capire in quale forma sia scritto un brano tessuto così serratamente; la partitura in sé ci soccorrerebbe poco qualora gli abituali criteri di analisi convenissero integrati con criteri d’insieme. (…) Il compositore abolisce i ritornelli testuali (convenzionali fino a quell’epoca) e scrive per esteso le ripetizioni dando spazio a inconsuete varianti. (…) prima che il tema sia finito il bisogno di variare ha preso il sopravvento: la ripetizione variata slancia l’intera traiettoria musicale.

Anche internamente ai pezzi seguenti la divisione in periodi non viene scandita. Anzi fra un periodo e l’altro non c’è soluzione di continuità, la musica tende a un fluire ininterrotto fatto di contrazioni e dilatazioni, addensamenti e rarefazioni (…)»

 

http://www.youtube.com/watch?v=uGhsZwPLllc

 

Ma la cosa più stupefacente, continuo a pensare, rimane la “Grande fuga Opus 133”, dove la Fuga si unisce alle variazioni, formando una simbiosi di altezza geniale inarrivabile: «il pezzo più stupefacente di tutta la letteratura musicale», come disse Glenn Gould.

 

 

E per chi vuole e non l'ha ascoltato, consiglio a tal proposito, questo che, fra l'altro si può anche scaricare:

 

http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/PublishingBlock-4e02a2ec-4046-486f-b7b2-54b8a5ab86ab-podcast.html

 

segue

  • Like 1
Link to comment
Condividi su altri siti

 

Credo che sia una caratteristica delle opere più coinvolgenti quella di avere, o lasciarsi attribuire, più ‘sensi’ o ‘significati’. Ho sempre usati questi due termini come sinonimi, forse ho fatto male.

 

Dipende. In linguistica i due termini sono distinti e la loro accezione più comune risale a uno scritto di Frege. In breve "senso" (Sinn) è il modo con cui è espresso un "significato" (Bedeutung), che è sempre un riferimento esterno (gli anglosassoni traducono Bedeutung con "reference") e si distingue dalla rappresentazione, che è invece interna e soggettiva. Nota che, a quanto ne so, nel linguaggio corrente Bedeutung viene tradotto anche con "senso", per cui il fatto che tu li consideri sinonimi non è strano. Parlando come Frege invece si potrebbe forse dire che la musica a molti sensi e molte rappresenzazioni, anche se non so se abbia mai parlato di musica. Resta poi da vedere se sia veramente possibile avere una rappresentazione senza riferimenti, sia diretti che indiretti.

 

Bianca.

  • Like 2
Link to comment
Condividi su altri siti

Johannes Brahms che incanto di compositore. Come mi piace Brahms! :wub:

Penso al suo catalogo e penso a quanto abbia ragione Carlos, :) quando ha detto che nell'isola deserta glielo porterebbe proprio tutto. Nel suo catalogo c'è ben poco da scartare, himalayani capolavori, altri alpini e ben pochi appenninici. È vero che egli - come Edgar Varèse – ha distrutto le sue prime opere perché ritenute indegne, ma questo nulla toglie alla sua grandezza immensa.

 

Iniziamo da quelle che ritengo un po' più colossali, quelle dell'Opus 24, le “25 variazioni per pianoforte su un tema di Händel” che furono concepite nel settembre 1861.

In generale per Brahms la sua conquista in questo genere consiste nel perfetto equilibrio tra il rigore classico della sua struttura e l'ispirazione assolutamente romantica, ricca di melodie e di soluzioni espressive. In questo caso si tratta, di un'aria di Händel estrapolata dalla sua “Suite n.1 da Leςons pour le clavecin” che qualcuno paragona, dal mio punto di vista con troppa severità, a quella del “Valzer di Diabelli”. Brahms partendo dalla lezione beethoveniana, da questo tema, crea un miracolo di stile, tecnica e invenzione, pur nell'osservazione rigorosa dei tratti armonici, ritmici e melodici del tema ispiratore.

Si tratta di 25 tessere musicali compiute e definite nella loro autonomia e, se il pianoforte non viene trattato da gratuite virtuosità, si toccano punte di difficoltà estrema e si può dire, a giusta ragione, che con esse Brahms pose una pietra miliare nella storia della forma variata, collocandosi nella scia delle “Variazioni Goldberg” di Bach e “Variazioni Diabelli” di Beethoven.

 

 

Passo ora alle meravigliose “Variazioni per pianoforte su un tema originale Opus 21 n.1” risalenti all'estate del 1856, un periodo della vita in cui il genio di Amburgo studiò il contrappunto degli antichi e, naturalmente, Bach in particolare. Come non notare anche qui la fusione della sua soggettività romantica con il rigore stilistico degli antichi maestri. Ma come non notare anche che la tecnica che provoca una specie di polverizzazione del tema è anche legata alla variazione amplificatrice di Beethoven. Le differenze rispetto al “gigante” sono nei procedimenti di scrittura, nella conduzione, nell'invenzione. Pensate che Clara Schumann nell'eseguirle a Lipsia affermò che il compositore si era trovato in una condizione «Bach-beethoveniana-brahmsiana. Amici miei, questo è veramente un grande capolavoro pianistico. :bow:

 

 

Ma come non concludere questa piccola invasione in campo brahmsiano senza parlare delle “28 Variazioni su un tema di Paganini Opus 35” del 1862/63, un altro caposaldo del repertorio pianistico del genio d'Amburgo, vero e proprio contraltare di quelle sul tema di Händel: due temi agli antipodi, due mondi agli opposti, due finalità diverse ma con un unico personale linguaggio nell'affrontare i due impegni.

Divise in due libri, anche in queste si ripresenta l'unione delle tre grandi B tedesche e, in particolare il pensiero a Beethoven, va ai due finali dei due cicli.

 

 

segue

Link to comment
Condividi su altri siti

A proposito di senso e significato, magari può aiutare

 

http://www.treccani....io/significato/

http://www.treccani....clopedia/senso/

 

Ma sono certo che si dice che la musica non ha significato in quanto non si tratta di un linguaggio semantico...per cui un qualsiasi oggetto sonoro può avere senso ma un significato.

Una melodia può avere tanti sensi...ma non significa niente. Come possiamo dire che il famoso incipt della quinta di Beethoven sia qualcuno o qualcosa che bussa a una porta? Non è così...però possiamo trovarci questo senso, come altri...

Link to comment
Condividi su altri siti

D’accordo Xenakis…

 

…pienamente d’accordo con te per il discorso su senso/significato.

Giusto per buttar lì un altro esempio, anche l’incipit del secondo movimento della Nona può ricordare dei colpi alla porta

(a proposito: oggi la Non(n)a compie 189 anni. Auguri!).

 

Però… riguardo al modo di Beethoven (ultimo Beethoven) di trattare le variazioni, che io ho paragonato all’evolvere di una discussione libera, mi farebbe piacere un tuo commento.

Avevi scritto che ti sarebbe interessato sapere come ‘ci infilo’ che «sia un po’ l’equivalente».

Link to comment
Condividi su altri siti

Una melodia può avere tanti sensi...ma non significa niente. Come possiamo dire che il famoso incipt della quinta di Beethoven sia qualcuno o qualcosa che bussa a una porta? Non è così...però possiamo trovarci questo senso, come altri...

 

Forse, a rigore di terminologia, si dovrebbe dire che una melodia (e il resto che segue) è "uno" dei sensi dai quali possono scaturire molte rappresentazioni (per esempio l'immagine mentale di qualcuno che bussa alla porta). Ma basta solo mettersi d'accordo sui termini :)

Link to comment
Condividi su altri siti

Caro Daniele,

visto la tua proposta di partire dalla 'radice' (le variazioni giovanili, che non avevo mai ascoltato)... Ti dico, si lasciamo "molto ascoltare" come gran parte della musica della loro epoca.

Sembrerà strano ma mi 'prendono' di più quelle del ragazzino di undici anni che quelle del giovane ventiduenne.

 

Non saprei dire facilmente perchè... forse sono influenzato dal fatto di sapere che è la sua prima opera e... uno sguardo alla tonalità.

Undici anni e... do minore!

(chissà se il "signor do minore" immaginava dove lo avrebbe portato quel ragazzino :mellow: )

Link to comment
Condividi su altri siti

  • 3 weeks later...

(dopo il Diario musicale postato ieri da Daniele)

 

 

(ai Maestri Gustav Leonhardt :Hug: András Shiff)

 

Come pecore al pascolo

– bellissime –

stanno le
Goldberg
,

ognuna a suo modo, sul prato di Lipsia.

Quella tranquilla,

quella vivace,

quella un po’ scura di pelo.

 

Alla fine del giorno

le riprende il pastore,

fischiando l’Aria

tutte le chiama.

 

Ma invano Diabelli

– buon uomo –

urlerebbe il suo invito.

«Prego fanciulle: un altro giro di valzer!».

Tutte pazze

son fuggite lontano,

sedotte da un uomo

che vagava nei campi.

 

E su trentatrè

il valzer nessuna ricorda.

Luca Cavaliere

  • Like 1
Link to comment
Condividi su altri siti

Join the conversation

You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.

Guest
Rispondi a questa discussione...

×   Incollato come rich text.   Incolla come testo normale invece

  È permesso solo un massimo di 75 emoticon.

×   Il tuo link è stato incorporato automaticamente.   Visualizza come collegamento

×   Il tuo contenuto precedente è stato ripristinato.   Cancella editor

×   Non è possibile incollare direttamente le immagini. Carica o inserisci immagini dall'URL.

Loading...
 Share

×
×
  • Crea nuovo...