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Piano Concerto - Forum pianoforte

La personalità di Beethoven


Azzurro
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Non trovate che la personalità di Beethoven sia inclassificabile?

 

- Insomma, ha superato attraverso una ferrea volontà le prove di una vita segnata dal dramma della sordità

 

- la sua musica celebra il trionfo dell'eroismo

 

- la sua arte si espresse in tutti i generi

 

Che ne dite?

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Non trovate che la personalità di Beethoven sia inclassificabile?

 

Perché?

 

- Insomma, ha superato attraverso una ferrea volontà le prove di una vita segnata dal dramma della sordità

 

Fosse solo quello... Comunque: tenace. E volitivo. E determinato.

 

- la sua musica celebra il trionfo dell'eroismo

- la sua arte si espresse in tutti i generi

Che ne dite?

 

Non rilevante per definirne la personalità. Almeno a mio parere.

Domanda mia: perché questa inchiesta?

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Ma no, povero Azzurro! La questione posta non è poi così distopica; semmai non è bene formulata, anzi è talmente stringata che proprio non si capisce; l' errore è condensare in poche righe questioni fondamentali per ricevere risposte esaurienti. Ora riformuliamo la domanda e..... scateniamo il nostro Daniele!

 

Amicizia,

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Che Birichini! :hocky:

 

Comunque, Daniele, prima di domenica non riesce a scatenarsi.

Nel frattempo sarebbe bello e interessante che l'amico Azzurro rispondesse a Carlos, perché le sue domande sono assolutamente pertinenti.

Ad esempio penso che il discorso sull'eroismo possa c'entrare con il carattere di Beethoven mentre non comprendo assolutamente - o mi sfugge - quello relativo alla sua frequentazione di tutti i generi musicali. :unsure:

Azzurro, se ci sei batti un colpo e dicci tu che ne pensi a tal proposito e anche più in generale se ti va! :getdown:

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La mia intenzione era cercare di descrivere o delineare la personalità di un personaggio come Beethoven partendo dalla sua musica. Ho scritto le prime cose che mi erano venuto in mente.

 

Magari è una cosa difficile da fare (o impossibile), non pensate che la personalità influenzi la propria musica? O comunque influenza le scelte di un interprete?

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Confesso che in un momento così problematico e che mi angoscia per il futuro del nostro Paese mi diventa difficile concentrarmi su altri argomenti non attinenti.

 

La risposta alla domanda di Azzurro «Non trovate che la personalità di Beethoven sia inclassificabile?» è: no, assolutamente!

È indubbio che Beethoven abbia «superato attraverso una ferrea volontà le prove di una vita segnata dal dramma della sordità» e, «fosse solo quello» - come scrive giustamente Carlos -, proprio componendo una musica che, almeno in una grande fase della sua vita «celebra il trionfo dell'eroismo».

La musica che Beethoven compose, principalmente fra il 1802 e il 1814 – dico principalmente perché essa ebbe inizio parzialmente anche già fin dal 1797 ed ebbe una coda nelle sue ultime grandi opere – fu una diretta conseguenza di quello stato d'animo che nacque dalla presa d'atto che la sua sordità sarebbe stata irreversibile, che il suo stato di salute già precario fin dall'adolescenza, non gli avrebbe concesso che brevi pause.

Ma sarebbe assai riduttivo circoscrivere il carattere di una persona – e di Beethoven poi in particolare - ad un solo fatto per quanto assai importante e funesto. Sul carattere di Beethoven pesarono – come in ognuno di noi – delle caratteristiche caratteriali congenite e altre cose che, nel corso della sua vita, a cominciare dal suo romanzo famigliare, andarono a segnarlo indelebilmente.

La personalità di Beethoven non è inclassificabile perché, volendo, si può riassumere e definire in poche parole: fu un'erma bifronte – cosa di per sé non eccezionale visto che sostanzialmente lo siamo tutti – ma, questo egli lo fu in una maniera esponenziale. Tutto in Beethoven fu portato all'eccesso a tal punto che, ognuno di noi potrebbe tranquillamente, costruire il Beethoven che meglio gli aggrada, sia in senso positivo che in senso negativo. La cosa poi eccezionale è che ciò fu dovuta in prima persona alla sua stessa regia: in altre parole fu lui che contribuì in larga misura a costruire il proprio mito.

Ho già detto del suo mai negare qualsiasi voce fosse detta su di lui, in una lettera del 1825; ebbene ciò ha fatto sì che su ogni cosa della sua vita si sia detto tutto e il contrario di tutto. Beethoven il progressista e il reazionario, lo scontroso intrattabile e il dolce appassionato, il generoso e l'egoista, il solitario e il conviviale, il malinconico sempre imbronciato e l'uomo pieno di spirito e con una risata grassa. Tutto questo fu Beethoven, tutto ciò convisse in ugual misura in lui.

Uno degli aspetti più contrastante della sua vita fu quello relativo alla sua vita sessuale: si va da chi lo vuole assolutamente casto, a chi lo definì omosessuale, a chi pieno di donne che amò follemente per circa sei mesi per poi disinnamorarsene, a chi lo ritiene sia stato un grande frequentatore di prostitute per poi pentirsene amaramente subito dopo e sentirsi moralmente indecente. Famosa è la sua critica al “Così fan tutte” di Mozart, considerata un'opera immorale, mentre nella sua vita si sarebbe lasciato andare a comportamenti immorali di ben altro peso. L'opera più grande e più bella sull'amore coniugale la dobbiamo ad un compositore che mai si sposò e che con il sesso femminile ebbe sempre un rapporto assolutamente contrastato e, sotto tanti aspetti, di difficile interpretazione.

Aldilà delle verità e delle falsità. delle parziali verità e delle parziali falsità, convisse in Beethoven molto di tutto ciò.

Beethoven si paragonò a Socrate, a Egmont, a Leonore, a Coriolan,...e anche a Gesù.

Non è forse a Gesù che pensò quando nel 1815, in una lettera alla contessa Erdody, così scrisse: «Noi esseri finiti, personificazioni di uno spirito infinito, siamo nati per avere insieme gioie e dolori; e si può dire che i migliori di noi raggiungono la gioia attraverso la sofferenza.»?

Il suo rapporto fu sempre diretto con il Divino mai con Gesù!

Beethoven fu un'artista assolutamente consapevole della sua incommensurabile grandezza e, nell'affrontare i suoi tanti malanni legati alla salute, seppe e volle coniugare queste due cose, costruendone sopra il suo mito immortale.

«Sottomissione, la più intima sottomissione al tuo Destino, solo questo possono offrirti i sacrifici per questo tuo servizio dell'arteo lotta aspra! - Fa tutto ciò che deve essere ancora fatto per progettare quanto è necessario per il lungo viaggio. Devi trovare quel che il tuo beato desiderio concede, e poi devi strapparlo a viva forza. Mantieni una ferma disposizione d'animo.

Non devi essere un uomo , non per te stesso, solo per gli altri; per te non c'è più felicità se non in te stesso, nella tua arte. Dio! Dammi la forza di vincermi, nulla deve ormai incatenarmi alla vita.»

La sottolineatura fu di Beethoven, mentre le parole in grassetto sono le mie. Esse servono per mettere in risalto l'intendimento messianico che Beethoven volle svolgere all'interno della sua arte: la consapevolezza che solo la rinuncia e la sofferenza potessero essere i viatici per portare a termine la sua grande funzione all'interno della storia della musica.

Questo scritto da me riportato, costituisce la prima pagina del suo diario e risale al 1812 ed è molto probabile che, questo suo sfogo, fosse avvenuto, poco tempo dopo la fine della sua storia con la misteriosa “Amata immortale”.

Non è un caso che proprio le uniche lettere che Beethoven non ha mai spedito – il cosiddetto “Testamento di Heiligenstadt” e le tre all'Amata immortale – siano servite, più di ogni altra, a creare il mito beethoveniano. Beethoven non si sarebbe mai suicidato e fin dalle prime righe se ne sente fortemente la netta non intenzione di farlo. Beethoven, curò la sua depressione sentendosi e convincendosi di essere un eletto, un eroe e, in quella lettera, si possono già intravvedere tutti e quattro i movimenti della Quinta.

Le lettere all'Amata sono rappresentative di un Beethoven, assolutamente inedito e imprevisto: innamorato, dolcissimo e profondamente romantico.

Ma quella «lotta aspra» di cui parla nel diario, in musica, Beethoven la tradusse in una lotta aspra che intraprese con la forma-sonata, dapprima assegnando ai due temi una contrapposizione assoluta – traducendo in questo la sua forte dualità – e poi portandola con le sue ultime sonate e i suo ultimi quartetti al suo quasi totale disfacimento; dopo i quartetti di Beethoven, non ci saranno i quartetti dei romantici, ma quelli di Bartók, dopo le sue sonate per pianoforte, non ci saranno quelle dei romantici, ma le due di Boulez: nella seconda, il soggetto della fuga dell'Hammerklavier è citato nelle prime battute e, tutto ciò, a dimostrazione che dopo Beethoven non ci poteva che essere la distruzione della forma.

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Ottima risposta - come sempre - Daniele, ed assolutamente condivisibile. (anche per la situazione - questa si "disturbata" nello stretto senso mentale - di chi governandoci cercherà in tutti i modi di distruggere scientemente ogni iniziativa economica e culturale del nostro paese).Due parole per gli amici precedenti: Se per rumore o rumoroso si intende strepito o "strepitoso" sinonimo di eccezionale, formidabile. Un attore strepitoso, una vittoria strepitosa. Il nesso logico è intuitivo: attorno al formidabile si crea rumore, confusione, e anche la stessa eccezionalità può essere rumorosa. Se per rumore si intende "andar fuori di suono" o "rigettare", allora è una locuzione prostetica e sei completamente fuori strada: in nessun caso un musicista come Beethoven ha fatto scientemente o inconsciamente del rumore, tanto meno nell' opus 13! Per passare al "disturbato" si dovrebbe analizzare la personalità di Beethoven. Daniele ha già risposto egregiamente. Io posso dire che, analizzando i taccuini di abbozzi, il metodo compositivo è perfettamente logico e consequenziale, ovvero rispetta perfettamente quella che i tedeschi chiamano (con una sintesi deliziosa e formidabile) in una sola parola "Schwärmerei", che un uomo mentalmente disturbato non potrebbe giammai applicare!

 

Amicizia,

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