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Piano Concerto - Forum pianoforte

Storiografia musicale


thallo
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Dalla discussione sulla mitologia romantica della figura di Beethoven sono usciti fuori alcuni spunti carini sulla storia e la storiografia musicale.

I "modi" di scrivere storia della musica sono stati diversi nel tempo ed è possibile tracciare, oltre ad una storia della musica, una storia della storiografia musicale. Pur non avendo nella storia della storiografia musicale un testo "fondatore", come potrebbe essere, non so, le Vite del Vasari per la storia dell'arte ( http://it.wikipedia.org/wiki/Le_vite_de%27_pi%C3%B9_eccellenti_pittori,_scultori_e_architettori ), anche la storia della musica comincia ad avere testi fondamentali nel rinascimento. Ma il Leitmotiv di questi testi è riassumibile nel famoso giudizio di Tinctoris, "Non esiste un solo brano musicale composto negli ultimi quarant'anni che sia ritenuto degno di essere ascoltato dagli eruditi". Il passato musicale non esiste, soprattutto nella musica pratica, e quasi per colmare questo vuoto, questo passato musicale diventa un feticcio, filosofico e antiquario. E allora inizia l'epoca dei dizionari, dei "Musikalisches Lexikon", tracciando le prime linee di una storia europea della musica, delle forme oltre che dei compositori. L'apice arriva con Burney ( http://it.wikipedia.org/wiki/Charles_Burney ) e Martini ( http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Battista_Martini#La_Storia_della_musica_.5B3.5D ), in opere che sono quasi appunti di viaggio e che NON sono un elenco di compositori, bensì trattati sul gusto, sulle nazioni.

Dal romanticismo in poi iniziamo ad avere "la ciccia", un tripudio di storie e biografie, e quel mix di storia e "mitografia" che rende tutto più affascinante (e confuso). La storia della musica diventa una volta per tutte storia dei compositori, un'impostazione che tutt'oggi va moltissimo. E qui mi fermo, perché l'introduzione mi sembra già abbastanza lunga.

 

A prescindere dai contributi "eruditi" che sono sempre ben accetti, la domanda principale è banale: secondo voi come si dovrebbe scrivere di storia della musica? Da questa domanda vedremo se saremo in grado di introdurre altri spunti (ce ne sarebbero a bizzeffe)

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A prescindere dai contributi "eruditi" che sono sempre ben accetti, la domanda principale è banale: secondo voi come si dovrebbe scrivere di storia della musica? Da questa domanda vedremo se saremo in grado di introdurre altri spunti (ce ne sarebbero a bizzeffe)

 

Comparare più fonti tenendo conto delle necessità antropologiche e in modo trasversale considerando il campo Artistico, Culturale, Religioso-Rituale e Linguistico.

 

Troppo banale come risposta?

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Comparare più fonti tenendo conto delle necessità antropologiche e in modo trasversale considerando il campo Artistico, Culturale, Religioso-Rituale e Linguistico.

 

Troppo banale come risposta?

 

Non banale ma sintomatica. Cerca di specificare brevemente le cose che hai detto. Tipo, cosa intendi per comparare più fonti? A quali fonti ti riferisci? Mi incuriosisce molto questa cosa delle necessità antropologiche...

Forse potrebbe essere più pratico fare degli esempi. Non troppo approfonditi, eh, anche fittizi. Non so, mettiamo di dover scrivere la storia della musica del mese di marzo 2090 nello stato di Puzzonia. Come organizzi lavoro ed esposizione? :)

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Però forse il fatto di intendere la storia della musica come "storia dei compositori" è inevitabile, anche se riduttivo...dovendo scegliere un modo per dare ordine al discorso, non credo sia meglio organizzarla come una storia dell'organologia piuttosto che come evoluzione dell'armonia o altro. Forse da un punto di vista didattico è più agevole agganciarla a un punto di vista più storico in senso stretto (esempio: prima studio la storia medievale e poi riesco a capire meglio la musica del periodo)...e a questo punto ti risponderei che la storia della musica va scritta da musicologi in collaborazione con gli storici, anche se diventerebbe un discorso di lana caprina. Ci tengo a precisare che il mio è il punto di vista di chi ha fatto il conservatorio col vecchio ordinamento proseguendo poi con studi che non c'entrano né con la musica né con le discipline umanistiche, se tu ti riferisci al fatto di scrivere un manuale di storia della musica per facoltà umanistiche non saprei davvero cosa dire, perché sicuramente la storia della musica è inserita in un piano di studi con esami di storia, filosofia, letterature...

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Secondo voi che differenza corre fra "Telecronaca" e "Interpretazione"?

Lo chiedo perchè la telecronaca è raccontare una serie d'eventi che succedono, l'interpretazione richiede una lettura degli elementi e prevede per cui una certa soggetività; più o meno ampia, ma per forza di cose soggettività.

 

Non trovate?

 

Allora, cosa intendiamo con "storia e la storiografia musicale"?

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Cosa intendi per comparare più fonti?

A quali fonti ti riferisci?

Se devi parlare di qualcosa di accaduto e non di presente, ti devi basare sui documenti, testimonianze, etc. ... appunto fonti, che sarebbe bene comparare e includere nel trattato della storia del 2090 solo se una buona parte delle fonti è congrua

 

Mi incuriosisce molto questa cosa delle necessità antropologiche...

Le fonti vanno lette come dice Tap, per cui bisogna tenere conto anche di questo aspetto ... almeno secondo me

 

Forse potrebbe essere più pratico fare degli esempi. Non troppo approfonditi, eh, anche fittizi. Non so, mettiamo di dover scrivere la storia della musica del mese di marzo 2090 nello stato di Puzzonia. Come organizzi lavoro ed esposizione? :)

Intanto Puzzonia sarà inquadrato in un contesto, io parlo di antropologia perchè vorrei uscire dai confini della geografia politica ... ma di quella "culturale" intendendo tutto il background di quel popolo. Ecco, questa parola esemplifica meglio.

 

Poi si valuterà la congiuntura socio-politica, e cercherei di incastrare tutti gli eventi cercando di trovare argomentazioni valide per supportare la mia “storia” di Puzzonia del 2090. Un esempio sono appunto le fonti, se tutto dicono la stessa cosa è molto probabile che quella cosa sia effettivamente così, ma non basta, questo è solo un ipotetico elemento da correlare agli altri dando una lettura “spaziale” nel tempo, nel periodo subito precedente.

 

Senza correlazione non c’è storia, forse come dice Tap c’è solo un racconto…

 

Parole in libertà ….

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[ops :o non mi sono accorto del nuovo topic aperto ad hoc da Thallo.

Grazie tanto a Xenakis che mi ha 'ripescato' in quell'altro! . . . allora copio/incollo il mio post in questa sede corretta ]

 

Grazie Thallo,

 

per avermi spiegato (nell'altro topic: sulle "mitologie romantiche") il “labirinto dei metodi e dei fini storiografici e critici”: consci, inconsci, incoscienti, impliciti, dichiarati.

 

Con riferimento al tuo post (dempre del topic "mitologie romantiche") in cui facevi notare che, accanto a una vecchia storiografia (definita ‘di destra’) per cui la storia della musica è fatta da singole personalità, si affiancano da alcuni anni nuovi metodi di ricostruire il passato musicale.

Mi sembra però che questo vecchio modo abbia una sua ragione (l’unica che io vedo). Ossia il fatto che le opere musicali – oggetti ben più concreti che “La-musica” – sono create da singole personalità: da musicisti, da uomini. E dunque il fatto che una storia della musica sia anche focalizzata su quelle personalità, mi pare una cosa sensata, coi piedi per terra: mi pare un dare ‘pane al pane e vino al vino’.

 

Hai scritto che prima del romanticismo le storie della musica erano storie di gusti musicali nazionali. Bene. Anche questa è una buona cosa [e io ho pensato “Ah… questa allora è la storiografia ‘di sinistra’ :D ].

Perché dico che anche questo modo ha le sue ragioni?

Perché un Bach o un Beethoven non ‘piovono dal cielo’ come divinità sapienti, ma per arrivare a creare quello che ci hanno lasciato, hanno respirato l’aria dei loro tempi, dei loro luoghi, sono cresciuti nell’humus dei gusti e degli stili che li hanno preceduti.

 

Io non so quanto i ‘nuovi modi’ riprendano quella vecchia ottica da te accennata e che io ho chiamato ‘storiografia di sinistra’.

Ma non ti pare – è ciò che ti chiedo – che ‘destra’ e ‘sinistra’ possano fecondamente stare insieme?

 

Più che ‘destra’ e ‘sinistra’… Non ti pare che si possa parlare di una storiografia ‘newtoniana’ (dove l’interesse è focalizzato su quegli ‘affascinanti corpuscoli’ che sono i vari compositori), e di una storiografia ‘quantistica’ (più attenta al clima, alle ‘vibrazioni’, che caratterizzano un’epoca)?

 

Riuscire a conciliare questi approcci porta a uno scenario interessate. Che ne dici?

 

Ciao!

Luca

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secondo voi come si dovrebbe scrivere di storia della musica?

la storiografia di sinistra è ben diversa non sono termini per cui impazzisco, ma sono di uso abbastanza comune. la storiografia di sinistra è ben diversa non sono termini per cui impazzisco, ma sono di uso abbastanza comune. Riassumendo, la storiografia di sinistra si concentra sulla sociologia, sugli scenari economici e sociali; la storiografia di destra sui personaggi.

praticamente tutto il repertorio di cantus planus (cosiddetto gregoriano) non ha autore. E parliamo di secoli e secoli di musica. Nel nostro ipotetico libro di storia della musica, di cosa parliamo arrivati lì? Di altri autori medievale, e perfino rinascimentali, sappiamo ben poco, e spesso le notizie sono così dubbie da diventare, appunto, mitografia. Cosa facciamo lì? Tu hai sottolineato una cosa molto giusta, traendone, secondo me, la conseguenza sbagliata: la musica è fatta di opere, ma non necessariamente di autori. Che si parli di opere, allora. (Claudio)

 

Comparare più fonti tenendo conto delle necessità antropologiche e in modo trasversale considerando il campo Artistico, Culturale, Religioso-Rituale e Linguistico. (Xenakis)

 

Quello di Xenakis mi sembra un approccio molto vicino a quello dell'etnomusicologia (Frank)

 

Ma non ti pare – è ciò che ti chiedo – che ‘destra’ e ‘sinistra’ possano fecondamente stare insieme? (Luca)

 

« La vasca da bagno è di destra e la doccia di sinistra » più o meno recitava così una canzone di Giorgio Gaber fra le tante altre cose.

A me questo gioco di destra e di sinistra, a differenza di Claudio, piace tanto e lo trovo pertinente perché, a differenza di tanti benpensanti dei giorni nostri che ritengono essere questi due termini un retaggio del secolo scorso ormai superato, penso che destra e sinistra esisteranno almeno finché esisteranno i primi, i secondi, i terzi, i quarti ... gli ultimi. Solo quando l'umanità raggiungerà – semmai la raggiungerà! – una sostanziale uguaglianza, destra e sinistra non avranno più alcun senso. Non vogliamo chiamarli destra e sinistra ma Paperone e Pippo? Va bene! Non è questo il problema: il problema è che o si sta con Paperone o con Pippo, e finché ci saranno entrambi io starò con Pippo, parteggiando come ci invitava Gramsci e come ricordato da Otello.

Detto ciò, come la vasca da bagno e la doccia possono coesistere in uno stesso ambiente, altrettanto penso sia giusto e opportuno che le opere e gli autori facciano altrettanto, però con al centro le opere e un po' in penombra gli autori.

Se è vero che secoli e secoli di musica hanno prodotto musica di autori anonimi e, di conseguenza, anche capolavori di autori anonimi - penso fra tutti al “Ludus Danielis” di anonimo di Beauvais del XIIesimo secolo, ai "Carmine Burana", non quelli di Orff naturalmente ma quelli originali del 1200 - è pur anche vero che sostanzialmente dal 1600 in avanti tutta la musica, almeno quella che ha contato nel cammino della sua storia, ha dietro un nome e un cognome, e, ingiusto e parziale sarebbe l'ignorarlo per motivi che ho già espresso in altri argomenti.

Una storia della musica di sinistra dunque come dovrebbe essere? Facciamolo dire a Giordano Montecchi, insegnate di Storia della musica all'università di Bologna, nonché critico musicale dell'Unità.

Giordano Montecchi ha scritto 15 anni fa in due volumi “Una storia della musica” Bur editore, proprio « perché, pur assomigliando a quella che un tempo si chiamava “Storia della musica” tout court, muove dalla convinzione che tutte le storie che vengono scritte scaturiscono sempre, per forza di cose, da un punto di vista e siano quindi tutte provvisorie e da riscrivere.

(...) la disciplina storia della musica possiede una vasta articolazione di prospettive e metodologie, che accanto ai “grandi compositori”, giocano un ruolo altrettanto importante: elementi come i diversi stili, i generi, le forme, le diverse nazionalità, i rapporti con le condizioni culturali e sociali delle varie epoche.

Anche a questo livello e forse in maniera ancora più accentuata, la nozione di storia della musica rientra tuttavia nei confini di ciò che è ovvio e risaputo. Essa è la disciplina cui compete un ampio ventaglio dei temi e di compiti, che si occupa delle civiltà musicali antiche, del canto gregoriano, dei trovatori, dei fiamminghi, dello stile barocco, delle concezioni estetiche del Romanticismo; ma ugualmente studia anche l'evoluzione della notazione, le trasformazioni della teoria musicale, il mutare delle condizioni dei musicisti in seno alla società, la concezione delle avanguardie; inoltre essa ha a che fare con i problemi posti da discipline attigue come la filologia del testo e della prassi esecutiva, l'etnomusicologia, l'analisi musicale e altre ancora.

Ciò che di solito rimane in ombra, o quantomeno in secondo piano, è invece la questione fondamentale, vale a dire la storicità di tale nozione. La storia della musica, in altre parole, ha essa stessa, in quanto disciplina, una storia, una genesi, un susseguirsi di profonde trasformazioni nelle sue premesse e finalità. Queste trasformazioni sono legate certamente al divenire dello sfondo filosofico e teorico del mutamento del quadro sociale e culturale entro cui esse hanno luogo. Ma, all'interno di questo quadro generale, bisogna tenere presente che la storia della musica si modifica innanzitutto in quanto si modifica il proprio oggetto: la musica stessa. In fin dei conti è il modificarsi della nozione di musica che determina una storia della musica. »

Ciò detto, mi pare del tutto evidente che “una storia della musica” dovrebbe essere innanzi tutto scritta da tante mani, non solo perché nel suo ambito, c'è chi più esperto di musica antica, chi di musica barocca e via discorrendo, ma perché richiede l'apporto di tanti “professionisti” non solo musicali. Storici della musica e musicologi certamente in primis ma, proprio perché essa è collegata con la storia tout-court, con la filosofia, con tutte le altre arti, con la poesia e la letteratura richiede l'intervento di esperti di queste materie che sappiano mettere il tutto in relazione.

Ad esempio “una storia della musica” non può prescindere dall'importanza della poesia che durante il Trecento, il Quattrocento e il Rinascimento la investì. Come non può prescindere dalla pittura che in tanti suoi capolavori “parla” espressamente di musica.

« “La pittura trasforma lo spazio in tempo, la musica trasforma il tempo in spazio.” L'aforisma di Hugo von Hofmannsthal (...) lega insieme le due arti in un rapporto di complicità, come se vi fosse in atto, da sempre un progetto segreto e addirittura eversivo di trasformazione del mondo. Quel progetto esiste sin dalle origini del comunicare in termini di civiltà. Si pensi ai dipinti murali nelle tombe egizie, in cui la gerarchia dell'universo si compone finalmente in forme perfette ed eterne al confronto con il mutevole e caotico divenire delle cose reali,e, con un balzo attraverso la storia dell'altrettanto cosiddetto homo sapiens, riflettiamo sulla funzione messianica del tristan-Akkord, grazie al quale dal 1865 in poi è divenuto possibile capire come un accordo caratterizzato da un anomalo sol# subisca una transustanziazione e si trasformi in filtro d'amore tale da mutare irreversibilmente la nostra essenza antropologica, o come un pedale di mib non “rappresenti simbolicamente” ma “sia ontologicamente” l'origine del cosmo, o ancora, come alla fine del primo atto di Parsifal il tempo si trasformi davvero in spazio. » (Quirino Principe)

 

 

 

 

Ecco, i miei due occhi hanno già ritrovato

tutta la forza di un tempo,

e con le mie due orecchie

odo le armonie nascenti dall'Ordine

divino dell'Universo.

Come Râ, navigo nell'oceano del tempo

 

(Libro dei morti dell'antico Egitto)

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Ciò detto, mi pare del tutto evidente che “una storia della musica” dovrebbe essere innanzi tutto scritta da tante mani, non solo perché nel suo ambito, c'è chi più esperto di musica antica, chi di musica barocca e via discorrendo, ma perché richiede l'apporto di tanti “professionisti” non solo musicali. Storici della musica e musicologi certamente in primis ma, proprio perché essa è collegata con la storia tout-court, con la filosofia, con tutte le altre arti, con la poesia e la letteratura richiede l'intervento di esperti di queste materie che sappiano mettere il tutto in relazione.

 

 

In teoria sono d'accordo. E anche nella pratica. L'idea che ogni capitolo debba essere affrontato da un esperto ha senso, ma penso che i problemi nascerebbero nell'integrazione con altre materie. Non so se è una mia fissazione, un mio pregio o un mio limite, ma a me non sta molto simpatica la multi-disciplinarità arraffazzonata che affligge molti "manuali". A Cremona c'è una filologa musicale-filologa romanza, Maria Sofia Lannutti, che fa dei corsi pesantissimi sulla poesia del trecento. Figure così specializzate sono rare da trovare, però. Purtroppo per i musicisti non è richiesta una vera formazione storica generale e per gli storici non è richiesta una vera formazione tecnico-artistica, e allora ci dobbiamo affidare a rare e preziose figure ibride, oppure accontentarci di quelle generali accozzaglie di letteratura, arte e musica che troviamo spesso nei manuali liceali. Il mio manuale di letteratura italiana al liceo, il Luperini, era infinito e aveva un CD allegato con tutta una serie di brani "esemplari" dei vari periodi. A riguardarlo ora non posso non notare quanto a fondo andasse per la letteratura e quanto in superficie rimanesse per tutto il resto...

alla luce di questo, direi che ci sarebbe davvero la NECESSITA' di una seria storia della musica con inserimenti multi-disciplinari!

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