Jump to content
Piano Concerto - Forum pianoforte

Il primato nella musica


danielescarpetti
 Share

Recommended Posts

Come già sai, sono incline a decontestualizzare. E, qui sì, davvero mi ci potrei perdere!

Ma non ti pare che contestualizzare e decontestualizzare siano un po’ come un dualismo (concetto che ti è caro) nel rapporto con un’opera d’arte?

E che bisogna serenamente accettare che alcuni di noi propendano per l’una o per l’altra pur riconoscendo l’importanza di entrambe? (Luca)

 

Certo Luca, si può propendere per l'una o per l'altra – o per altre maniere ancora se si pensa sia giusto così! - anche, e soprattutto perché l'avvicinamento ad un'opera d'arte è, innanzi tutto, un fatto soggettivo e ognuno di noi sceglie la strada che crede meglio nel farlo.

Sul dualismo invece, non credo che contestualizzare e decontestualizzare siano esattamente un dualismo “perfetto” come “l'essere non essere” di Shakespeare o “la necessità e il libero arbitrio” che lo scrittore Roberto Cotroneo attribuisce alla Grande Fuga Opus 133. Io li vedo come azioni conseguenziali a patto che prima si contestualizzi e poi si decontestualizzi: improponibile sarebbe il contrario. Mentre negli altri casi, anche invertendo l'ordine non vedo come si potrebbe raggiungere il suo contrario.

 

La seconda è sulle affermazioni di Bloch riguardo il condizionamento sociale che la musica “subisce”. In particolare trovo curioso (nel senso che trovo interessante) il parallelo Oratori di Händel ascesa imperialistica dell’Inghilterra,

e anche tutti gli altri che vi sono riportati.

Davvero interessante ma . . . non vado oltre. (Luca)

 

Ricordo che a scuola mi fu dato un tema con cui, attraverso la storia della lana, avrei dovuto allacciarmi ad alcuni fatti salienti di carattere storico: lo scopo era quello di dimostrare come attraverso la lana si potesse scrivere la storia.

Se questo è possibile con la lana, pensa quanto lo è attraverso le arti tutte e dunque, anche la storia della musica.

Senza andare troppo lontano, possiamo prendere la motivazione che Simone ha dato per la sua preferenza nel portare sull'isola deserta Mozart: « per il suo beffarsi della società per mezzo della sua musica ». Se ci si pensa essa è legata strettamente sia a fattori storici del periodo in cui visse il salisburghese, sia a fattori caratteriali e psicologici, nonché al suo spessore geniale. Haydn, a lui contemporaneo, mai e poi mai avrebbe potuto fare questo.

Ma se Mozart fosse vissuto appena qualche anno prima, con lo stesso carattere e la stessa genialità, non avrebbe mai pensato o osato fare questo tipo di scelta. Il vivere nel periodo dell'Illuminismo con alle porte la Rivoluzione francese, gli permise di ribellarsi a Coloredo prima e poi di farsi beffe, attraverso la sua musica dei potenti.

Ma pensa anche allo stesso Beethoven che visse nel periodo post-Rivoluzione francese e che fu completamente impregnato di quei valori illuministici. Certo, se non avesse avuto quel carattere e quella assoluta certezza della sua grandezza, non avrebbe potuto alzarsi allo stesso livello dei nobili e gridare al principe Lichnowsky a quel modo ma, se fosse vissuto qualche decennio prima, non avrebbe mai osato farlo.

Mio malgrado debbo ancora dare almeno in parte ragione a Buscaroli, quando nella sua brutta e discutibilissima biografia beethoveniana così afferma: « Le apparizioni di un Virgilio, di un Michelangelo, di un Beethoven riescono così prodigiose, che la posterità, quando non sia ancora guasta come oggi, ringrazia la sorte del dono ricevuto, e lo chiama miracolo. Il miracolo ha una spiegazione per chi è abituato a scrutare certi misteri. Rispetto a un Donatello, Michelangelo non è più grande, come si dice nella rozza scala dei valori di cui ci serviamo, Beethoven non è più grande di Sebastian Bach. Ma l'ora di Michelangelo e l'ora di Beethoven battono sui quadranti delle epoche quando i linguaggi e le forme delle arti sono pervenuti al culmine meridiano (...). È un momento breve la “cresta sottile” (...) »

Perché in parte? Perché Buscaroli, da buon reazionario qual è, annette importanza solo all'arte nel determinare quella “cresta sottile”, senza dare alcuna importanza ai fatti storici rilevantissimi che accompagnarono e resero possibili il “miracolo” per questi geni.

Confesso che per la maturazione dell'idea della contestualizzazione storica in me, ha avuto una grossa importanza la lettura fin dalla più giovane età di un libro della biblioteca di mio padre che ancora conservo con affetto: “Come la musica esprime le idee” dell'americano Sidney Finkelstein, del 1955.

Finkelstein fu uno studioso d'arte e, in forte polemica con chi sostenne che la musica fosse un'arte astratta, pura da qualsiasi contaminazione, scrisse questo libro che si propose di riassumere la storia della musica, legandola alla storia, dimostrando quanto in realtà, essa sia ben legata alle sorti dell'umanità e sia impregnata dalle idee che attraverso il corso dei secoli, hanno caratterizzato il pensiero umano. Il libro oggi, sotto vari aspetti è datato, ma ancora molte pagine hanno una freschezza attuale. Ne propongo un passo dell'inizio perché rispecchia il mio pensiero: « La storia della musica è, prima di tutto, la storia della trasfigurazione delle rappresentazioni umane in suoni è la storia della tecnica che, per mezzo della voce, delle dita, del corpo e degli strumenti musicali, riesce a dar vita a queste immagini con una ricchezza sempre crescente. Tale evoluzione è sempre sociale, poiché è prodotta da innumerevoli atti e scoperte, ognuno dei quali si aggiunge al precedente e appartiene al complesso di un popolo.(...)

Per comprendere la musica è necessario situarla nel quadro della vita reale in cui è fiorita. »

Ma veniamo a Händel in specifico! Händel in Inghilterra abbandonò l'opera italiana per comporre oratori in inglese, desumendo i temi dalla Bibbia protestante, che era servita da arma ideologica per la rivoluzione delle classi medie. Essi contengono musica veramente drammatica permeata da sentimenti tragici e, al tempo stesso da una festosa gioia di vivere, in misura molto maggiore dei melodrammi della sua epoca. L'Inghilterra d'allora, ma anche quella vittoriana ebbe molto a cuore questi oratori che ebbero uno straordinario successo fin dalle loro prime esecuzioni. Oratori come “Israel in Egypt” cantano la gloria del popolo eletto, ma dietro a quello israeliano, in realtà, il popolo eletto fu quello inglese. Il “Messiah”, il più celebre fra gli oratori händelliani, ma non il migliore musicalmente parlando, parla in realtà della divisione in Irlanda, fra la maggioranza cattolica e la minoranza protestante e il suo significato ultimo s'enuclea nell'illustrare i confronti di una religione saggia – quella protestante -ottimistica al di là e al di sopra di ogni questione dogmatica, sommamente caritatevole e comprensiva. Nel “Judas Maccabaeus”, la storia questo grande capo militare ebreo, nasconde in realtà un fatto storico del momento: le forze dell'attuale re d'Inghilterra Giorgio II ottennero una grande vittoria contro gli scozzesi a Culloden. La parte finale dell'oratorio, con quel coro di gioia iniziato piano, non può essere stato non tenuto presente da Beethoven nel comporre il finale della Nona Sinfonia.

E qui, come dici tu... « non vado oltre », anzi vado a nanna!

 

Ciao a tutti!

  • Like 1
Link to comment
Condividi su altri siti

Caro Daniele,

 

Curiosissima la differenza tra la tua e la mia posizione!

Pensa che la tua frase - «improponibile sarebbe il contrario» - io la prenderei, tale e quale, per riferirla a quello di cui sono convinto.

Cioè che mi pare più spontaneo decontestualizzare e poi, casomai, contestualizzare.

Di sicuro l’avrò già detto in un altro post, ma mi pare buona cosa ribadire cosa intendo per ‘decontestualizzazione’.

Intendo un rapporto tra me (chiunque) e l’opera d’arte il più possibile ‘libero’: non mediato da guide all’ascolto, esegesi varie (più o meno autorevoli, più o meno “poetiche” o “tecniche”), e non mediato nemmeno da esternazioni e guide all’ascolto che provengano dallo stesso autore dell’opera.

 

Scusa se l’esempio che sto per fare è banale, ma, è quello che è: la mia esperienza personale.

SINFONIA PASTORALE. Quando mi è stata proposta la prima volta, a dodici anni, non è che mi sia stata così tanto contestualizzata. Voglio dire, non ricordo discorsi – neanche vaghi – sul sentimento della Natura, del Divino, in Beethoven o alla sua epoca.

Però questa musica mi ha affascinato. L’ho com-presa. L’ho presa con me: come parte buona della mio mondo affettivo.

Ora, da cinque anni circa, sono un pochino più interessato a cose beethoveniane storiche, biografiche…[Interessato ma non troppo . . . :P manca solo l’indicazione di metronomo!], e mi pare di aver ben contestualizzato questa sinfonia. Anche grazie ai tuoi scritti.

Ma non mi sembra che questa erudizione mi abbia portato a una maggior com-prensione, a un maggior impatto emotivo.

 

A proposito di ‘decontestualizzazione’: quanto sarebbe interessante l’esperienza di qualcuno che la dovesse sentire per la prima volta senza sapere i titoli che Beethoven diede ai vari movimenti! (io purtroppo non posso più).

 

Isomma: decontestualizzare sarà pure, se vogliamo, ingenuo. Ma mi pare la cosa più naturale e spontanea.

Contestualizzare è una cosa buona, utile, doverosa, ma non porta necessariamente a una maggior comprensione di un’opera d’arte.

 

E dette queste cose, mi pare evidente che non possa minimamente condividere l’affermazione per cui

«Per comprendere la musica è necessario situarla nel quadro della vita reale in cui è fiorita»

 

ciao! :)

Luca

Link to comment
Condividi su altri siti

Ciao caro Luca e ciao a tutti quanti leggeranno!

Quando a dodici anni si ascolta una musica – qualunque essa sia – non ha nessuna importanza sapere se sia stata composta in quei giorni o in un tempo indefinito. Quello che ha solo importanza è che quella musica ci suona bene nelle orecchie, ci emoziona, ci trasmette piacere perché, in definitiva, la musica ci deve dare questo. Che poi a farlo sia la canzone che, a sorta di tormentone, ci viene propinata dalla radio non so quante volte al giorno, o la sinfonia che ci ha fatto ascoltare qualcuno, dipende dall'indole del fanciullo.

Ma questo,dal mio punto di vista, non vuol dire decontestualizzare la musica, vuol dire più semplicemente ascoltare la musica e vedere l'effetto che fa.

Decontestualizzare un'opera d'arte è tutta un'altra cosa ben più complessa e articolata che comporta una conoscenza dell'opera in una certa maniera e che, soprattutto, non può essere affrontata da una mente fanciullesca.

Decontestualizzare un'opera vuol dire, domandarsi cosa questa musica composta e concepita con dei metodi completamente diversi da quelli in voga oggi, possa dire, innanzi tutto a noi personalmente e poi, a tutta l'umanità.

Tu poi Luca, hai il privilegio di poter leggere uno spartito e seguire la musica con quello. Ebbene, se non contestualizzi la musica nella sua epoca e non la raffronti con i compositori ad essa contemporanei, come puoi poi affermare che questa e non un'altra, che quello e non un altro, è la musica, il compositore più grande o, quello che preferisci?

Ma al netto di questo privilegio, anche solo ascoltandola e avendo un'idea sull'evoluzione della materia sonora all'interno della storia della musica, come potrai mai dare risposte convincenti, se non conoscerai quel determinato periodo storico, la personalità psicologica del compositore almeno sommariamente?

Prendiamo alcuni degli infiniti esempi che potrei fare per sostenere la mia convinzione e per spiegare meglio cosa intendo.

Mettiamo che tu decida di ascoltare in ordine tutte le sinfonie da Haydn in avanti e dunque, tu abbia ben notato che tutte finiscono, sostanzialmente, con un Allegro. Poi improvvisamente ti trovi davanti alla Sesta Sinfonia “Patetica” Opus 74 del 1893 di Čajkovskij che finisce con un meraviglioso “Adagio lamentoso”, mentre il terzo movimento, solitamente uno Scherzo, è invece quell'Allegro molto vivace che dovrebbe essere l'ultimo movimento – accade spesso che, nelle esecuzioni di questa Sinfonia, il pubblico applaude dopo il terzo movimento come se fosse la fine - Una lunga pausa e poi ecco che iniziano le splendide note di questo “Adagio lamentoso”.

Alla inevitabile domanda del come mai Čajkovskij che tutto fu, fuorché un compositore innovatore o rivoluzionario, abbia fatto questa scelta, lui per primo, per quella che fu la sua ultima Sinfonia, visto che morì solo pochi giorni dopo l'esecuzione della sua prima, solo contestualizzando in quella che fu la vita del compositore, le sue scelte sessuali, la terribile mentalità – per altro ancora purtroppo molto radicata – in una Russa ortodossa e ampiamente bigotta, si potrà cercare la risposta.

Pensiamo al ciclo sinfonico e, più in generale, a tutta la musica di Gustav Mahler. Ma come mai potremo cercare di comprendere questa musica senza inquadrarla nel clima storico di fine 800, inizio 900, caratterizzato da un sostanziale male di vivere e dalla sensazione che presto ci sarebbero state catastrofi immani? Ma come potremo farlo anche senza sapere nulla del compositore, del suo essere ebreo ed essersi convertito al cattolicesimo, della sua infanzia terribile, del disastroso matrimonio con Alma, della sua seguente impotenza e, infine, della prematura morte dell'adorata figlioletta? Se non riusciamo a conoscere queste cose non potremo mai dare risposta al fatto che questo, grandissimo compositore, scelse di fare Sinfonie che fossero « la costruzione di un mondo, attraverso tutti i mezzi e gli espedienti possibili di cui posso avvalere ». Sinfonie che diventarono per la loro lunghezza dei veri e propri romanzi musicali, “sporcate” - notare le virgolette – da bande militari di trombe e tromboni, percussioni che rispondono ai suoni irreprimibili di una marcia per la maggior parte composta da ottoni e legni, gong, celesta, tamburi e tamburelli, nacchere, xilofono, triangolo, piatti e, addirittura il campanaccio delle mucche.

La stessa cosa vale per Šostakovič: è possibile avvicinarsi a questo gigante del Novecento senza sapere nulla del suo travagliato rapporto con il potere sovietico e stalinista in particolar modo? Perché una sinfonia come la sua quarta – che è geniale – ad esempio, egli decise di non presentarla nel 1936 – anno della sua concezione – ma solo nel 1957. Solo entrando nei suoi meandri psicologici potremo comprendere il perché egli, a differenza di Stravinskij, decise, pur non condividendo nulla di quel potere, di restare in URSS, di aderire al PCUS e di sottomettersi fino al punto di condizionare il proprio modo di comporre e, ciò nonostante, producendo capolavori immensi.

Ma poi infine Luca, usciamo dalla musica e andiamo a quel magnifico ponte pittorico con la musica che è “Il fregio di Beethoven” di Gustav Klimt che insieme abbiamo ammirato alla Secession di Vienna nell'agosto del 2009.

Noi potevamo entrare lì e ammirarlo basandoci su « un rapporto tra (noi) e l’opera d’arte il più possibile ‘libero’: non mediato da guide all’ascolto, esegesi varie (più o meno autorevoli, più o meno “poetiche” o “tecniche”), e non mediato nemmeno da esternazioni e guide all’ascolto che provengano dallo stesso autore dell’opera. », dare sfogo ai nostri istinti e alla nostra fantasia. Ma, ripeto questo non è decontestualizzare un'opera, è solo un sano gioco di spontaneità e di confronto fra due o più sensibilità.

Pensaci un attimo Luca, decontestualizzarlo noi lo abbiamo fatto Luca ma, solo quando? Dopo aver capito che quel trittico discendeva dalla parole di Wagner sulla Nona, inquadrandolo nel suo tempo storico e artistico e, lo abbiamo fatto scrivendoci pagine e pagine di blog! Dunque Luca, permettimi e scusami se molto amichevolmente insisto: “contestualizzare per decontestualizzare”, improponibile è il suo contrario.

Link to comment
Condividi su altri siti

Join the conversation

You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.

Guest
Rispondi a questa discussione...

×   Incollato come rich text.   Incolla come testo normale invece

  È permesso solo un massimo di 75 emoticon.

×   Il tuo link è stato incorporato automaticamente.   Visualizza come collegamento

×   Il tuo contenuto precedente è stato ripristinato.   Cancella editor

×   Non è possibile incollare direttamente le immagini. Carica o inserisci immagini dall'URL.

Loading...
 Share

×
×
  • Crea nuovo...