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Piano Concerto - Forum pianoforte

Il grande problema.... della creatività


Feldman
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Salve a tutti cari Forumisti,

 

che ne pensate della creatività nelle scelte compositive? Secondo voi il grande compositore del passato (di qualsiasi epoca storica) in base a quale criterio stabiliva la struttura tematica, le modulazioni e tutto il resto all'interno di una composizione? Ho letto in un testo di cui ora non ricordo proprio il nome che nei brani dei grandi autori quali Bach, Mozart, Beethoven etc. tutto (ma proprio TUTTO) è racchiuso nel tema e la parte restante non è altro che un suo sviluppo.... allora mi chiedo, quanto regge la questione della creatività, del modo "fantastico" di sviluppare qualcosa? Le scelte di un compositore sono "libere" o comunque vincolate da rapporti strettissimi con il tema?

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Per tornare al topic, penso che il tema è il contesto, il compositore (come penso voglia ricordare Natan) dichiara i confini stilistici, l'ambito, le "regole" e nelle stesse da sfogo alla fantasia sviluppando elementi del tema stesso che ha appunto presentato.

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la parte restante non è altro che un suo sviluppo.... allora mi chiedo, quanto regge la questione della creatività, del modo "fantastico" di sviluppare qualcosa? Le scelte di un compositore sono "libere" o comunque vincolate da rapporti strettissimi con il tema?

Scrivere un un tema capace di reggere mezz'ora di musica non è che non richieda fantasia. O meglio, la fantasia serve proprio nell'elaborare quel materiale per mezz'ora...certo che serve fantasia. Altrimenti dato un tema, tutte le elaborazioni sarebbero uguali e invece c'è una disciminante, quale? Appunto la fantasia e la tecnica del compositore; la tecnica è al servizio della fantasia...per cui resta la Fantasia.

 

Poi nei brani di lungo respiro le idee tematiche sono più di una.

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Argomento interessante.

E, come sempre, la questione è storicizzata.

Quando parliamo di forme non dovremmo scordarci del fatto che ci sono anche dei principi compositivi che stanno alla base delle forme. Cioè, una romanza è una romanza, ed è una forma in tutto e per tutto, ma un mottetto isoritmico o una messa parodia sono forme che si basano su principi compositivi molto legati a precisi elementi musicali. Uno dei "miti fondatori" di quasi tutte le teorie della forma, poi, è l'organicismo, l'idea, ovvero, che la forma si sviluppi con l'andare avanti della composizione ma che, in nuce, sia tutta compresa nel suo inizio. Ovvero quello che ha detto Feldman nel primo messaggio. Ci sono stili, tecniche e forme che non seguono questo principio (le famose forme "Durchkomponierte", per esempio, come i madrigali), ma è innegabile che l'organicismo sia molto presente nella storia della musica

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La musica è linguaggio (almeno secondo l'opinione ancora consolidata) e come tale non può fare a meno della forma (altrimenti risulta incomprensibile).

L'opera d'arte è sostanza e forma. La creatività si esprime dunque, necessariamente attraverso una forma determinata. La creatività è un fatto di idee e sentimento, la forma è un fatto di tecnica. Il processo creativo parte dall'idea che acquista forma attraverso un paziente e sapiente lavoro "artigianale". Gli strumenti tecnici (se volgiamo l'"artigianato" musicale) rappresentano uno strumento formidabile al servizio della creatività e consentono di esprimere e sviluppare in modo autentico le proprie idee, e a volte le suggeriscono pure.

Ad esempio, la facilità di Bach nel comporre (addirittura improvvisare) fughe nasceva da una straordinaria familiarità con la tecnica contrappuntistica... Beethoven creava architetture gigantesche partendo da un tema, o addirittura da un semplice motivo, che veniva frammentato e sviscerato sino al parossismo attraverso un procedimento tecnico (individuare le caratteristiche del tema, i singoli motivi che lo compongono, gli aspetti ritmici, armonici, le possibilità di variazione, di riarmonizzazione, di modulazione, ecc...).

Senza nulla togliere alla c.d. "genialità" si trattava per entrambi di un fatto tecnico, "formale" che (se vogliamo paradossalmente) dava loro una libertà di espressione infinita.

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La musica è linguaggio (almeno secondo l'opinione ancora consolidata) e come tale non può fare a meno della forma (altrimenti risulta incomprensibile).

 

si sono scritti libri e libri su tutto questo. E, credimi, nessuna opinione è consolidata, soprattutto quella che la musica sia un linguaggio.

 

L'opera d'arte è sostanza e forma.

 

come sopra.

Per altro, io continuo sempre a pensare una cosa... ok che abbiamo una didattica tremenda in Italia, ma quando a scuola vi dicevano "è così e basta" voi eravate contenti? Le affermazioni vanno argomentate, non dico provate, ma almeno argomentate.

In più di 2000 anni di filosofia ci sono state CENTINAIA di definizioni di forma.

Su tutto il resto, quindi, stesso giudizio di genericità...

 

Rispondo anche ad Aspirante.

Riesci a dirmi cosa non capisci? Magari citando il mio messaggio, non so... non è così lungo.

Ripeto comunque i concetti chiave.

Esistono "principi formali" ed esistono "forme".

Il principio formale è, nelle parole di Plotino ( http://it.wikipedia.org/wiki/Plotino ), l'unicità a cui si riduce il molteplice. L'idea che un intero pezzo sia costruito su pochi elementi, o perfino su un solo elemento, è una diretta conseguenza della filosofia della forma di Plotino che, piuttosto che parlare di forme, parla appunto di principi formali. A me non piace fare quei paralleli tipo "Plotino vive nel medioevo, allora la musica medievale segue la teorizzazione di Plotino". Non sempre funziona così, anzi. Ma esistono composizioni, anche medievali, in cui funziona così. Molta polifonia antica ha dei principi formali unificatori, ed il mottetto isoritmico (un genere) più che avere una forma ha una serie di principi formali.

La forma, invece, è in genere un modello con cui si susseguono le parti di qualcosa. Più o meno questa definizione è aristotelica (Aristotele parla della forma della tragedia ne La Poetica). Quando parliamo di forme tripartite o bipartite parliamo, effettivamente, di forme, esterne. Le forme si riconoscono dall'esterno, in un certo senso. I principi formali dall'interno. Non so, sarebbe come dire che le forme sono le formine per i biscotti, che non tengono insieme la pasta ma la delimitano. In realtà, però, la pasta sta insieme perché hai scelto di unire burro, uova e farina, e questa unione è il principio formale, la costante strutturale del biscotto.

Quasi tutte le forme musicali sono un'unione di forme esterne e di principi formali. La forma sonata, come si sa, è tripartita. Ma il fatto che sia bitematica non ha a che fare con la forma esterna, è piuttosto un principio formale.

Quando parlo di organicismo parlo di quella particolare unione tra forma esterna e principio formale che c'è negli esseri viventi. Pensa al DNA. Il DNA è un principio formale, cioè, non è visibile dal di fuori ma è il principio per cui tutto si forma. L'idea che una composizione ben scritta abbia alla base un principio formale così forte da essere l'unica cosa da cui si sviluppa è un mito fondatore di molta musica classica (e di molta analisi musicale). La stessa analisi schenkeriana, una tecnica di analisi di cui abbiamo parlato spesso su questo forum, si basa sull'idea che alla base di OGNI composizione tonale ci sia una stessa struttura formale.

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Concordo, Topic interessante, servirebbero decine di libri ma la prima cosa che mi è saltata all’occhio è questa parte del post di Pestatasti

 

La musica è linguaggio (almeno secondo l'opinione ancora consolidata) e come tale non può fare a meno della forma (altrimenti risulta incomprensibile).

 

Vorrei dare alcuni elementi di riflessione. Che la musica sia assimilabile ad un linguaggio può essere ma servono alcune dovute precisazioni. Suppur esiste sempre un codice (e nel ‘900 c’è stata la massima apertura dei codici) e una sintassi, l’assenza di semantica porta questa arte a non avere significato ma senso.

Infatti la musica è connotata ma non denota. La connotazione del linguaggio musicale fa si che posso cambiare ad esempio una melodia dando sensi distinti. Appunto: musica, più sensi e nessun significato

 

 

L'opera d'arte è sostanza e forma. La creatività si esprime dunque, necessariamente attraverso una forma determinata.

E qui bisognerebbe trovare il modo di inserire Messiaen e, consapevoli che il discorso non può essere universale, non esiste solo la realtà occidentale. Per capirci, noi scriviamo da sx verso dx ma da altre parti fanno il contrario…tutti scrivono, leggono e si capiscono…per cui il discorso si incasina sempre di più. L’invito è di dare un contesto :)

 

La creatività è un fatto di idee e sentimento, la forma è un fatto di tecnica. Il processo creativo parte dall'idea che acquista forma attraverso un paziente e sapiente lavoro "artigianale".

Direi che la scrittura è accoglimento emozionale di un bilanciamento fra pensiero ed energia (sonora), operazione che avviene tramite artigianato.

 

La riflessione però è questa, quando viene immesso il pensiero (parliamo sempre del ‘900), in modo portante viene incrinato l’aspetto emozionale

Inoltre nel secondo ‘900 non esiste l’oggetto di partenza “aulico”, c’è il materiale di partenza

 

 

Gli strumenti tecnici (se volgiamo l'"artigianato" musicale) rappresentano uno strumento formidabile al servizio della creatività e consentono di esprimere e sviluppare in modo autentico le proprie idee, e a volte le suggeriscono pure.

Condivisibile

 

 

nessuna opinione è consolidata, soprattutto quella che la musica sia un linguaggio.

In effetti, come dicevo, mi sento di parlare solamente di codici asemantici.

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Per rispondere all’amico Feldman, spesso la risposta sta nelle buone domande

 

che ne pensate della creatività nelle scelte compositive?

Riflettiamo sul termine “scelte”, se le opzioni non sono date si richiede creatività per cercarle…ma anche tecnica per la loro fattibilità, poi ci tornerò.

 

Secondo voi il grande compositore del passato (di qualsiasi epoca storica) in base a quale criterio stabiliva la struttura tematica, le modulazioni e tutto il resto all'interno di una composizione?

Premesso che nel termine “passato” includo anche tutto (ripeto, tutto!) il secolo scorso e mi sembra che tu vada a comprenderlo dalla sottolineatura “di qualsiasi epoca storica”, penso tu ti riferisca a tema, modulazioni in senso lato. Per cui tema v/materiale o modulazioni verso traslazione, trasposizione di un eventuale serie, etc. a seguire.

 

Penso si possa riassumere il tutto con l’estetica, che ovviamente è un mondo ma che guida l’istinto nel musicista a scrivere musica del suo tempo e non mi riferisco all’aggettivo/avverbio “contemporaneo” ma alla modernità nella quale l’artista si pone in senso responsabile verso la tradizione e l’alimenta (senza mercificare).

 

Ho letto in un testo di cui ora non ricordo proprio il nome che nei brani dei grandi autori quali Bach, Mozart, Beethoven etc. tutto (ma proprio TUTTO) è racchiuso nel tema e la parte restante non è altro che un suo sviluppo.... allora mi chiedo, quanto regge la questione della creatività, del modo "fantastico" di sviluppare qualcosa? Le scelte di un compositore sono "libere" o comunque vincolate da rapporti strettissimi con il tema?

Questo invece è un ambito più ristretto. La musica di questo periodo dipende appunto dall’oggetto “aulico” di partenza. La musica vive per quell’oggetto per cui la creatività è orientata a sviluppare e trasfigurare appunto il tema o soggetto che sia.

 

Purtroppo per molti la composizione musicale non è solo fantasia, non è solo ispirazione…il grosso è un lavoro molto tecnico, tecnica che tiene conto del gusto e dell’estetica ma sempre tecnica è.

Più si va avanti, più si consolida il proprio stile e più la fantasia è “circoscritta” è resta tanto lavoro…e lo sapevano anche i grandi, ricordo questa discussione aperta da Carlos e la sorpresa nel leggere alcuni pensieri di Mozart relativamente agli obiettivi che si poneva in termini di fruibilità

 

http://www.pianoconc...va-anche-mozart

 

Cioè, genio consacrato, che si chiede come mettere in fila le note per raggiungere un obiettivo molto legato al senso estetico del suo periodo.

Ergo, tanta tecnica (oh!, Lui, il sommo, andava a lezione da Padre Martini) finalizzata a piegare il materiale per raccontare (bei tempi quando la musica era solo a carattere narrativo) qualcosa ai sui simili.

 

Già il fatto che il flauto non suona sotto il do è un implicazione tecnica che guida la fantasia verso magari altri strumenti (ma anche qui, come si inserirebbe Lachenmann? Eh..eh)…e scava, scava…la tecnica è molto corposa. Praticamente è un iceberg, si vede la cresca, la parte più esteriore del brano ma tutto il lavoro tecnico è annegato e deve esserlo…altrimenti resta un esercizio.

 

Diciamo che le mie sono riflessioni in libertà espresse dal punto di vista del compositore con un po’ di coscienza storica…tu/voi cosa ne pensate?

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Thallo, Frank, vi ringrazio per le vostre colte precisazioni critiche che in gran parte condivido.

Thallo, è più che corretto il riferimento all'organicismo, del resto Feldman si riferiva ai compositori "del passato" citando i tre grandi miti del periodo barocco e classico. I compositori di quel periodo erano molto attenti a far sì che lo sviluppo di un brano non né compromettesse l'unità e addirittura la simmetria formale. Ciò avveniva grazie all'uso degli elementi motivici del tema (o dei temi) - e nel contrappunto del soggetto e/o controsoggetto - con cui venivano costruite le frasi che, a loro volta, davano vita ai periodi dell'intera composizione. Ogni frase era diversa dall'altra e tuttavia mantenevano tutte un'impronta ed una matrice unitaria (quale che fosse la struttura di quella che tu chiami "forma esterna": sonata, concerto, danza, fuga, ecc...)

Sulla musica come liguaggio ti rispondo così: sono consapevole della complessità ma rifiuto il relativismo. Certo avrei fatto meglio ad usare la parola "forma di espressione" anziche "liguaggio" (legata al concetto di lingua). Mi sembra oggettivo il fatto che la musica (e l'arte) sia una forma di espressione, cioè un mezzo per esprimersi e quindi mettersi in contatto (direi in comunicazione, ovviamente non verbale) con l'ascoltatore. Lo confermano anche termini come "espressione artistica", "con espressione", "con dolcezza", "agitato", ecc... La domanda piuttosto è: cos'è che comunica, cos'è che esprime la musica? Una teoria, un concetto, un sentimento? Ovviamente una risposta (non banale) a questa domanda non esiste in quanto ciò che comunica la musica, il senso di cui parla Frank, è ineffabile, indicibile a parole ma ben chiaro e presente allo spirito di chi ascolta.

Ritengo quindi che se il compositore non intende rinchiudersi nel solipsismo artistico (il che potrebbe anche essere una scelta assolutamente legittima) deve necessariamente accettare di esprimersi in una "forma" riconoscibile ed intelligibile per gli altri. E' naturale poi che ci sono innumerevoli forme diverse tra loro a seconda del genere musicale e del contesto culturale e mi sembra pure vero che, mi scuserete se dico una castroneria, l'arte moderna abbia messo in crisi il concetto di "forma", ma qui mi fermo non volendo addentrarmi in un campo che non conosco...

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p.s. penso di aver argomentato e comunque di aver espresso il mio pensiero (prendetelo per quello che è) ovviamente in modo non accademico non intendendo diquisire sulle CENTINAIA definizioni di forma che sono state date in più di 2000 anni di filosofia (non riterrei peraltro questa la sede più opportuna)

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  • 2 weeks later...

solo per chiudere il discorso.

Guarda il frammento della k332 di Mozart.

Perchè ripetere do-fa do-fa solo con la differenza di un ottava ?

quanti compositori avrebbero messo solo uno dei due accordi magari il primo ?

 

suonando la sonata senza uno dei due passaggi, non quadra, mentre così tutto fila perfettamente.

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  • 1 year later...
  • 3 weeks later...

solo per chiudere il discorso.

Guarda il frammento della k332 di Mozart.

Perchè ripetere do-fa do-fa solo con la differenza di un ottava ?

quanti compositori avrebbero messo solo uno dei due accordi magari il primo ?

 

suonando la sonata senza uno dei due passaggi, non quadra, mentre così tutto fila perfettamente.

Ciò che si dice geniale, e che forse sarebbe più appropriato definire raffinato, è variare più possibile il discorso musicale senza comprometterne la coerenza.

E' esemplare come, qui, la semplice ripetizione letterale della cadenza un'ottava sotto crei varietà mantenendo coerenza, enfatizza la chiusa, rende più "d'effetto" il contrasto con ciò che segue, e tutto ciò senza che la stessa ripetizione della cadenza risulti monotona o superflua.

Spesso Mozart evita la monotonia pur ripetendo letteralmente il tema... all'ottava sotto, rivoltando gli accordi dell'accompagnamento, o semplicemente raddoppiando il basso o usando contrasti forte/piano.

Anche questa è tecnica, che ovviamente Mozart sapeva usare con sofisticata raffinatezza e gusto sopraffino.

Altro è a dire per quel che guida ogni compositore nella creazione dei temi e delle melodie, qui si l'intuizione personale fa la differenza.

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