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Piano Concerto - Forum pianoforte

Quell'impronta un po' militare


Rotore
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Rosso-Nero Bianco sullo sfondo e azzurro.... personalmente mi piace perché è molto, molto blucerchiato, ed io sono sampdoriano; inoltre apprezzo il suggerimento, molto puntuale. Non sono convinto del grassetto, sembra un piccolo attacco a Rotore, che invece arriva a risultati forse falsati da un ascolto parziale, in nessun caso condivisibili, ma sempre molto garbato e sulle righe. Lo stimo molto.

 

Ciao Armando, come stai?

Complimenti per tutto il tuo lavoro che è stupendo. Non so se mi hai riconosciuto ma sono quel Daniele già iscritto precedentemente ai tuoi vecchi forum.

Mi spiace per il grassetto che in realtà è venuto di suo e non intenzionalmente. Non pensavo potesse dare adito ad interpretazioni di questo genere e me ne scuso con Rotore se in tale maniera lo ha inteso.

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Ciao caro Daniele!

 

Che piacere averti ancora con me! Certo, non sono il padrone di casa, ma neppure un semplice inquilino.... Diciamo che sono.... In "comodato di' uso"! La scelta di avere un forum come questo é stata un ottima idea di un amico del forum, che tengo celato per correttezza, ma che non ringrazierò mai abbastanza. Siamo molti del vecchio forum, e non dispero vengano anche gli ultimi iscritti. Vigilo, é vero, sulla forma. Ma questo é per preservare quel clima di franca serenità che si é creata nella sezione. Ma litigano, sai? Eccome se litigano. Come dice Tex, qua ci sono "teste fini" e lo dico senza ironia, anzi, con ammirazione. Gli argomenti sono spesso molto vari ed interessanti. Grazie per i complimenti al mio lavoro. In effetti sono al.... 34,5 % del cammino. Non finirò mai, oramai me ne sono fatto una ragione. Ma é bello avere intrapreso questo cammino con voi, cari amici.

 

Un abbraccio,

 

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Cosa ne pensate del fatto che spesso le opere Beethoveniane risentono di questi ritmi un po' marcistici? Diciamo ... militari?

 

A me, dove molto evidente da un po' ai nervi. Non vorrei essere tacciato come eretico, però mi interessa il parere anche degli amanti più sfegatati di Beethoven.

 

 

La questione che tu poni in termini critici è, in realtà, assai significativa del modo di comporre di Beethoven soprattutto nel cosiddetto “Periodo eroico” che sostanzialmente prende avvio dal tempo del testamento di Heiligenstadt ed ebbe fine dopo il Congresso di Vienna. Sempre importante è, - e in particolare in Beethoven - contestualizzare – non mi stancherò mai di usare questo verbo – il periodo storico e psicologico per comprendere le sue scelte. Fu infatti dopo la crisi depressiva che lo portò sull'orlo del suicido, dovuta in buona parte dalla piena presa di coscienza dell'irreversibilità della malattia che lo rese completamente sordo, 14 anni dopo e, anche alla fine della sua storia d'amore con Giulietta Guicciardi che si avviò pienamente il processo creativo che va anche sotto il nome di “secondo stile” che però – attenzione anche su questo perché è sempre importante tenerlo presente – iniziò già la sua prima maturazione fino dalle prime opere del catalogo ed ebbe ancora ripercussioni nel tardo stile.

Sostanzialmente Beethoven operò sulla forma – sonata ereditata da Haydn e Mozart, ingaggiando con essa una lotta che lo portò nelle sue ultime Sonate e nei suoi ultimi Quartetti alla sua – quasi - dissoluzione. Celeberrimo su questo argomento è quel passo del “Doktor Faustus” di Thomas Mann dove si discute del perché Beethoven nell'Opus 111 non abbia fatto seguire un terzo tempo: « (...) Un terzo tempo? Una nuova ripresa (...) dopo questo addio? Un ritorno (...) dopo questo commiato? Impossibile. Tutto era fatto: nel secondo tempo, in questo tempo enorme la sonata aveva raggiunto la fine, la fine senza ritorno. E se diceva “la sonata” non alludeva soltanto a quella sonata in do minore, ma intendeva la sonata in genere cone forma artistica tradizionale; qui terminava la sonata, qui essa aveva compiuto la sua missione, toccato la meta oltre la quale non era possibile andare, qui annullava sé stessa e prendeva commiato (...) un addio grande come l'intera composizione, il commiato dalla Sonata.(...) »

Il principio che guidò lo spirito compositivo di Beethoven viene definito dei “principi opposti”, in quanto caratterizzato da un continuo alternarsi di contrasti drammatici: ai vari temi ed alle varie frasi, ne rispondono altre contrarie; ad un passaggio avente un determinato ritmo, ne risponde un altro con un ritmo diverso. Questa concezione, Beethoven, la fece discendere dalla filosofia di Kant e, precisamente dai “Fondamenti metafisici della scienza e della natura” dove il filosofo parlò della forza di attrazione e repulsione come originario impulso della materia. Il compositore scrisse in uno dei suoi Quaderni di conversazione: « Nell’anima come nel mondo fisico agiscono due forze entrambe ugualmente grandi, ugualmente semplici, desunte da uno stesso principio generale: la forza di attrazione e quella di repulsione. »

Con l’aumentare della sordità Beethoven per comunicare si affidò sempre di più alla parola scritta. Il visitatore che si recava a trovarlo veniva invitato a scrivere mentre - quasi sempre ovviamente - il compositore rispondeva oralmente. Questi scritti sono rimasti a noi purtroppo, solo in parte perché dei quattrocento Quaderni di conversazione - che risalgono agli ultimi 10 anni della vita del Genio di Bonn - ne sono rimasti solo 137, colpevole di ciò quel disgraziato di Schindler che bruciò i restanti.

Luigi Magnani, grandissimo studioso beethoveniano, in un suo libro “Beethoven nei suoi quaderni di conversazione” pubblicato da Einaudi, fece un’analisi veramente interessantissima e coinvolgente che mise in luce il pensiero beethoveniano in una maniera veramente eccelsa. «“I temi ora vengono sentiti come idee, espressioni appunto del conflitto che agita l’animo umano fra materia e spirito, fra mondo e io soggettivo, fra senso e ragione.” Così si esprime lo stesso Beethoven e nei Quaderni definisce la dialettica bitematica della forma-sonata: il primo tema è inteso come “principio di opposizione” e il secondo come “principio implorante”. goethianamente, il primo è l’elemento “maschile” che si afferma come energia ritmo-melodica e tonale (cioè come scelta e imposizione di una determinata tonalità); il secondo, l’elemento “femminile”, è caratterizzato da un flusso melodico-armonico indeterminato, totalmente vago e modulante (tendente cioè ad altre tonalità). Da questa dialettica opposizione fra i due temi-idee, in continuo divenire, scaturisce il principio vivente: esso si riconduce a quel concetto dell’unità vivente che, proprio in quegli anni Hegel andava in modo dialettico sviluppando sul principio delle antinomie di Kant.

Beethoven sembra registrare, con impressionante forza, questa nuova concezione del mondo che la cultura tedesca e la filosofia vanno elaborando agli inizi del secolo. Si comprende dunque come lo schema normativo della forma-sonata bitematica tripartita venga sottoposto ad una nuova funzione strutturale, perché riempito di contenuti ideologici che ogni volta tendono ad allargarsi, nell’ansia di un discorso il quale vuole essere il più possibile compatto, nella chiarezza della forma, come diretta emanazione della vita interiore dell’artista. (...) i temi ora vengono sentiti come idee, espressioni appunto del conflitto che agita l’animo umano fra materia e spirito, fra mondo e io soggettivo, fra senso e ragione.». Il musicologo Eduardo Rescigno aggiunge: « É questa forma che rispecchia la concezione dell’homo novus, di quell’individualismo che succedeva allo sfacelo delle vecchie classi sociali, conferendo consapevolezza anche a chi aveva dovuto fino ad allora accontentarsi di verità riflesse, esperite da altri: è questa forma, basata su un dualismo tematico, che diventa l’espressione di un’attività dialettica, logica connaturale allo spirito umano. (…) la forma sonata riesce così congeniale a Beethoven che egli ne assimila il dualismo volgendolo ad atteggiamenti di serenità e di tensione, con tutte le conseguenti derivazioni e sfumature ( il tema maschile e femminile ad esempio) al punto che tutto il suo spirito s’identifica nella plasticità dei due temi (…) Se in Haydn e Mozart il cosiddetto “sviluppo” della forma-sonata ebbe una connotazione di funzione elaborativa dei due temi presentati, in Beethoven divenne conflitto. La variazione non fu più solo tale ma divenne una vera e propria metamorfosi. La musica da intuitiva divenne pensata. Beethoven introdusse idee associative che, in quanto tali, sconvolsero completamente i temi, li frantumarono, conferendo in questa maniera, identità anche alle più piccole cellule musicali di quei brani. Se prima di Beethoven i temi e le relative variazioni si svolsero come una sorta di “moto perpetuo” – come li definì Giulio Confalonieri – che terminavano con la fine del pezzo, Beethoven proiettò la virtualità di ogni tema al di fuori come se in essi agisse una sorta di forza centrifuga, che ne eliminò le parti più scadenti, le riforgiò, cercando ogni volta di conferire alle sue opere una storia personale che le facesse vivere una vicenda autonoma. »

E anche il più grande filosofo spagnolo vivente Eugenio Trias analogamente a Rescigno scrive di questo argomento sul suo libro “Il canto delle sirene” Tropea editore: « (,,,) Il netto contrasto fra il primo tema, impositivo e virile, e secondo tema, femminile cantabile, l'uno nel registro della tonica, in maggiore, e l'altro nella dominante, in minore costituisce senz'altro un novum, in quanto si gioca sul piano della drammatizzazione espressiva, pur coinvolgendo tutte le risorse del contrasto tonale e delle sottili gerarchie fra gli intervalli. (...) In Beethoven, l'espressività tematica e melodica è data dal carattere orecchiabile e conciso dei suoi temi e motivi; il compositore eredita questa caratteristica da Haydn, ma con lui diventa un elemento innocuo e persino infantile che contrasta con la scrittura sapiente (contrappuntistica) e drammatica (intensamente espressiva) che può raggiungere nella sezione dello sviluppo, suscitando meraviglia nell'ascoltatore.

Le opposizioni, gli antagonismi e le contraddizioni drammatiche dei temi in Beethoven sono sostenute dalle contrapposizioni armoniche e dai calcolati contrasti tonali che i fattori dinamici potenziano fino al parossismo.

In questo modo si ottiene una grande espressività, che si unisce alla sensibilità più raffinata. Si assiste alla nascita di un tema marziale dalla grande spinta dinamica che porta a una tranquillità ariosa e cantabile, creando un grande contrasto fra temi epici che ricordano il ritmo della marcia e arie dai toni sentimentali: questo crea una specie di armonia degli opposti fra Marte e Venere, fra la ragione eroica e la pascaliana raison du cœur, fra intelligenza pratica, assertiva e virile, ed emotiva (sensibile, evocatrice e nostalgica). »

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