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Piano Concerto - Forum pianoforte

Perche' Beethoven Scrisse Un Testamento


Kappa
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Aiut..... stavo scrivendo per l' altro post, ma dirotto qua il mio pre-cena: Beethoven scrisse due testamenti: (Dino arriva vicinissimo alla verità con un singolo colpo) Uno Spirituale, nel 1802, ed uno giuridico (per me più toccante) sul letto di morte, nel marzo 1827. Il primo è il famoso "Testamento di Heiligenstadt: 6 ottobre 1802

Per i miei fratelli Carl e ..................(qua ci stà il nome dell' altro fratello) Beethoven

"O voi uomini che mi considerate e mi chiamate un essere astioso, ostinato, misantropo, quale torto mi fate! Voi ignorate la ragione segreta di ciò che così vi appare! Il mio cuore,il mio spirito erano portati al delicato sentimento della benevolenza. Sono stato sempre disposto a compiere grandi azioni. Ma pensate che da sei anni mi ha colpito un male senza speranza di guarigione aggravato da medici incapaci. Di anno in anno ingannato nella speranza di migliorare, costretto infine ad accettare le eventualità di una infermità durevole la cui guarigione forse durerà degli anni o è del tutto impossibile,dotato di temperamento ardente e vivace, portato ad un tempo ai divertimenti della società, io ho dovuto ben presto isolarmi, e passare la mia vita in solitudine. Io ho voluto anche, qualche volta, pormi al disopra di tutto questo, ma come duramente sono stato respinto dalla rinnovata, triste esperienza del mio infermo udito! e pure mi era ancora impossibile dire agli uomini: “parlate più forte, gridate, sono sordo”. Ah! come confessare la debolezza di un senso che in me dovrebbe essere di un grado più perfetto che negli altri, di un senso che un tempo possedevo con una perfezione immensa, con una perfezione tale che pochi musicisti certo hanno o hanno mai avuto? Oh, non posso. Perdonatemi dunque se mi vedrete appartare quanto volentieri con voi mi unirei. La mia disgrazia mi fa doppio male perché io per essa debbo essere incompreso. Non mi è più permesso cercare ristoro nella compagnia degli uomini, nella nobile conversazione, nelle scambievoli confidenze. Completamente solo, o quasi, io posso unirmi alla società solo quel poco che richiede la più pressante necessità. Debbo vivere come un proscritto. Appena mi avvicino agli uomini mi sento preso da un’angoscia terribile perché ho paura di essere esposto al rischio di far conoscere il mio stato. Così è stato anche in questi sei mesi che io ho trascorso in campagna. Consigliato dal mio saggio medico a risparmiare il mio udito quanto più fosse possibile, egli quasi veniva incontro alla mia presente naturale disposizione, sebbene, spinto qualche volta alla compagnia della mia tendenza, mi lasciassi convincere a parteciparvi. Ma che umiliazione quando qualcuno vicino a me percepiva da lontano un flauto ed io non sentivo niente, o quando qualche altro sentiva cantare il pastore, ed io non sentivo niente. Tali fatti mi portavano quasi alla disperazione: mancò poco ch’io mettessi fine ai miei giorni. Solo lei, l’arte, mi ha trattenuto. Ah, mi sembrava impossibile lasciare il mondo prima di aver espresso tutto ciò per cui mi sentivo creato, e così prolungavo questa mia miserabile vita, veramente miserabile, con un corpo così sensibile che un cambiamento un po’ brusco può gettarmi da un migliore stato di salute ad uno peggiore.

Pazienza! Questo significa che io debbo scegliere a guida la pazienza: ed ho pazienza. Durevole, spero, deve essere il mio proposito di resistere finché piaccia alle Parche inesorabili di tagliare il filo della mia vita. Forse andrà meglio, forse no: son rassegnato. Essere costretto a diventare filosofo a 28 anni non è facile, e per un artista è più difficile che per qualsiasi altro uomo. Divinità! Tu guardi nel mio intimo, tu conosci il mio cuore; tu sai che vi abitano l’amore per l’umanità, l’inclinazione a far del bene. O uomini, se un giorno leggerete queste mie parole, pensate che mi avete fatto torto, e l’infelice si consoli trovando un infelice come lui che, malgrado tutti gli ostacoli della natura, ha fatto tutto ciò ch’ era in suo potere per essere accolto nella cerchia degli artisti e degli uomini degni. E voi, miei fratelli Carl e ..........…, non appena sarò morto, se il professor Schmidt è ancora in vita, pregatelo a nome mio di descrivere la mia malattia ed aggiungete questo foglio da me scritto alla storia della mia infermità perché dopo la mia morte, per quanto gli sarà possibile almeno, si riconcili con me. Nello stesso tempo dichiaro voi due eredi del mio piccolo patrimonio (se così si può chiamarlo). Dividetelo onestamente, siate d’accordo ed aiutatevi l’un l’altro. Ciò che mi avete fatto, voi lo sapete, da lungo tempo ve l’ho perdonato. E ringrazio particolarmente te, fratello Carl, per la devozione che mi hai dimostrato in questi ultimi tempi. Il mio desiderio è che a voi tocchi una vita migliore e meno tormentata da preoccupazioni che non la mia. Insegnate ai vostri bimbi la virtù; essa sola può fare felici, non il denaro; parlo per esperienza. E’ stata essa che mi ha sollevato nella miseria; ad essa, oltre alla mia arte, debbo se non ho messo fine alla mia vita col suicidio. Addio, amatevi! Ringrazio tutti gli amici, specie il principe Lichnowsky ed il professor Schmidt. E’ mio desiderio che gli strumenti del principe Lichnowsky siano conservati da uno di voi; ma che ciò che non sia causa di lite tra di voi. Se, però, possono servirvi a qualche cosa di più utile, vendeteli. Come sono felice se anche dalla mia tomba posso esservi utile! Così sia! Con gioia vado incontro alla morte. Se essa verrà prima che io abbia avuto l’occasione di spiegare tutte le mie qualità d’artista, verrà troppo presto nonostante il mio duro destino, e vorrei certo che venisse più tardi. Pure sarei contento lo stesso: non mi libera forse da uno stato di sofferenza senza fine? Vieni quando vuoi: io ti vengo incontro coraggiosamente. Addio, e non dimenticatemi del tutto quando sarò morto. L’ho meritato da voi perchè durante la mia vita ho spesso pensato a voi, a farvi felici; siatelo!

LUDWIG VAN BEETHOVEN

 

Heiligenstadt, 10 ottobre

Io prendo commiato da te, e con dolore. Sì, la dolce speranza che qua giù ho nutrito di poter guarire almeno fino ad un certo punto, mi deve ora abbandonare del tutto. Come cadono le foglie morte dell’autunno, e sono appassite, così anch’ essa si è disseccata per me. Vado via quasi come son venuto. Lo stesso coraggio che mi animò spesso nei bei giorni d’estate, è sparito. O Provvidenza, lascia che mi appaia un puro giorno di gioia! Da tanto tempo l’ultima eco della vera gioia è estranea al mio cuore. Quando, quando, o Divinità, potrò risentirla nel tempio della natura e degli uomini? Mai? No, sarebbe troppo crudele!

 

Per chi ha avuto la pazienza di leggerselo, alcune notizie (ma anche per gli altri, io non lo avrei letto tutto) Heiligenstadt era un paesino vicino a Vienna, ora è una bieca periferia della città..... Tralascio i dettagli morali e spirituali, che potete trovare ovunque, ma aggiungo alcune note storiche: fu rinvenuto in un cassetto della scrivania di B. e mai spedito; poi venduto all' asta nella "successione Beethoven". Proprietà di Jenny Lind fu donato alla Biblioteca di Amburgo dove si trova adesso. E’ indirizzato ai fratelli Kaspar Karl (1774-1815) e Nikolaus Johann (1776-1831) il cui nome è omesso per tre volte. Il medico di cui parla Bi Adam Schmidt, professore all’Università di Vienna e oculista Il principe Lichnowsky è Carl Lichnowsky (1758-1814), allievo e amico di Mozart, protettore di B. ("Protettore" non è una brutta parola, Marziano! ma ti rispondo sull' altro Post)

 

Il secondo testamento è questo:

post-1477-0-46337600-1356715833_thumb.jpg

E dice, più o meno testualmente: Lascio tutti i miei beni a mio nipote Karl etc.... Lu(d)wig van Beethoven.

Commovente, poche ore prima di morire.... Notate la firma: non riesce a scrivere diritto ed omette la "D" ... che strazio, pover' uomo!!!

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Interessante Armando

 

Beethoven scrisse due testamenti: (Dino arriva vicinissimo alla verità con un singolo colpo) Uno Spirituale, nel 1802, ed uno giuridico (per me più toccante) sul letto di morte, nel marzo 1827.

Hans von Bülow non definì le 32 sonate come il «Nuovo Testamento» del pianoforte ?

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Compito del mattino: non devo parlare male di Von Bülow non devo parlare male di Von Bülow non devo parlare male di Von Bülow.... Lo scrivo 100 volte sulla lavagna tipo Bart Simpson nella sigla della serie omonima. Bella l' idea del tutto romantica di scrivere qualcosa per qualche strumento e pensare di lasciare un testamento.... magari mi viene un colpo adesso e leggerete questo come testamento spirituale. (non preoccupatevi: stò benissimo e comunque lascio tutto a mia moglie) Hans von Bülow, figlio (e padre e nipote) del suo tempo, non era nuovo ad affermazioni del genere (ve la ricordate quella battuta sul clavicembalo e Scarlatti???). Vista "ad postera", mi sembra formidabile che certe boutades vengano ancora prese in considerazione da certa critica o criticismo, direi, di stampo vetero-ottocentesco. (lo ammetto, sono del tutto "celiaco" a digerire una certa critica ottocentesca, così come non riesco a comprendere molte "tirate" di Adorno, problema e limite mio, me ne stò facendo una ragione, ahimé ) ma problema anche di Schiff, che pro domo sua continua a riportarle. Quindi, il Quartetto Italiano avrebbe potuto dire che il testamento spirituale di B. sono gli ultimi quartetti per archi.... ma Bruno Walter disse che era la Nona Sinfonia ad essere il testamento di B. Io, da semplice artigiano, che considero la musica uno dei più grandi esempi di artigianato, che diventa talvolta ARTE (ma anche la cornice di legno di un quadro, o un mobile, un frontone di un palazzo, e compagnia bella ) penso che quando si è in vita, e si gode ancora di una discreta salute, non si pensa di scrivere testamenti spirituali. Ovviamente, mi si dirà, è il solito discorso: "la pagina più alta scritta per pianoforte" oppure "scritto quello i musicisti volevano iscriversi alle liste di collocamento" ecc.... Ovviamente la storia dell' arte smentisce sempre questi Tomi (acc.... non devo parlare male di Von Bülow), poichè di musicisti un poco dotati ne sono nati post Betth. Io, da semplice manovale, mi vado a prendere il Quaderno detto Kullak Skizzenbuch, del 1826 (siamo fra marzo e luglio di quel quartettistico anno) e vedo uno schizzo di una sonata per pianoforte, in re minore. Si vede che voleva scrivere un nuovo testamento, dal momento che gli abbozzi dell' Opus 111 risalgono al 1821 !

 

PS: non devo parlare male di Von Bülow, però, se io fossi stata Cosima, avrei fatto quel che ha fatto dieci anni prima! :D

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  • 1 month later...

Interessante Armando

 

 

Hans von Bülow non definì le 32 sonate come il «Nuovo Testamento» del pianoforte ?

 

 

Compito del mattino: non devo parlare male di Von Bülow non devo parlare male di Von Bülow non devo parlare male di Von Bülow.... Lo scrivo 100 volte sulla lavagna tipo Bart Simpson nella sigla della serie omonima. Bella l'idea del tutto romantica di scrivere qualcosa per qualche strumento e pensare di lasciare un testamento....

 

Mannagg.... per rispondere me lo sono letto in modo bulimico, fra treno di andata e ritorno Pontedecimo - Genova Bignole e ritorno (ma anche - "Alcandro lo confesso!") sul lavoro. (Armando)

 

Mannagg...Armando, non volermene ma è molto probabile che il fatto che il libro di Schift te lo sei letto in treno in modo bulimico ti abbia fatto scappare qualcosa. :lol:

Scherzi a parte, tu puoi parlare male di Von Bülow che a me non interessa un granché ma, francamente il romanticismo c'entra ben poco con questa cosa. Von Bülov non pensava certamente ad un testamento spirituale quando definì le 32 – a proposito come mai si continua a parlare e ad eseguire solo 32 sonate per pianoforte quando in realtà sono state almeno 35? - sonate di Beethoven “Il nuovo testamento” ma in realtà la sua era una metafora biblica. Il “Vecchio testamento” del pianoforte fu per lui “Il clavicembalo ben temperato” mentre il “Nuovo testamento” furono le sonate di Beethoven. Questa metafora prendeva anche spunto dal fatto che Bach con la sua musica parlasse direttamente con Dio mentre Beethoven parlasse direttamente agli uomini. Nel “Vecchio testamento” è Dio e la sua opera al centro del racconto, mentre nel “Nuovo testamento” Dio si fa uomo in mezzo agli uomini e parla con loro direttamente. Comunque anche oggi - non ultimo il violinista Salvatore Accardo - ha affermato di amare Beethoven perché è un compositore la cui musica parla agli uomini

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Caro Dani,

 

Mi spiace che tu non sia interessato granché alle mie tirate Antibülowiane (ho coniato un altro orrendo neologismo, lo so.). Pazienza. In realtà non è una delle dieci cose che più interessano anche me. Quel che mi urta, negli antichi pensatori ed anche nei nuovi, che si fa molta filosofia, ma poca pratica. Ovvero, si trascura fortemente la parte "artigianale" (come ho detto sopra) che ebbero come linguaggio gli artisti, per privilegiare un certo concettismo che suona un po vuoto. E' vero, ammetto, la mia mancanza intellettuale mi porta all' agire piuttosto che al pensare, a volte anche a sbagliare. Ma vivaddio per ogni filosofo inane ci vogliono degli operai. Normalmente, quando leggo qualcosa, riesco a comprendere abbastanza, persino quando leggo in treno in modo bulimico, anche se la linea Busalla-Isola del Cantone ha più operai come me che Accademici Lincei. D' accordissimo (non credo esista questa parola) con te che nelle sonate dovrebbero essere comprese almeno le tre Kurfürstensonaten WoO 47 (Le WoO 50 e 51 sono niente e le Anhang 5 sono niente meno un quarto). Infine, sono pure d' accordo con Accardo, anche se, obiettivamente, ha scoperto che l' acqua bolle a 100 gradi (A pressione atmosferica di 101.3 kPa assoluti, per definizione della scala Celsius, ma questo lo direbbe un uomo dell' altra categoria cui non appartengo: gli scienziati) :D

 

Amicizia e una buona serata!

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Scusa Daniele,

 

una cosa non ho capito nel tuo chiarire la metafora di Hans Von Bülow (quello che pensava lui non è che mi interessi molto) ma . . . tu?

 

senti che Bach con la sua musica parlasse direttamente con Dio? e un po' meno agli uomini?

(a prescindere dal fatto che ci scrivesse sotto "Soli Deo Gloria")

 

un caro saluto :)

Luca

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come mai si continua a parlare e ad eseguire solo 32 sonate per pianoforte quando in realtà sono state almeno 35?

 

...temo di essermi perso qualcosa, "almeno" 35? O mio Dio, aiutatemi...quali sarebbero e dove sono le partiture? Perchè la Enle non le propone?

 

E, udite udite, neanche Liszt :(

 

http://www.pianoconcerto.it/forum/index.php?/topic/1945-le-sonate-di-beethoven/

 

Vedi lista post di Frank

 

Help me...

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D' accordissimo (non credo esista questa parola) con te che nelle sonate dovrebbero essere comprese almeno le tre Kurfürstensonaten WoO 47 (Le WoO 50 e 51 sono niente e le Anhang 5 sono niente meno un quarto).

 

Questa è già una parte di risposte ...ma ripeto, come mai la Enle (ma non solo) non le include?

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Caro Armando,

 

è vero quel che dici: «quando si è in vita, e si gode ancora di una discreta salute, non si pensa di scrivere testamenti spirituali».

Sono altri – dopo, e anche molto dopo – che in alcune opere, in alcuni testi, scorgono qualcosa di grande, di bello, di totale.

E allora l’entusiasmo di trovarsi di fronte a una grande opera (in un rapporto vivo, partecipe) fa nascere parole come ‘messaggio’, ‘summa’, ‘testamento’.

Queste espressioni sono frutto di un giudizio retrospettivo. Certo.

Beethoven mica pensava a scrivere un “Nuovo testamento” con le sue sonate per piano.

 

Ma ci sono persone – e non sono poche – che non considerano ingenuo o maldestro un giudizio di questo tipo: retrospettivo, legato alla propria epoca (e non a quelle in cui l’opera è nata), svincolato da quelle che potessero essere “le-intenzioni-originali-dell’autore”. Probabimente Hans von Bülow e Andras Shiff sono persone così. E anche io sento più fascino in questo modo di rapportarsi a qualcosa che mi arriva dal passato in cui sento la scintilla di qualcosa di grande (mamma mia!... potevo scrivere ‘opera d’arte’ e facevo prima).

Metto le mani avanti: dico che mi sento più attratto da questo tipo di approccio, il che non vuol dire che ritenga inutili gli studi che mirano a una contestualizzazione storica dell’opera in questione.

 

Ma anche in tempi lontani da romanticismo e tardo romanticismo, è pur sempre frutto di un giudizio retrospettivo, quello per cui venne canonizzato un Antico Testamento e Nuovo Testamento. Non credo che San Paolo – ma nemmeno tutti gli altri autori delle Scritture – quando scrisse le sue lettere alle varie comunità cristiane intendesse contribuire al corpus della Bibbia. Faceva quel che sentiva di dover fare, e basta.

 

‘E Basta’… per lui.

Altri, dopo di lui, con occhio retrospettivo hanno avvertito queste sue lettere come parte di un Nuovo Testamento.

 

. . . . Tutte boutades? . . .

 

Buon pomeriggio :)

Luca

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Eccellente Luca! Eccellente! Ecco il nocciolo della questione: In vita l' artista scrive per necessità; e con necessità intendiamo la parte ontologica della creazione; addirittura Franz Brentano scriveva in questi termini "In un giudizio esistenziale affermativo viene riconosciuta l'esistenza di un oggetto e solo successivamente possono essergli attribuite proprietà tramite predicazione categoriale". Quindi la critica a posteriori non fa altro che affermare un giudizio esistenziale categorizzando quel che Beethoven faceva in modo inconscio. L' altro aspetto della necessità è semplicemente la necessitas Vitae, dove l' artista compone per i bisogni primari, ed anche questo avviene in modo inconscio, o, come direbbe meglio di me ---- ovviamente------ Cartesio «Tutta la filosofia è come un albero, di cui le radici sono la metafisica, (onotologia) il tronco è la fisica, e i rami che sorgono da questo tronco sono le altre scienze, che si riducono a tre principali: la medicina, la meccanica e la morale, intendo la più alta e la più perfetta morale, che presupponendo una conoscenza completa delle altre scienze, è l'ultimo grado della saggezza» Sostituiamo a filosofia musica e lasciamo la morale, ed ecco che il credo beethoveniano, tanto bene spiegato da Luca sembra esser dipanato. Ok. Non sono in grado di affrontare un discorso così complesso, e ritorno alla domanda di Chopin: Le sonate di Beethoven sono 32, e numerate con numero di Opus, che fu loro attribuito dal compositore (talvolta) assieme all' editore (spesso) e solo dall' editore (talvolta). Partono dall' Opus 2 (tre sonate) per terminare con la celeberrima Opus 111. Inutile nominarle tutte, sul sito esiste una vertigine della Lista. Però numerate post mortem, esistono ancora diverse sonate, e, in particolare giustamente Daniele si riferisce alle tre sonate per il Principe Elettore WoO 47, che furono pubblicate nella gioventù di Beethoven. Anzi, se vuoi sentirle e leggerti i dettagli, sono in questa pagina.

Tuttavia sono molto pubblicate, la Henle (con la H) ha una bella revisione in catalogo proprio ordinabile in questa pagina.

Anche WoO 50 e 51 sono trovabili e li puoi ascoltare e leggere sul sito proprio dopo le WoO 47, così come le Anhang 5, che però sono veramente dubbie, sebbene molto facili e godibili e "famoselle" soprattutto presso i dilettanti.

 

Amicizia

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Tuttavia sono molto pubblicate, la Henle (con la H) ha una bella revisione in catalogo proprio ordinabile in questa pagina.

Anche WoO 50 e 51 sono trovabili e li puoi ascoltare e leggere sul sito proprio dopo le WoO 47, così come le Anhang 5, che però sono veramente dubbie, sebbene molto facili e godibili e "famoselle" soprattutto presso i dilettanti.

 

Forse è proprio perchè sono di dubbia attribuzione, se fosse solo per la "facilità" di esecuzione sarebbe corretto non includere neanche l'Op 49 (non dico la 79 :D )

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Mhhhhh.... quale delle due? Per quanto riguarda l' Opus 79 è forse tecnicamente facile, ma il tempo mediano non è niente male e il finale - vivace è carinissimo...... La WoO 51 è inoltre un torso, essendo andato perduto l' ultimo tempo (ahimé). La distanza fra queste composizioni è comunque siderale. (non parlo delle ambiziose WoO 47)

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Si si anche io ne facevo una questione tecnica, il gusto é opinabile. Intendo dire che interpretare bene il tempo mediano non é poi così immediato, così pure alcuni passaggi del finale sono impegnativi, soprattutto per la mano sinistra. Hai notato la somiglianza del tema del primo tempo (col ribaltamento delle tre note iniziali) con la danza tedesca dell opus 130? Dal poco al molto!

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