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  1. Esattamente, il codice è ciò che hai descritto. Niente di particolarmente complesso, in sé. Vuoi un esempio concreto di codice in Donatoni? Vedi a p. 174 https://www.scribd.com/document/246448246/Tesi dove si riportano degli appunti di lavoro di Duo pour Bruno. In alto si legge "b. 82 (da b. 55)": vuol dire, evidentemente, che la battuta 82 è una rilettura di battuta 55. Di seguito si leggono in codici, applicati alle famiglie orchestrali. Alla prima riga si legge il codice riservato agli ottoni: "dai clarinetti, ottava sotto, leggono sempre secondo la non-ripetizione: accentano (pp - ff) le note del tema". E così via. Per quanto riguarda gli emendamenti del codice e i sottocodici, suggerisco di leggere le pp. 103 e 176, in particolare dove si parla di plasticità. Tieni presente che l'intervista di Restagno è del 1990 ma Donatoni parlava di codice già negli anni Sessanta: in trent'anni ha senz'altro modificato il suo modo di concepire le tecniche compositive. I princìpi sono però quelli che abbiamo detto. L'esempio di codice che hai portato tu è corretto. Tieni presente però che Donatoni spesso preferiva non iniziare da una cellula (tre note) da far proliferare: più di frequente prendeva una pagina, sua o di altri compositori, e ad essa applicava i codici. Ad esempio (banalizzo) prendeva una pagina di un brano di Stockhausen e applicava un filtro: "rimangono solo le note pp", oppure "rimangono solo le note Do Mi Sol" (in quest'ultimo caso si potrebbe prendere Gruppen e farne uscire una rilettura diatonica).
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  2. @Feldman, come scrive Red ...Donatoni ha sicuramente affinato nel tempo l'uso dei codici. Non solo nella sofisticazione e nell'uso degli emendamenti ma anche nel senso "estetico" che lo stesso poteva rappresentare (come noti, anche attraverso esperimenti più o meno riusciti). Per quanto riguarda i suoi testi (di Donatoni) e le interviste poi bisogna capire il suo livello di "senno"; secondo me sarebe più genuino un "mediatore" che ha vissuto quei periodi e sappia non solo descriverti il senso ma anche l'applicazione pratica. Come dicevo ho avuto la fortuna di lavorare con uno dei suoi allievi più rappresentativi, per cui il discorso che faccio io non tiene solo conto delle "dichiarazioni" di Donatoni ma anche di come venivano vissute le sue intuizioni dai suoi coevi e che hanno lavorato con lui direttamente.
    3 points
  3. Una tecnica di questo tipo la puoi applicare a tutti i parametri del suono...non escluso il timbro. Per cui la discriminante non è la/una tecnica ma il risultato estetico che si vuole ottenere
    2 points
  4. In effetti Dante ho un po' "viziato il discorso"; Donatoni (ma anche Maderna) ha avuto l'intuizione tecnica che è stata poi usata anche dai suoi allievi come Solbiati e dagli allievi degli allievi come me Di fatto ogni generazione ha fatto un uso diverso delle intuizioni di Donatoni e con un senso estetico e senso compositivo diverso; per Donatoni non contava l'esito ma solo il viaggio per arrivare a quel risultato compositivo...spesso si addormentava alle sue prime; una forma di "disinteresse" indotto al risultato compositivo. Ben diversa è come il tutto è stato inteso e usato dai suoi allievi, non si tratta di veri automatismi ma di automatismi governati dagli obiettivi del compositore. Oggi come oggi, per me, questi "automatismi" possono esistere come tecniche finalizzate a processi musicali..che sono la parte più importante della questione
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