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Piano Concerto - Forum pianoforte

Quante Ore Al Giorno......


pianoexpert
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...."Tu, quante ore al giorno fai di tecnica?...." Molto spesso sento questa domanda e non riesco a capirla. Sembrerebbe che eseguire tutto il libro di Hanon una volta al giorno assicuri una buona tecnica pianistica. Non capisco. In un libro ho letto una volta:" Gli insegnanti si dividono in due categorie: quelli che fanno usare Hanon e quelli che lo proibiscono" ...Capisco sempre di meno.

 

Non riesco a capire se bisogna possedere tecnica per poi "Fare" ...o se la tecnica...è saper fare.......Se il possedere "la tecnica" ci fa trovare i significati musicali che altrimenti non troveremmo o se i significati musicali ci possono suggerire le soluzioni tecniche.....

 

Non riesco a capire se la tecnica sia nella Musica o se sia una semplice abilità.

 

Non riesco a capire se le soluzioni tecniche siano anche quelle musicali o se le soluzioni musicali siano anche quelle tecniche...

 

Beh...basta con i giochi di parole. Io ha ovviamente ben precise convinzioni e vorrei confrontarle con voi prima di iniziare a parlare di Tecnica pianistica su di una nuova seri di Video Tutorials.

 

Allora, coraggio...raccontatemi le vostre esperienze e i vostri punti di vista.

 

Saluti

 

Paolo

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  • 1 month later...

Almeno una mezz'oretta 3/4 d'ora al giorno......la mia insegnante dice sempre di fare sempre esercizi di tecnica giornaliera prima di cominciare lo studio dei brani.

Avere un buon livello tecnico è essenziale per essere un modesto pianista...si deve suonare sempre controllando bene che il gesto tecnico sia corretto sin dalle prime velocità.....è quello ke mi dice sempre la mia insegnante.

Non mi ha fatto mai fare esercizi di hanon ne beyer (almeno x ora)....xò ho fatto molti brani di czerny e tanti esercizi di tecnica pianistica.

 

Mi disse una volta un vecchio organista della Chiesa "la tecnica è il mezzo per raggiungere il fine"...da qst credo che per riuscire a suonare in maniera professionale il pianoforte sia indispensabile avere un buon livello tecnico.

 

La musicalità è una abilità innata che viene forgiata dallo studio e dall'ascolto....lessi in un libro che la musica classica è quella con il più alto livello musicale e sono pienamente daccordo.

 

Quindi per essere un buon musicista serve taaaaaaaaaaaaaaaanto studio passione e intelligenza!

(Tre cose sono necessarie per un esecutore: l'intelligenza, il cuore, le dita -Mozart-)

 

Questo è più o meno quello che ho capito con la mia umile esperienza......aspetto nuove opinioni sicuramente interessanti! a presto :huh:

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Quando si parla di ordine la prima cosa che mi viene in mente è Bach!!...a questo proposito consiglio di vedere questa intervista a Ramin Bahrami che sicuramente sa parlare meglio di me!! ;)

 

 

 

Assolutamente stupenda l'intervista di questo Pianista, ...oopss scusate volevo dire musicista! :huh:

Sono al 100% d'accordo con lui la musica è un linguaggio universale perchè disturgge qualsiasi barriera etnica, sociale, razziale, religiosa, linguistica, culturale ecc... e penetra l'animo di ogni essere vivente! Bellissime parole e grandissimo artista, che non conoscevo, mi ha profondamente toccato il suo modo di comunicare con i suoni e non con uno strumento meccanico!

Tornando al tema del thread, nella mia piccola esperienza, ammetto che i primi mesi, un pò per la passione e l'entusiasmo, studiavo 4/6 ore al giorno tutti i giorni, ma ultimamente ho guardato più alla qualità che alla "quantità", ho fatto mio il monito del mio maestro che dice: "Meglio mezz'ora fatta bene che 6 ore fatte male!" Riguardo alla tecnica, è vero, ci sono differenti scuole di pensiero come ho letto anche in alcuni libri: chi dice che la tecnica la si acquisisce buttandosi subito a capofitto nelle composizioni senza nessun tipo di esercizio preparatorio tipo Hanon, Pischna ecc... e chi invece ritiene validi questi metodi, entrambe le strade vogliono eliminare le preoccupazioni tecniche delle difficoltà esecutive che si incontrano in uno spartito, ma mi chiedo quali pericoli può avere la tecnica sulla musica? Perchè se non erro la tecnica è all'interno della musica non al di fuori di essa, o sbaglio? Voglio dire, bisogna sapere come fare la tecnica o bisogna sapere come fare la musica? Lieto di essere smentito dalle mie idee acerbe e felice di maturare con le vostre autorevoli opinioni!

 

 

Grazie a Paolo per questa bella discussione!

Davide

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Tornando al tema del thread, nella mia piccola esperienza, ammetto che i primi mesi, un pò per la passione e l'entusiasmo, studiavo 4/6 ore al giorno tutti i giorni, ma ultimamente ho guardato più alla qualità che alla "quantità", ho fatto mio il monito del mio maestro che dice: "Meglio mezz'ora fatta bene che 6 ore fatte male!" Riguardo alla tecnica, è vero, ci sono differenti scuole di pensiero come ho letto anche in alcuni libri: chi dice che la tecnica la si acquisisce buttandosi subito a capofitto nelle composizioni senza nessun tipo di esercizio preparatorio tipo Hanon, Pischna ecc... e chi invece ritiene validi questi metodi, entrambe le strade vogliono eliminare le preoccupazioni tecniche delle difficoltà esecutive che si incontrano in uno spartito, ma mi chiedo quali pericoli può avere la tecnica sulla musica? Perchè se non erro la tecnica è all'interno della musica non al di fuori di essa, o sbaglio? Voglio dire, bisogna sapere come fare la tecnica o bisogna sapere come fare la musica? Lieto di essere smentito dalle mie idee acerbe e felice di maturare con le vostre autorevoli opinioni!

 

 

Grazie a Paolo per questa bella discussione!

Davide

 

Ciao Davide,

io ritengo che ognuno ha il suo metodo di apprendimento e la sua inclinazione allo studio di un argomento abbastanza intenso e massivo come la tecnica pianistica. Credo pertanto che non si possa stilare una tavola dei comandamenti universale da seguire per definire un perfetto percorso tecnico. Oltretutto credo che ciò sia dipeso anche molto dall'anatomia della mano. Non tutti abbiamo la stessa mano ! C'è chi dispone naturalmente di legamenti e polso più sciolti e chi più rigidi, chi ha una mano molto grande e chi ne ha una molto piccola. Pertanto pensare di uniformare la tecnica pianistica a tutte queste specie è argomento assai controverso. Tu hai giustamente illustrato diverse vie di pensiero, la prima che dice che bisogna ignorare la tecnica per passare immediatamente all'esecuzione, e chi invece la interpreta come il Padre Nostro e l'Ave Maria del rosario. In questi casi così spiccatamente estremi io mi rifaccio sempre alle massime dei latini: "In medium stat virtus". La virtù, il giusto è nel mezzo... E' impensabile mettersi a suonare senza avere nessun tipo di base tecnica, che ti da l'indipendenza della dita, la scissione dell'emisfero destro dall'emisfero sinistro del cervello, la scioltezza ecc. ecc. Ma è anche assurdo utilizzare la tecnica come una tortura cinese. Ritengo invece che la tecnica vada studiata pari passo con l'esecuzione, che ci suggerisce il principio tecnico da adottare in determinate situazioni, ma per fare questo ovviamente bisogna conoscere la tecnia (e con questo mi rifaccio al primo esempio). Come vedi dunque le cose sono legate biiettivamente e non è affatto l'una il corollario dell'altra. Facendo troppa tecnica si perde sull'interpretazione perché l'attenzione del pianista si sposta psicologicamente più sulla pulizia. E' anche vero che da una parte bisogna lanciarsi ! Non si può certo passare 1 anno su una pagina di Mozart !! E' questo propendere verso la realizzazione del brano che si sta via via studiando che fornisce l'incipit per poter superare particolari passaggi che suggeriscono loro stessi la particolare tecnica da adottare. Nel sunto: un pianista che si rispetti deve certamente conoscere la tecnica pianistica nei minimi dettagli ma non deve fare di essa un suo strumento di autotortura. Si è musicisti per suonare non per fare tecnica, diamo la giusta importanza alle cose !

Un saluto,

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Ciao Davide,

io ritengo che ognuno ha il suo metodo di apprendimento e la sua inclinazione allo studio di un argomento abbastanza intenso e massivo come la tecnica pianistica. Credo pertanto che non si possa stilare una tavola dei comandamenti universale da seguire per definire un perfetto percorso tecnico. Oltretutto credo che ciò sia dipeso anche molto dall'anatomia della mano. Non tutti abbiamo la stessa mano ! C'è chi dispone naturalmente di legamenti e polso più sciolti e chi più rigidi, chi ha una mano molto grande e chi ne ha una molto piccola. Pertanto pensare di uniformare la tecnica pianistica a tutte queste specie è argomento assai controverso. Tu hai giustamente illustrato diverse vie di pensiero, la prima che dice che bisogna ignorare la tecnica per passare immediatamente all'esecuzione, e chi invece la interpreta come il Padre Nostro e l'Ave Maria del rosario. In questi casi così spiccatamente estremi io mi rifaccio sempre alle massime dei latini: "In medium stat virtus". La virtù, il giusto è nel mezzo... E' impensabile mettersi a suonare senza avere nessun tipo di base tecnica, che ti da l'indipendenza della dita, la scissione dell'emisfero destro dall'emisfero sinistro del cervello, la scioltezza ecc. ecc. Ma è anche assurdo utilizzare la tecnica come una tortura cinese. Ritengo invece che la tecnica vada studiata pari passo con l'esecuzione, che ci suggerisce il principio tecnico da adottare in determinate situazioni, ma per fare questo ovviamente bisogna conoscere la tecnia (e con questo mi rifaccio al primo esempio). Come vedi dunque le cose sono legate biiettivamente e non è affatto l'una il corollario dell'altra. Facendo troppa tecnica si perde sull'interpretazione perché l'attenzione del pianista si sposta psicologicamente più sulla pulizia. E' anche vero che da una parte bisogna lanciarsi ! Non si può certo passare 1 anno su una pagina di Mozart !! E' questo propendere verso la realizzazione del brano che si sta via via studiando che fornisce l'incipit per poter superare particolari passaggi che suggeriscono loro stessi la particolare tecnica da adottare. Nel sunto: un pianista che si rispetti deve certamente conoscere la tecnica pianistica nei minimi dettagli ma non deve fare di essa un suo strumento di autotortura. Si è musicisti per suonare non per fare tecnica, diamo la giusta importanza alle cose !

Un saluto,

 

 

Grazie Simone!

Hai toccato poi un punto molto particolare che a volte sfugge: suonare qualsiasi strumento è anche un fattore anatomico per esprimere quello che abbiamo dentro verissimo non ci avevo pensato. E poi credo che la tecnica inizia solamente con un semplice gesto, nel premere un tasto del pianoforte, e finisce con il modo in cui quel tasto è stato premuto, ma in mezzo a quel gesto c'è un universo! :huh:

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Carissimi amici,

 

Ognuno di voi mi ha fatto un regalo. Sentire dai giovani queste risposte, mi entusiasma. Già l'intervista fantastica del grande Musicista ci suggerisce molte risposte, ma voi le avete confermate. Forse è giunto il momento di fare un primo video sui principi di tecnica ....musicale....e ...pianistica.

 

Riprenderemo insieme tutto ciò che è stato detto, con qualche altra mia convinzione. Volete?

 

Se sì, lo farò presto.

 

Complimenti per le vostre osservazioni e riflessioni.

 

Paolo

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Carissimi amici,

 

Ognuno di voi mi ha fatto un regalo. Sentire dai giovani queste risposte, mi entusiasma. Già l'intervista fantastica del grande Musicista ci suggerisce molte risposte, ma voi le avete confermate. Forse è giunto il momento di fare un primo video sui principi di tecnica ....musicale....e ...pianistica.

 

Riprenderemo insieme tutto ciò che è stato detto, con qualche altra mia convinzione. Volete?

 

Se sì, lo farò presto.

 

Complimenti per le vostre osservazioni e riflessioni.

 

Paolo

 

 

Assolutamente sì Paolo, da parte mia sono in trepidante attesa di questi video! Non vedo l'ora! :huh:

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Va bene. Li farò. Li farò con molto rispetto per tutto quelllo che è stato già detto da tanti altri. Il mio può essere solo un punto di vista, di raccordo. La cosa che nell'intervista conferma le mie convinzioni è che, prima di tutto, bisogna diventare "musicisti". Anche io, come il mio insigne collega, sono contrario ad ogni "pratica" che collochi lo studente o il pianista già formato "lontani dalla Musica". Non bisogna mai dimenticare che essa ci suggerisce le soluzioni!!!!!! Lavorare molto sull'aspetto musicale ci fa crescere di più che tre ore di "sterili esercizi" al giorno. Le due cose ( Il meccanismo e la tecnica musicale) sono legate, sì, ma la "luce" si accende solo quando non perdiamo di vista che stiamo facendo Musica e che per quello "usiamo" il nostro strumento. Giustissima l'osservazione del Maestro che "guarda" Al Musicista e non solo al Pianista.

 

Insomma ne parleremo.

 

Nel frattempo continuerò a raccogliere dalle vostre domande e osservazioni , le indicazioni per affrontare e scegliere i vari argomenti.

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Guest Gennarino

Caro Paolo, cari amici,

sono capitato adesso su questa serissima discussione ed ho molto apprezzato la bellissima intervista pubblicata.

Le mie idee partono dal lontano e, per cercare di esporle, parto da un esempio A ): 2+3=3+2=5.

Tutti crediamo di sapere questa cosa, ma quanti sarebbero con me d'accordo che B ): 2+3 non = 3+2 non = 5 ?

Ebbene, se stiamo contando, A è vera e B è falsa; ma se stiamo camminando prima avanti e poi a destra, A è falsa e B è vera; infatti, 2 avanti e 3 a destra mi fa arrivare a un punto diverso da 3 avanti e 2 a destra e la distanza di cui mi sono allontanato non è 5 (5 sono i passi fatti).

Insomma, i simboli in assenza di una interpretazione non significano proprio nulla, perché non trasmettono informazione, ma solo equivoci.

E l'interpretazione significa nient'altro che comunicare ed evocare negli altri sensazioni e sentimenti che si spera siano comuni, ma che potrebbero anche essere ben differenti! (quante volte ciò che diciamo viene frainteso ?).

Solo in presenza di una interpretazione che si ritiene ragionevolmente condivisa si possono discutere i significati rappresentati dai simboli, mai dimenticando che (ammesso che vi sia una realtà) la realtà non sono i simboli, ma solo i significati che i simboli cercano di rendere accessibili.

E' per questo che non esiste tecnica al di fuori della musica e, comunque, i simboli (durate, note, dinamiche, etc., fino al moto delle mani sui tasti) sono solo strumenti per una, si spera, più agevole comunicazione della realtà (non quella che noi pretendiamo esista indipendentemente da noi, ma quella che si crea nella nostra cosiddetta mente).

The Simon cita a ragione, riferendosi alla mano, le differenze anatomiche, ma non dimentichiamo che fra queste vi sono anche quelle cerebrali! Noi assumiamo che i cervelli (il pensiero) siano tutti uguali, ma forse è solo vero che si somigliano forse un poco!

Pertanto (parto dal basso), non solo ciascuno ha il proprio percorso formativo e/o trova le proprie soluzioni tecniche, ma ciascuno ha anche le proprie sensibilità musicali!

Questo significa allora che la musica è "relativa" ?

Ebbene, sì, lo confesso, anche la musica, come qualunque forma dell'attività umana, artistica, umanistica, storica, economica, positivista, etc.etc. non è che il mondo che è nel nostro personale sentire dell'intelletto (del quale persino, attenzione a ritenere che esso sia reale!).

Ma, e allora ? Perché suonare? Perché comporre? Perché esprimersi?

Molto semplicemente, perché così noi tendiamo a capire di più e meglio e, in definitiva, a migliorare la nostra razza.

Circa infine il più ampio dominio della musica su altre arti o attività umane, credo sia nient'altro che una "bellissima illusione", che però anch'io amo condividere. Giova qui ricordare Giovan Battista Vico, per il quale la Musica appartiene al primo stadio dell'evoluzione del linguaggio umano; ciò che poi porta ad un suo più ampio dominio.

Non dimentichiamo che forse l'unica attività umana senza confini è quella cerebrale, in quanto ciascuna lingua (e quindi anche i linguaggi musicali, pittorici, poetici, matematici, ......) è solo un tentativo di definire dei simboli e una interpretazione per comunicare.

E quindi? Niente, seguire solo quello che ci fa sentire migliori giorno dopo giorno e non farsi incantare dai falsi profeti!

In altri termini, cercare sè stessi ed essere orgogliosi di ciò che si è e si fa.

Per me, questo significa che, quando pigio, se mi emoziono è musica (mia) e se emoziono è musica (altrui); quando leggo uno spartito godendomelo è musica (mia) e - udite udite - un giorno una bella signora, passandomi a fianco mentre leggevo una cosina di Grieg, mi ha detto che avevo un viso felice (avevamo una musica nostra).

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Un momentino. Un momentino......

 

Caro Gennaro,

Prima di tutto resto ammirato di queste tue profonde considerazioni.

 

Sono molto d'accordo su alcune, ...meno sul "relativo".

 

L'Arte, in genere, secondo me, non è solo ciò che è bello e che ci rende felici. A volte è sgradevole, denunciativa, lacerante...ci fa soffrire.

 

Sono d'accordo sul nostro miglioramento, nel praticare l'Arte. Le emozioni, gli stati d'animo...tutto il nostro patrimonio emozionale deve essere da noi conosciuto. E cosa c'è di meglio attraverso un linguaggio artistico e non verbale come la Musica? La Musica è nata con l'uomo.

 

Però userei al posto di "relativo" il termine coerente.

 

Prendiamo un brano: come riconoscere se una interpretazione è accettabile e giusta, anche se in mezzo a tante altre diverse e pur giuste? ..Proprio con la coerenza. C'è un modo, nell'esprimere l'Arte e in particolare la Musica, che fa i "conti" con la coerenza. Gli Artisti conoscono gli elementi di questa coerenza, il dosaggio degli ingredienti, il giusto "zucchero". Non sempre quello che appare piacevole e che ci provoca piacere, estasi, o benessere è artisticamente giusto. Potremo dire che ci fa star bene. Ok. Ma è un'altra cosa.

 

Per esempio, nello studio della Musica, come sottintende il giovane e bravissimo Maestro dell'intervista, bisogna avere accanto un Musicista, colui che, a prescindere dalla sua "grandezza" si è formato ed è cresciuto artisticamente con coerenza e che sa cosa c'è nella "stanza" delle idee e delle decisioni musicali. Interpretare i "codici" non basta..bisogna arrivare a compenetrare e comprendere i motivi e le motivazioni che hanno indotto l'Autore a comporre quel pezzo, con quel tempo, con quel fraseggio, con quelle indicazione agogiche.

 

Forse abbiamo molto parlato a voce di questo e credo che la novità che ci prospetti è "divenire migliori" respirando, una volta tanto i linguaggi ricchi di eloquenza, che ci suggeriscono e ci colorano la vita.

 

 

Apprezzo molto questo tuo intervento, pieno di profonda sensibilità. Forse abbiamo appena accennato un discorso "infinito" che spero avremo modo di continuare.

 

.......Che bel gruppo, cari amici.

 

Saluti a tutti

Paolo

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Guest Gennarino

Caro Paolo,

 

Grazie dei tuoi solleciti commenti.

 

Attenzione però: che una cosa sia relativa non deve spaventare: significa solo che non esiste indipendentemente dalla nostra mente, non che ognuno la pensa o la fa come vuole. In altri termini, dobbiamo essere attenti al fatto che si può manifestare in modi diversi nella mia e nella tua mente. Per questo sono importanti la comunicazione e l'etica nella interazione con gli altri.

 

Circa l'impressione che per me l'Arte coincida con la Bellezza, credo di avere dato un'impressione errata.

Il Piacere non è necessariamente Bello: ad esempio l'essere vivi può essere un piacere doloroso.

D'altra parte, se non erro, il grande Oscar Wilde asseriva : Prima di giudicare aberrante un masochista, chiedetevi se non gli faccia piacere.

 

Circa la coerenza, attenzione: essa è, come Ti rendi conto, esattamente quello che dico io : è un discorso tutto e solo interno a Te. Tu sai se per Te è coerente, ma non hai garanzia che lo sia per tutti gli altri. Se così non fosse, noi saremmo fortunati e ai Tuoi concerti interverrebbero in decine di migliaia come allo stadio (Nota dell'autore : Invece, solo alcune partite di calcio procurano emozioni musicali).

 

Un fraterno saluto

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Che bello scambio di opinioni... Posso intromettermi ?

Il discorso del relativo (che per altro abbiamo fatto anche quella sera a cena da Gennaro) è molto pericoloso, perché apre un mondo sterminato di considerazioni, tra le altre cose relative da persona a persona. Il concetto di coerenza che cita Paolo è giusto secondo me ma va preso "con le pinzette" poiché anche questo può essere visto in chiave relativista. Ciò che può essere coerente per me potrebbe non essere coerente per qualcun altro. Se tutti avessimo lo stessa coerenza probabilmente non ci sarebbero mai state guerre oppure ci sarebbero state sempre, chi può dirlo ? Leggere le motivazioni che hanno portato l'autore a comporre un brano non ci da la soluzione del problema perché noi che leggiamo non siamo l'autore e non c'è modo di sapere quali fossero le sue sensazioni in quel momento, certamente può esserci di aiuto ma anche conoscendo la storia, per un fattore di codice genetico non posso avere la certezza di provare le stesse sensazioni dell'autore o di capire a fondo la sua idea in quel momento. La dimostrazione del relativo lo si vede in giro tutti i giorni in tutti i campi di interesse intellettuale e non. Posso notare un uomo col passamontagna e dire che è un rapinatore, magari aveva solo il raffreddore perché è il 15 di febbraio ! (Prendete sempre il succo di quello che dico). L'estremo si tocca proprio con quello che diceva Gennaro, riteniamo pazzi i masochisti, ma la soluzione è nel termine stesso (masochista = colui che prova piacere provando il dolore), dunque anche il benessere fisico è relativo. Noi non lo capiamo perché non siamo sull'altra sponda e non abbiamo un termine di paragone psichico per poter capire ciò che per noi non rappresenta una realtà. Altra domanda potrebbe essere: chi ci assicura che abbiamo tutti lo stesso modo di percepire la realtà ? Quella tonalità di Rosso che vedo io, sarà la stessa tonalità di Rosso che vede Paolo o Gennaro o Saverio o Davide o qualsiasi altra persona sulla terra ? Chi ci dice che anche i 5 sensi siano comuni e lavorino allo stesso modo in tutte le persone ? E ammesso che lo siano chi ci assicura che il nostro io interpreti un segnale ricevuto dai sensi allo stesso modo ? Moltiplicando i 5 sensi per il codice genetico di ogni individuo abbiamo miliardi di combinazioni possibili. Citare il "modo di esprimere l'arte" e la "coerenza", parlando di Arte mi sembra un po' riduttivo. E' certo che nel relativo deve comunque esserci un limite, limite in cui si trovi la maggioranza delle persone (nell'esempio citato prima si tralasciano i masochisti che appartengono ad una classe), come sostenevo anche quella sera a cena, è impensabile stravolgere l'idea di un autore ! (A tal proposito mi viene in mente una Pianista "Milena... Vatti a ricordare il cognome" che registrò tutti i valzer di Chopin in 4/4. Che sia l'abitudine di aver ascoltato sempre le versioni ufficiali oppure il mio gusto musicale, secondo me facevano pena ! Magari al masochista piacevano, tanto per restare in tema).

Non ricordo chi dei due abbia parlato della musica propria e della musica di altri. Mi trovo d'accordo fino ad un certo punto. Io, per quanto mi riguarda, perdonate la mia mancanza di altruismo, suono musica per me. Stop ! A me non interessa se la mia chiave di lettura sia condivisa dagli altri anche perché la musica è l'ultimo campo rimasto in cui si possa dire "chi mi ama mi segua". Suonare per il piacere di altri oltre ad essere sbagliato a livello concettuale è anche riduttivo nei confronti della musica stessa. Dovremmo fare forse una statistica preventiva prima di preparare un brano per fare in modo che piaccia al maggior numero di persone ? (Non leggete questa frase alla lettera ma cercate di cogliere l'essenza). In fin dei conti Einstein ha speso la sua vita per scoprire che la velocità della luce nel vuoto è una costante assoluta, poi sono arrivati gruppi di matti con gli elettrosincrotroni ed hanno ipotizzato i Tachioni che farebbero cadere questa ipotesi... Chissà che anche l'assoluto di Einstein non si riveli un relativo !

 

Queste ovviamente sono solo mie opinioni... Che dire ? Io la vita la vivo così, riflettendo e ragionando con logica su ciò che per me è giusto e rispettando gli altri secondo la mia norma civile e morale. Che sia giusta ? Come vedete tutto in questa realtà è relativo...

 

P.S. Amo molto parlare con voi, cari amici, si affrontano sempre argomenti di una certa levatura.

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Mi ha colpito in modo particolare un'affermazione del Maestro Ramin Barhami nel video pubblicato: ....dare forma alla propria passione! Questa espressione riassume in modo eloquente il senso

della discussione che si è sviluppata fra Pianoexpert, theSimon, Gennarino ,PianoScholar. Io sono molto d'accordo con quanto nella sostanza afferma Pianoexpert e cioè che per trovare la giusta espressione alla propria esecuzione non si possa prescindere dalla "forma" ossia dall'analisi di ciò che un autore ha scritto cercando l'interpretazione attraverso la decodifica della scrittura musicale.

Personalmente mi sono accanita per anni a cercare di affinare la mia tecnica vocale pensando che fosse fondamentale per ottenere quei risulltati artistici cui aspiravo ed a cui mi faceva tendere la

mia sensibilità musicale della quale, in parte credo di essere stata da sempre dotata naturalmente, ma in parte acuita da un ascolto attento, non solo delle più grandi voci del passato, ma anche di tanta

musica classica ed altra. Solo in un'età ahimé avanzata ho capito (scontrandomi più e più volte con la realtà e provando al di là di certe resistenze che avevo opposto in passato a dare retta a quanto mi veniva detto in proposito dai miei maestri) che solo attraverso la comprensione delle "intenzioni" dell'autore, insite nello spartito che andiamo ad analizzare, si possono trovare quelle soluzioni tecniche che il brano stesso ci suggerisce. Chiaramente, quelle soluzioni possono essere applicate con risultati che variano secondo una scala di intensità che dipende prima di tutto dal grado di conoscenza e di maturità artistica che si possiede al di là di certi troppo facili "personalismi" dietro cui, a volte, si nascondono impreparazione e/o semplicemente incapacità. I grandi autori hanno inteso lasciare ai posteri e non solo ai loro contemporanei un patrimonio artistico che non è rappresentativo solo delle loro emozioni e che quindi non ci legittima a voler esprimere a tutti i costi le nostre quando con poca umiltà ci apprestiamo a rieseguire una delle loro opere. L' opera d'arte è tale in quanto va oltre la scintilla emotiva dalla quale essa è stata generata ed i suoi contenuti universalmente validi sono tali proprio se si impara a leggere ed a decodificare il significato di ciò che l'Autore ha voluto esprimere. Sempre Ramin Barhami dice che persino nella musica di Bach che è meno ricca di indicazioni tecniche per la sua esecuzione è stato possibile ricostruire l'interprertazione musicale voluta dall'Autore e quindi decodificare le partiture attraverso quanto è stato detto nei trattati di epoca bachiana. A che cosa sarebbe servito questo se non a permettere a ciascuno degli interpreti futuri di questi capolavori di eseguirli corretamente, sia pur in un ambito interpretativo che non può e non devetuttavia prescindere dal significato filologico degli stessi.

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Io credo che si stia dicendo tutti la stessa cosa ma forse stiamo analizzando campioni di grandezza diversa. Io, e penso anche Gennaro, stiamo parlando di sfumature interpretative restando nel significato originale del pezzo. Non si sta certo dicendo che ci si possa prendere la libertà di suonare Chopin come Bach !!! Il discorso è che al di la di considerazioni di natura oggettiva che ci pervengono dagli scritti interpretativi dell'epoca che ci aiutano in questa decodifica, come suggerisce Barahmi, credo che poi le sfumature siano di natura soggettiva e quindi relativa da persona a persona. E questo è confermato dal fatto che ogni interpretazione eseguita da un pianista non è mai uguale alla sua successiva, credo che questo sia un dato di fatto. In fin dei conti non siamo mica dei computer. Il mio ragionamento si fonda quindi sulle sfumature. Credo di non essere stato abbastanza chiaro si questo punto.

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Ragazzi... che bella discussione!!! ;)

Prima di tutto, vorrei dire che sono d'accordo con Pianoexpert: la domanda "quante ore al giorno studi pianoforte?" sembra non avere senso: la musica non è una folle gara a "chi è più bravo" ... inoltre, ognuno di noi ha bisogno di tempi diversi per studiare uno stesso brano, anche a seconda dei nostri gusti, delle nostre abitudini ... Certamente, per suonare il Pianoforte ci vuole una tecnica solida e ben acquisita... ma non è solo questo che fa il pianista ... come disse Mozart ..."Servono all'esecutore solo tre cose: l'intelligenza, il cuore, le dita." :huh:

inoltre, vorrei unirmi all'opinione del pianista intervistato (Ramin Barhami), che sostiene che la musica abbatte tutte le barriere linguistiche, culturali, etniche ... Ricordo che una volta un mio amico mi disse: "Se mi metto al Pianoforte e suono una melodia triste e malinconica, anche il mio gatto diventa incerto e si tranquillizza ... Se suono una melodia gioiosa, allora, non la finisce più di saltare per casa!!!". In effetti, pensiamoci: cosa è che riesce a comunicare a tutti, persone diverse, culture diverse ... senza bisogno di "un vocabolario per capirsi"? Alcuni dicono "la pittura", e certamente lo è, ma ... il gatto del mio amico davanti a "L'urlo" di Munch non ha reagito in modo strano ... non ha proprio reagito!! ;)

Ora, lasciamo perdere i gatti... ;) Se una persona non conosce il soggetto raffigurato in un quadro, non ha molto effetto ... Forse è questa la principale differenza tra musica e pittura: nella prima, per chi ascolta, non è necessario sapere cosa sia una croma, una legatura ... o un martelletto di pianoforte! Nella seconda, invece, diventa più difficile comunicare se non si conosce il soggetto rappresentato... Cosa ne pensate? E' una mia idea, perciò potreste anche non condividerla ... ma in fondo siamo qui proprio per scambiarci idee e opinioni ... o no?

Vorrei anche fare i complimenti a Gennarino per lo splendido esempio che ci ha regalato ... "Le mie idee partono dal lontano e, per cercare di esporle, parto da un esempio A ): 2+3=3+2=5.

Tutti crediamo di sapere questa cosa, ma quanti sarebbero con me d'accordo che B ): 2+3 non = 3+2 non = 5 ?

Ebbene, se stiamo contando, A è vera e B è falsa; ma se stiamo camminando prima avanti e poi a destra, A è falsa e B è vera; infatti, 2 avanti e 3 a destra mi fa arrivare a un punto diverso da 3 avanti e 2 a destra e la distanza di cui mi sono allontanato non è 5 (5 sono i passi fatti).

Insomma, i simboli in assenza di una interpretazione non significano proprio nulla, perché non trasmettono informazione, ma solo equivoci.

E l'interpretazione significa nient'altro che comunicare ed evocare negli altri sensazioni e sentimenti che si spera siano comuni, ma che potrebbero anche essere ben differenti!"

Condivido anche l'idea di Simone ... "Io, per quanto mi riguarda, perdonate la mia mancanza di altruismo, suono musica per me. Stop ! A me non interessa se la mia chiave di lettura sia condivisa dagli altri anche perché la musica è l'ultimo campo rimasto in cui si possa dire "chi mi ama mi segua". Suonare per il piacere di altri oltre ad essere sbagliato a livello concettuale è anche riduttivo nei confronti della musica stessa."

Vorrei aggiungere anche qualcosa di mio, così la smetto di "copiare" dagli altri: Tutta questa discussione, secondo me, racchiude il "Perchè componiamo" (vi invito sempre alla discussione che ho aperto in "Armonia e composizione") ... forse "solo per noi", o forse "per esprimerci in un linguaggio universale, che va ben oltre le lingue, le culture, le etnie...forse va oltre anche alla grandezza dell'Umanità intera..." ... e poi, anche gli antichi Greci consideravano la musica un dono divino, superiore all'Uomo ... ;)

Complimenti ancora, adoro questo tipo di discussione in cui veramente si possono scambiare opinioni, e rivolgo nuovamente i miei complimenti a Paolo e Simone, che rendono possibile tutto questo in una società che sembra voler emarginare definitivamente la cultura ... grazie mille!!!

Per ora è tutto, ma risponderò certamente di nuovo a questa discussione ... è davvero interessante! ;)

Ciao!!!

Francesco 1797

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  • 2 weeks later...

Ehm... scusate, forse sono andato un po' fuori tema, me ne accorgo solo ora.

Per quanto riguarda l'effettiva tecnica e la mia esperienza... il mio insegnante (quello che ho avuto per ultimo, ormai conoscete la storia :lol: ) mi diceva di fare mezz'oretta di tecnica (io usavo soprattutto il Beyer e il Cesi-Marciano) prima di suonare. Certamente era noioso, e alcune volte mi faceva passare anche la voglia di suonare... in ogni caso, poi suonavo comunque. Ma ora, che non prendo più lezione, mi sono reso conto di quanto siano state importanti quelle mezz'orette passate a far tecnica: sto studiando il "Chiaro di luna" di Beethoven, brano che mi affascina e mi appassiona, anche su richiesta di Altre persone a cui piace il brano. E, tornando nel discorso, studiando mi sono accorto di come, adesso, dopo quattro, cinque letture di un passaggio mi viene, magari non alla perfezione, ma mi viene (per quanto riguarda i dettagli, io credo di essere come Beethoven: "limo" i passaggi per un po' fino a quando non sono fluidi e sciolti... mi dico sempre che "devo far uscire le note dal pentagramma attraverso il pianoforte, passando attraverso me" :lol: ). Ciao! Francesco 1797 Paris

 

PS Altre opinioni! :)

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  • 4 weeks later...

Ciao. Io arrivo ultimo e penso che la discussione sia andata un pò fuori da quello su cui Paolo rifletteva all'inizio vero? Dopo tutto sono gli sviluppi che si creano no? Siamo o non siamo musicisti? Si parlava infatti di tecnica se non ricordo male.

Penso in modo semplice semplice che quando una serie di suoni mi arriva all'orecchio vado ad ascoltare meglio e questi suoni sono sistemati in un modo talmente "giusto" che il mio timpano ne riceve sensazioni incredibili. Queste amalianti sonorità poi mi fanno dimenticare di essere arrivate a me, come mi fanno dimenticare di come esse siano state sistemate in modo cosi sapiente e suadente da coinvolgermi in quel modo e ascolto. Ascolto ancora e il tutto si diffonde nel mio cuore prendendomi per mano guidandomi in quel meraviglioso viaggio che si sviluppa come immaginavo ma senza averlo saputo e sento che questa incredibile musica non parla altro che di me! Di me stesso. Senza mai avermi conosciuto! E' il mio profondo e più intimo dei sentimenti che si smuove e che viaggia con queste note ed in quel momento non riesco più a capire da dove abbia avuto inizio o dove avrà un fine e resto spiazzato e commosso di fronte a qualcosa che è più grande di me: "La Musica!".

 

Forse alla fin fine è solo questo ma.........Chi ha composto però lo ha fatto conoscendo una griglia armonica anche se può averla manipolata a suo piacere, facendo magari uscire il pesce piccolo dalla rete per tenersi quello grosso o viceversa stringendone le maglie per catturare piccolissimi esseri acquatici e oltre a questo nessun compositore che abbia scritto per tastiera (non estremizzando su qualche bizzarra creazione) ha mai scritto cose insuonabili dai mezzi umani a disposizione del pianista ad esempio " LE SUE MANI!" e quindi anche la sua poetica compositiva si è dovuta in qualche modo attenere ad una tecnica pianistica, magari la stessa che il compositore aveva. Con mani enormi certamente si possono concepire composizioni con grossi sviluppi sulle distanze etc. Questo per dire che tecnica e poetica sono figlie della stessa madre, la musica! Penso che si debba saper alzare la gamba per saire lo scalino ma nulla di più! Chi alza troppo o poco la gamba prima o poi cade.

Inoltre penso che lo studio tecnico debba essere indirizzato verso un'idea poetica o un'idea interpretativa sul brano. Non userò uno studio tecnico brillante se in futuro il pezzo dovrà avere sonorità piano e veloci per cosi dire, cercando che questa tecnica mi sia di supporto per raggiungere un'idea estetico-esecutiva. Penso che sia un'alchimia simile all'uva che diventa vino o qualcosa di simile. Ma la discussione si presterebbe sul serio a vastissime considerazioni. Bellissimo parlare con tutti voi e condividere. Grazie.

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Leggo considerazioni molto belle e poetiche. Tutto, secondo me, parte dalla comprensione. C'è un percorso conoscitivo che porta verso la velocità e la facilità di esecuzione. Si pensi che la comprensione del pezzo ci conduce sempre ad una maggior facilità di approccio e quindi, progressivamente, ad accelerare i processi di esecuzione. Si provi con un pezzo dall'andamento andante...non penseremmo mai di suonarlo allegro vero? Eppure per gioco, una volta portato ad esecuzione col giusto andamento, proviamo a suonarlo con "molte tacche di metronomo" in più...ci stupiremo di essere capaci a farlo. Come mai?

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Grande Paolo! E' verissima la cosa. Una cosa che sempre faccio è risuonare lentamente pezzi che invece corrono parecchio ma cercando di dargli il carattere dell'andante e......la cosa non rende male ed in più diverte. Penso che il divertimento sia alla base dell'apprendimento ed anche con gli esercizi tecnici ci dobbiamo divertire altrimenti la tecnica diventa un peso. Renoir il celebre pittore francese diceva: " Se non mi divertissi non lo farei" e......quanta ragione aveva. In più penso anche che il nostro cervello abbia delle possibilità incredibili. Pensa che quando il pianoforte è scordato in alcuni passaggi arpeggiati o simili si sporcano delle note, proprio perchè la scordatura viene avvertita dal cervello e viene compensata con il leggerissimo spostamento delle dita, sempre ad opera sua (del cervello) ed il bello è che noi non avvertiamo nemmeno più di tanto la cosa. Ti è mai successo? Comunque grazie a voi tutti! E' veramente bellissimo poter dialogare di questi aspetti con persone come voi. A presto!.

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A questa cosa della scordatura che ci sposta la posizione non ci avevo mai pensato. Però questo significa che ti ascolti molto, più di quello che il cervello deve "immaginare". Hai mai provato con un piano digitale o con una tastiera muta a suonare senza sentire il suono....Bhe, credi a me, dopo poco che decodifichi lo spartito e lo traduci suonando i giusti "tasti".....senti il suono!!!!!Provare a suonare un pezzo così. Possono accadere due cose:

 

1) senti il suono proprio come se il pianoforte lo producesse.

2) non riesci a suonare.

 

Nella seconda, forse scopriresti che la tua memoria o la tua lettura era prevalentemente uditiva, cioè l'ascolto ti serviva TROPPO DA "GUIDA"

 

La conoscenza migliore è suonare "spento" a memoria e a mani separate. Si può arrivare al suono interiore ( senza essere..Beethoven) Troppa tortura? Prova!!!

 

P.S. D'accordo...poi bisogna avere il piano accordato....figurati se da Accordatore potrei sostenere il contrario!!! Anche da pianista sono d'accordo, soprattutto perchè la "scordatura" potrebbe inibire le scelte di pedalazione.

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  • 2 weeks later...

Riguardo alla tecnica pianistica io ho provato sulla mia pelle che l'hanon e libri vari solo sulla tecnica non servono praticamente a nulla: anzi sono dannosi dal mio punto di vista perchè partono da un ragionamento che il metodo intuitivo fa compiere. Mi spiego: lo so che magari per qualcuno sono cose ovvie, ma io sapevo il 20% di quello che bisogna fare in una seduta di studio (anche se da adolescente ho studiato molto poco). (Questo l'ho imparato leggendo un libro che tratta della tecnica pianistica e dello studio musicale: se volete vi darò il nome e il link con alcune parti in pdf scaricabili gratuitamente del libro nell'edizione precedente alla mia. Non cito il link perchè non so se così facendo introdurrei spam, visto che è un sito atto alla vendita di un libro).

Molti studenti usano una procedura più o meno standard del tipo:

1 - Studiare le scale meccanicamente ed esercizi tipo hanon

2 - Prendere in mano un pezzo nuovo, leggerlo lentamente a mani unite cercando di aumentare la velocità d'esecuzione

3 - Alla fine della sessione di studio suonare a velocità sostenute per gustarsi il pezzo

4 - Una volta riusciti lo memorizzarlo fin da più o meno padroneggiarlo

Escludendo di essere dei fenomeni se uno ad esempio studia le invenzioni a due voci di Bach si troverà a prendere delle tranvate mentali perchè il metodo non insegna come prima di tutto riuscire a conciliare le due mani che suonano parti distinte creando dei muri all'apparenza insormontabili.

La tecnica è solo un mezzo: bisogna acquisirla con la musica. Citando Bach secondo me in una delle frasi che mi ha colpito di più per il significato recondito: "Tutti gli strumenti musicali sono facili da suonare ... basta pigiare il tasto giusto al momento giusto, e lo strumento suonerà da solo."

A me ha fatto capire che la musica, prima di essere tutta una serie di emozioni, è una combinazione di suoni con più o meno sfumature nell'unità di tempo: se uno vuol far musica deve imparare come la si tira fuori rallentando, eseguendo e ripetendo o spezzando certi passaggi, e scavando in se stessi passo per passo, coltivando un metodo di studio che porti ad un tragurado. Se uno prosegue analizzando in modo razionale cosa vuole fare allora potrà fare musica acquisendo la tecnica di conseguenza. Se uno usa un metodo di studio intuitivo, poco razionale è molto improbabile che riesca a suonare decentemente.

Questa è la mia opinione dall'alto della mia incompetenza! :lol:

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