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Piano Concerto - Forum pianoforte

thallo

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  1. come si accennava anche parlando del Fidelio, Beethoven scrive per voci come se scrivesse per strumenti. Questo è possibile e può pure portare a dei capolavori, ma è molto più facile cantare il Requiem di Verdi che cantare la Nona di Beethoven... il Requiem di Verdi non è "facile", è più facile da cantare, cioè è un pezzo scritto bene per le voci. Ma questo discorso è possibile farlo anche scollegandolo dal discorso sui registri... In questi giorni sto cantando tanta polifonia antica. E, non so se lo sapete, ma nella polifonia antica i nostri concetti di registri (bassi, baritoni, tenori, alti etc...) si perdono molto. Le chiavi antiche non indicano dei "tipi" vocali ma delle estensioni. Ancora di più, era molto comune che i cori fossero fatti solo da uomini, ragione per cui non dovremmo considerare la parte di contralto come parte per donne ma come parte per tenori acuti-contraltini o per controtenori o per voci bianche contralto, e la stessa cosa per i soprani. Tutti i nostri discorsi sul passaggio, sulla fisiologia della voce collegata alle dinamiche sarebbero insensati in una prassi esecutiva storicamente informata. E quindi non ci giustificano gli stilemi compositivi (cioè, i compositori del tempo non scrivevano conoscendo le cose che conosciamo noi oggi, ragionavano in modo diverso). Aggiungiamo anche che i segni dinamici non venivano scritti... Nonostante questo, la polifonia antica "suona" in modo impressionante. E' sempre comoda, anche quando è scritta o trascritta in modo strano. E tutto questo perché usa l'armonia e il moto delle parti in modo perfetto. Le dissonanze sono sempre sostenute da note lunghe, che funzionano naturalmente da rinforzi dinamici; le frasi melodiche complesse sono anch'esse sostenute da armonie ben definite; le consonanze durano molto, dando un senso di scarico, di sollievo; i fraseggi seguono la frase del testo, non solo quella musicale, e quindi non abbiamo solo momenti armonici importanti sugli accenti tonici della parola ma anche su un accento tonico principale dell'intera frase. Ecco, questa è una cosa che mi sentirei di scrivere nel marmo: dagli antichi polifonisti si impara che il fraseggio lo scrive IL COMPOSITORE. Non è un'invenzione o una scoperta dell'interprete. E un pezzo scritto bene non permette all'interprete di sbagliare.
  2. i cori che sento io nel circondario hanno molti soprani, il problema è che sono soprani che non sanno cantare su tutta l'estensione :-) ma è un problema che hanno anche i professionisti, sembrerà strano ma nelle classi di canto dei nostri conservatori (e di quelli di tutto il mondo, credo) l'estensione viene vissuta in un modo un po' anacronistico... si studia da solisti e se quel solista non sa fare quella nota là, allora sceglie un repertorio in cui quella nota là non c'è. Questo è anti professionale. Cantare in coro ti insegna che se sullo spartito c'è scritto Do, e sei un tenore che sostiene di non avere il Do, ti devi arrangiare e farlo. Male che vada in falsettone, che non è mai morto nessuno
  3. ovviamente cambia da persona a persona, ma più o meno immaginate dei salti di quarta-quinta, intervallati da due-tre note di passaggio, e così per tutta l'estensione. Esempio Soprano: do-sol registro grave sol-la passaggio la-re registro medio re-mi passaggio fa-do registro acuto le cose cambiano moooolto da persona a persona, ma il mio concetto di "molto" è un concetto tecnico-vocale. Per un compositore queste differenze sono più labili
  4. ah, piccola curiosità di cui mi sto accorgendo ora. Alla fine del video della Turandot (Turandot "strappatele il segreto", Ping "chiamate Pu tin pao", Calaf "no, maledetto, maledetto") c'è Corelli (Calaf) che entra DEL TUTTO FUORI TEMPO e fa sfasare tutto il coro ahahaha negli ultimissimi secondi, la citazione dell'accordo del Tristano e Isotta e ri-modifico anche questo messaggio per dire che ho modificato il messaggio precedente aggiungendo un po' di cose
  5. in realtà è perfettamente in quei tempi, ed è questa la cosa stupefacente. Nella Turandot c'è una famosa citazione dell'accordo del Tristano, in Tosca c'è una scena fatta tutta su una triade eccedente e "Recondita Armonia", l'aria del tenore del primo atto, inizia in modo IDENTICO a La Fille Aux Cheveux De Lin di Debussy. A quanto dicono i miei amici, e alcuni miei libri di storia della musica, le perle più pazzesche si trovano ne Il Tabarro e ne La Fanciulla del West. La prima l'ho ascoltata, non studiata, ed è stupenda. Della seconda non so davvero nulla... tra l'altro, per chi non sapesse la storia di Suor Angelica... lei è una suora, di famiglia nobile. Sua zia la costringe a prendere i voti dopo che lei rimane incinta. Partorisce e non sa più nulla del figlio. Un giorno in convento torna la Zia Principessa a chiederle di rinunciare ad un'eredità, Angelica le chiede notizie del bambino e lei dice che è morto (in un pezzo stupendo che è praticamente l'unica aria per contralto mai scritta da Puccini). Angelica di fatto impazzisce, canta "Senza mamma", un'aria struggente, di cui quella l'aria dei fiori è in realtà una specie di coda. Qui Angelica raccoglie vari fiori velenosi per suicidarsi. Beve il veleno e subito dopo si pente urlando come una pazza, perché muore in peccato mortale. Ma morente ha una visione della Madonna che gli mette in braccio Gesù bambino... Sapete che io sono un cuore di pietra, ma con Suor Angelica piango in maniera incontrollabile. Era l'opera del Trittico preferita da Puccini, che aveva una sorella suora :-) ecco l'aria della Zia Principessa. Lei è tormentata dalla voce della madre morta di Angelica... cioè, la Zia Principessa è una mezza medium... ed è uno dei personaggi più odiati della storia dell'opera http://www.youtube.com/watch?v=867_ZR5FvhE e questa è la scena finale dell'opera, con una impressionante Renata Scotto. Se non avete voglia di piangere, non guardatelo... http://www.youtube.com/watch?v=nVM63R20Fhg e qui il "Tanto amore segreto" di Liù nella Turandot. Praticamente è una piccola romanza che precede il ben più famoso "Tu che di gel sei cinta". Ma secondo me è il pezzo più bello dell'opera. Le melodie sono tutte circolari, come un carillon che si incanta... io piango anche qui :-) http://www.youtube.com/watch?v=imNdpkkBe0E
  6. cambia molto dalla tecnica con cui hai studiato canto. Credetemi sulla parola, la facilità di emissione delle vocali dipende moltissimo dai tuoi maestri di canto. Dividendo per vocali: La "A" è comoda, ma non per gli acuti, dove diventa sempre qualcosa di più simile alla "O" (in ogni tecnica); La "E" è scomoda nel registro medio, perché tende a scappare, a farti allargare l'emissione, mentre negli acuti è la vocale preferita dai tenori; sarebbe sempre buona norma distinguere la E aperta dalla E chiusa... La "I" viene vissuta come difficile dalle voci maschili e facile da quelle femminili, questo perché è la nota delle risonanze acute, "di testa"; viene meglio alle voci leggere, squillanti, e nei vocalizzi viene utilizzata nella zona grave, proprio perché tende a "tirarla su", ad evitare che la voce risulti troppo cavernosa; è molto difficile cantare una I forte... La "O" è un passepartout, secondo me; è la vocale con cui vengono le note più belle, perché non è troppo chiusa e non è troppo aperta, utile per far bene gli acuti; La "U" viene considerata comoda ma poco risonante; in acuto quasi sempre diventa una "O", a meno che non si abbia davanti un buon cantante o non si studi bene come fare, ma qui torniamo ai limiti di cui sopra, tutto dipende dalla tecnica; e rispetto alla tecnica, la U e il dittono IU' sono tipici dei vocalizzi di chi usa l'affondo della laringe e vengono spesso usati per far abituare le voci pesanti agli acuti; anche per la U è mooolto difficile cantare forte.
  7. per un cantante sembrano normali, ma capisco che un compositore o uno strumentista non le considerino banali :-) al discorso precedente aggiungo almeno una postilla: ci sono piccole differenze tra una voce solista e una sezione corale. Riferendosi sempre alla relazione tra ambito vocale e dinamiche. Ovviamente il fortissimo di una sezione corale è più forte del fortissimo di una voce, ma in realtà è "pericoloso" scrivere in fortissimo una frase per una sola sezione di coro. Ha senso scriverla per almeno due sezioni o per il coro intero. E questo perché gli unisoni in fortissimo diventano spesso brutti, sguaiati, a meno che non si ricerchi una sonorità molto particolare. L'unisono di cui parlavo sopra era una sonorità particolare, e rimane, secondo me, un punto pericoloso e un po' estremo di una scrittura corale. Di contro, un solista può cantare davvero quello che vuole, basta che adatti le dinamiche in modo relativo all'intero brano e alla propria voce. Questo rende più "musicale" ogni indicazione dinamica, il che è molto da cantanti. Cosa intendo dire... un Sib acuto pianissimo per un soprano non è poi così difficile, basta che sia brava. Ma nella retorica della storia del canto, quella specie di dizionario che ad ogni "gesto" musicale accoppia un significato, un acuto pianissimo significa essenzialmente due cose: 1) nota "filata", ovvero eseguita molto piano con colore diafano e spesso con un opportuno punto coronato; 2) oppure nota attaccata piano e continuata in crescendo, un crescendo che forse può trasformarsi in un diminuendo, o forse no. Questo succede non solo perché la difficoltà di un acuto piano è tanta, ma succede soprattutto perché un acuto è pur sempre un acuto, è il momento culminante di una frase o di un pezzo intero. Questa cosa va capita nella sua complessità: se scrivo un duetto per soprano e mezzosoprano, e decido di scrivere un passaggio imitativo, o contrappuntistico, in cui serve che la velocità sia costante, ma lo scrivo con il soprano in acuto e in piano, DEVO specificare che non sopporto le corone o i rallentati. Perché se no è matematico che il soprano rallenterà per far sentire quanto piano riesce a fare quelle note lì. Allo stesso modo, la storia del canto mi dimostra (...) che è IMPOSSIBILE far eseguire un acuto in piano ad un tenore e, più in generale, ad una voce maschile... a meno che il cantante in questione non sia già estremamente famoso in tutto il mondo. Nessun cantante maschio perderà l'occasione di mostrare quanto forte sa fare quell'acuto, perché le mezze voci e i filati non solo non vengono considerati valori aggiunti per le voci maschili ma vengono, piuttosto, presi per mezzucci atti a nascondere problemi vocali. Gran parte delle arie per tenore di Puccini hanno acuti in piano e mezzo piano ma è una rarità sentirle eseguite come sono state scritte. E non tanto per la loro difficoltà, ma per la sindrome da tenore. Tornando al coro, gli acuti in piano sono "possibili", anche se con difficoltà. Ed è il modo migliore per farli eseguire, secondo me, è utilizzando il bocca chiusa. Questo lo potrei dire a quelli che nel laboratorio corale hanno inserito note estreme da eseguire in piano: il bocca chiusa aiuta molto i cantanti, anche psicologicamente. Una semplice indicazione "quasi a bocca chiusa" risolve molti problemi. Ma, ovviamente, presuppone una sorta di vocalizzo, ovvero la possibilità di NON pronunciare e articolare parole complesse. Altrimenti, gli acuti in piano per un coro rimangono bestie nerissime.
  8. scusa e scusate, sono dovuto scappare subito dopo aver aperto il topic e non mi sono accorto :-)
  9. Riprendo un intervento di Destroyed (presente sul topic http://www.pianoconcerto.it/forum/index.php?/topic/3258-intonazione-corale/ ) Il suo intervento era precisamente questo: " Io ho una domanda inerente la relazione fra dinamica e registro. Intendo dire che ad esempio gli archi nel registro grave sono grassocci ed è più semplice realizzare dei forti "veri", per cui, nell'ipotesi di suonare un arpeggio dal grave all'acuto sarà più "naturale" un diminuendo. Lo stesso concetto vale anche per la voce? Oppure, al limite acuto dell'estensione è più difficile mantenere un volume contenuto. Dividendo il registro in 3 parti, sono giuste le seguenti consideraizoni? Registro grave: pp Registro medio: p Registro acuto: mp ...che ne dite? " La domanda è interessante e ho pensato di aprire un topic specifico. Se parliamo di vocalità, sia corale che solistica, dobbiamo ASSOLUTAMENTE correlare i registri alle dinamiche. La relazione fra i due ambiti è fisiologica, molto più che nella maggior parte degli strumenti musicali. Tanto che quando si cerca di identificare il registro a cui appartiene una voce, la possibilità che quella voce ha di eseguire una dinamica piuttosto che un'altra è un'ottima cartina di tornasole. Mi spiego meglio: se ascolto una ragazza che canta un Re quarto rigo in chiave di violino, e questo Re è un po' "traballante", posso pensare che sia un mezzo soprano che si avvicina un po' ai suoi acuti, e quindi ha difficoltà o paura. Ma potrebbe anche essere un soprano che si avvicina al "passaggio" della voce, il punto in cui la laringe cambia posizione e abbandona il registro medio proprio per il registro acuto. Come fare a capire se chi ho di fronte è un mezzo o un soprano? Non c'è un solo modo, ma in tutti questi modi devo prendere in considerazione il VOLUME dinamico a cui quella voce riesce a cantare quel Re, le note superiori e le note inferiori. La tabella di Destroyed è tutto sommato giusta. In genere una voce (solista) riesce a cantare alla massima potenza le note tra il proprio registro medio e quello acuto. Le note gravi sono le più difficili da cantare forte e le note acute sono le più difficili da cantare piano. Ma la voce ha delle peculiarità... bisogna sempre tenere presente che ogni voce ha un range di note dette "passaggio", che cambiano molto rispetto alla singola voce, e queste note di passaggio offrono difficoltà maggiori... la note prima del passaggio è in genere la nota più comoda e forte di ogni range vocale, quasi per natura, perché è la nota prima del registro di "urlo". Per molti tenori è il Mi quarto spazio o il Fa quinto rigo. Allo stesso modo, la prima nota "passata" è, in genere, l'acuto meno forte che si può fare, nonché la nota più complicata da emettere per gran parte delle voci (il Fa# quinto rigo è quasi sempre la bestia nera dei tenori, come tutte le note attorno al Mi quarto spazio per i soprani). Queste eccezioni per il passaggio, però, contano soprattutto quando si ha a che fare con voci non fino in fondo educate... un buon cantante studia bene il proprio passaggio. E quando parlo di note naturalmente comode o forti non parlo necessariamente di note belle. Un Fa fortissimo per un tenore si trasforma spesso in una nota allargata e un po' urlata che a lungo andare logora la voce. Scrivere bene per voce è difficilissimo, si sa, e anche queste cose contano! Dicevo da qualche parte che settimana scorsa ho cantato in coro la Seconda di Mahler. Nel finale c'è un lungo pezzo in cui tenori e soprani cantano in fortissimo fff e unisono Do terzo spazio-Re quarto rigo -Mib quarto spazio-Sib terzo rigo, una frase centrale che seguiva una serie molto pesante di acuto e precedeva una serie ancora più pesante di acuti. Ecco, pur essendo una frase centrale, quella era una delle frasi più DIFFICILI di tutto il pezzo, perché il fortissimo che una voce può fare sull'acuto è un fortissimo DIVERSO da quello che si può fare su quelle note. Ma Mahler forse non lo sa, o, piuttosto, Mahler si riferisce alla sonorità corale, non alla sonorità delle singole voci. Quindi l'effetto è che tutti urlavamo in quelle note gravi, "spaccandoci" la voce e ritrovandoci affaticati sugli acuti successivi. In tal senso, lo specchietto di Destroyed va utilizzato con coscienza. Come nel contrappunto, è bene individuare un acme della linea vocale, da mettere possibilmente in acuto, e che non collida con quello che c'è scritto prima. Questa vale come introduzione, ci sono molte altre cose da dire ;-)
  10. Se ti va, facciamo una discussione apposta su questo tema: la correlazione tra registro vocale e possibilità dinamica è molto importante nella teoria della voce :-)
  11. cosa intendi con "le varie parti"? Considera che ogni discorso sull'analisi schenkeriana è un discorso complesso... non mi pare che si sia mai fatta una discussione specifica sull'analisi schenkeriana nel forum, ma se n'è parlocchiato varie volte qui e lì. Per me, per quello che conosco l'analisi schenkeriana e quello che ne viene dopo, l'importante è capire che Schenker ha fatto un numero limitato e preciso di analisi, che sono lì, "disegnate" e ragionate in un modo preciso. Tutti quelli che sono venuti dopo e hanno analizzato "alla maniera di Schenker" hanno adattato il sistema, la teoria e le segnature alle proprie esigenze, o alle esigenze del repertorio che dovevano analizzare. Ma non voglio iniziare una discussione generale sull'argomento
  12. eh no, Ludovica, è un fraintendimento :-) le Ursatz non sono "in fin dei conti" i bassi :-) una delle cose interessanti di Schenker è proprio il fatto che unisce il Bassbrechung (cioè il movimento armonico) ad un movimento contrappuntistico, la Urlinie. Cioè, per fare le Ursatz, ci vogliono sia i bassi che la melodia
  13. giuro che quanto prima darò anch'io la mia opinione sul pezzo di RStrauss, l'ho già ascoltato e gli ho dato un'occhiata ma volevo farlo con più calma
  14. la sincope esiste anche per gli strumenti, eh... quella partitura sarebbe più facile da eseguire per degli strumenti, ma alcuni problemi di senso rimarrebbero. Come dissi alcuni messaggi fa, il problema non è solo relativo alle parole, è intrinseco al metro. Semiminima minima e croma scritti in un tempo 7/8 non hanno senso anche se a suonarle ci sta un quartetto di ottoni. Continuo a ripetere che, secondo me, dovresti sforzarti di cercare una semplicità eccessiva. Almeno a scopo didattico
  15. ed è piacevole per noi accoglierti qui :-) benvenuto
  16. In questo topic è veramente difficile parlarti... non so, sembra che tu davvero non colga cosa diciamo... 1) no, la sincope è una cosa precisa. E' uno spostamento del senso ritmico che si ottiene prolungando una nota che inizia su tempo debole fino o oltre un tempo forte; 2) da cui, l'esempio del pezzo di Frank non è una sincope, perché la nota su tempo debole e la nota su tempo forte non sono legate con legatura di valore, ovvero sono due note diverse; e ammetto che mi è caduta la mascella quando hai usato quello come esempio... 3) fare una sincope non significa pronunciare "a-vé" e cantare una sincope non significa pronunciare "a-vé", di sincopi su note atone è piena la letteratura vocale di ogni tempo e potremmo parlare per anni dei vari significati e modi di cantare le sincopi. Per me il discorso che stiamo facendo sulla sincope ha pochi e specifici punti: hai detto che non c'era, e visto che sono un rompico*lioni dovevo smentirti; in quei punti iniziali non ha alcun senso musicale, proprio perché, da quanto sto capendo, l'hai scritta senza volerlo, cioè senza sapere che era una sincope e senza voler significare una sincope; ma l'hai scritta e quindi devi rimediare, ovvero devi fare in modo che non ci sia un effetto sincope, che in letteratura vuol dire tante cose, di certo non "a-vé", ma uno spostamento ritmico, una messa di voce con crescendo, o anche solo un "senso" diverso, più marcato, dato alla nota in sincope; per rimediare ci sono tanti modi, tra cui cambiare la disposizione degli accenti della battuta, in modo da eliminare la sincope, o mettere indicazioni espressive precise che eliminino ogni possibile lettura della sincope. 4) Riassumendo, tu hai fatto un cartello stradale, lo hai fatto a forma di triangolo perché ti piaceva così, ma tutti quelli che lo guardano dicono "ah, è un cartello di pericolo". Perché è un triangolo, e tutti quelli che guidano sanno che un triangolo è un segnale di pericolo. E qui parliamo di sincope. 5) non paga hai cambiato metro molto spesso, usando tante altre forme per tutti gli altri cartelli. E molte di queste forme significano, agli occhi dei musicisti, cose che in realtà nella tua partitura non ci sono, o si smentiscono a vicenda. 6) se fossi un maestro di composizione, e per fortuna non lo sono, perché probabilmente i miei allievi mi ucciderebbero dopo mezz'ora in modi orribili, ti consiglierei di fare esercizio sulla semplicità :-) almeno sulla semplicità metrica. Personalmente credo che sia molto difficile scrivere un'Ave Maria in 4/4, immagino sia ancora più difficile scriverla con delle semifrasi che durano tutte 4/4. Ma penso che un esercizio così castrante possa essere utile :-)
  17. ecco, non per infierire, ma quando una sillaba inizia su tempo debole e continua sui tempi forti, è una sincope :-) a meno che tu non indichi un considerevole diminuendo sulla sillaba "-ve" e sulla "a" finale di "Maria", l'accento cadrà lì. O anche peggio: senza nessuna indicazione il modo "giusto" di eseguire una sincope è accentandola o accentandola facendo una messa di voce in crescendo.
  18. finale non lo uso da tempo immemore, e tremo all'idea di rimettermici su, ma sono certo che ci sia la possibilità di segnare l'indicazione metronomica alla croma... comunque, io non penso che ci voglia mezz'ora a cambiare tutto. Cioè, forse su finale sì. Ma di certo se ti fossi posta il problema prima di iniziare a scrivere, tutto si sarebbe risolto in 5 minuti in più di lavoro... la soluzione attuale credo sia riscrivere tutto come una sequenza di 3/8 o 2/8. Semplicemente. Perché i metri irregolari e composti, a meno che non siano immediatamente giustificati e intellegibili, sono solo fumo negli occhi
  19. considerazioni sparse: - se il primo metro è in ottavi, perché l'indicazione metronomica è una semiminima? - indicare la strutturazione dei metri composti non serve solo a capire gli accenti forti della battuta, serve anche, come diceva Frank, a dirigere. Che è il passo successivo o contemporaneo al solfeggiare. Che è il passo successivo o contemporaneo a leggere questa partitura. Tu stai scrivendo "3/8+2/8+2/8" sopra, ma nelle note stai scrivendo tutt'altro. Le durate della prima battuta, se vogliono essere coerenti con il tempo composto da te indicato, dovrebbero essere una semiminima, una croma legata ad una semiminima a sua volta legata a un'altra croma, e poi la croma sul La. E così via. QUESTO è rendere intellegibile un'indicazione metrica NELLA musica (non solo nella testa di chi scrive). - e, come volevasi dimostrare, se quelle sono le divisioni metriche che indichi, le sincopi abbondano. - io tutt'ora non ho capito PERCHE' :-) ci sono centinaia di brani contemporanei scritti praticamente senza metro. A cosa servono quelle due battute in 7/8 se poi arriva quella in 6 e quella in 8?! Metti le stanghette tratteggiate, ma dove serve, non per suddividere note lunghe, che non ha senso. Mi spiego meglio... nelle famose prime due battute, gli accenti del 7/8 (3+2+2) non si sentono, perché ci sono solo 3 figure a battuta, e una è di due quarti, quindi troppo lunga per permetterti di far sentire alcunché di ritmico al suo interno. Le prime due battute potrebbero tranquillamente stare in un metro libero, tanto più che la voce che le esegue è sola. Oserei dire che sarebbe anche più bello, perché permetterebbe una libertà esecutiva o interpretativa maggiore...
  20. Velocemente, a batt. 22 mi riferivo più che altro al movimento bassi-contralti, che da una settima maggiore vanno in moto parallelo a un'ottava. E' un salto complicato da intonare, e pensare che quei bassi potrebbero tenere il sol fermo e il mib potrebbe essere preso dai tenori... a batt. 25 circa, i solisti aumenterebbero il problema e basta, perché qui il problema, secondo me, è di intonazione più che di estensione vocale. Piuttosto potresti dividere la sezione, così 3-4 soprani fanno il Sib, ma sono sostenute possibilmente da una nota vicina del resto della sezione. Torniamo alla questione delle parti un po' più strette, che creano armonia e sostegno. a batt. 26-36 il problema è quello: perché lo hai scritto per coro quando un quartetto potrebbe farlo meglio? Tanto il testo non si capisce :-p a batt. 28-29 mi riferivo alle posizioni delle voci. All'ultimo movimento di battuta 28 abbiamo Do (Bassi) Mib (Tenori) Do (Soprani), al primo movimento di batt. 29 abbiamo Mib, Sol, Do e Mib.. Ovvero, hai praticamente la stessa armonia, ma piuttosto che lasciare delle parti ferme, fai fare a tutti un salto di terza ascendente (che, come dicevo, è in ottava tra bassi e soprani). Tutti questi cambi di posizione dell'accordo sono pianistici, o comunque strumentali. Le voci in un coro "preferiscono" le note lunghe e cantabili :-) è proprio una necessità organologica
  21. In teoria questo discorso potrebbe filare. Ma... 1) continuo ad avere l'impressione che tu lo dica per giustificarti. Cioè, qualcuno ti dice che scrivi a parti late e tu rispondi che c'è una ragione profonda perché scrivi a parti late. Se lo dicevi prima forse era meglio, così non sembrava un modo per giustificare un ipotetico errore... 2) "la carenza di armonici è una qualità musicale"... ricordiamoci che gli armonici esistono sempre e comunque. Come sappiamo, ogni nota sfodera una serie di armonici naturali, e quelli più facilmente udibili arrivano proprio dopo due ottave, più o meno. La conseguenza più semplice è che un basso che canta un sol (primo rigo chiave di basso) proietterà un bell'accordo completo di nona costruito sul sol secondo rigo chiave di violino :-) se io scrivo un bicordo con quel sol cantato dai bassi e un fa quinto rigo cantato dai soprani, quel fa per essere intonato dovrà essere coerente col settimo parziale (calante) del Sol dei bassi. Le note distanti SI FONDANO sugli armonici, almeno secondo il tipo di coralità a cui io sono stato educato. I problemi FISICI di questi intervalli vuoti sono dovuti a tutto il resto: alle altre note in mezzo, alla velocità con cui prendi quella nota, e quindi al ritmo e al metro, al valore "armonico" che dai o vuoi dare a quella nota. 3) per accordi "vuoti" nel nostro sistema tonali si intendono soprattutto i bicordi o gli accordi con quinte e ottave "senza" terze. Come dicevo nel mio intervento prima, il problema di intonare queste polifonie è dovuto al fatto che se le stoni si trasformano nelle peggiori dissonanze possibili. Intonate bene sono delle cose stupende, a mio avviso, perché essendo consonanze così vicine, portano ad una risonanza stupenda. I sistemi di intonazione naturali rendono molto difficile l'intonazione di intervalli paralleli di quinte e ottave, e pare sia per questo che storicamente sono state vietate nella didattica, ma acusticamente una quinta vuota è quanto di più lontano ci possa essere da qualcosa di vuoto o distante. Suonando solo al pianoforte penso non si possa capire cosa intendo dire... 4) rimangiati la frase sulla parte abitudinaria dell'orecchio :-) puoi intortarla agli altri, ma a noi no...
  22. Fermo restando che, come dicevo a Classic, io non sono adatto a indicare correzioni... ci sono dei punti difficili, dal punto di vista dell'intonazione, che però fanno anche un po' parte dell'estetica del brano. Almeno a quanto mi pare di capire. Ti faccio una specie di "walk-through" che però, ripeto, non è un elenco di cose che devi correggere, è un commento ai punti più complicati: Batt. 17: Triade eccedente, preceduta da triade diminuita sul La, a cui poi si aggiunge anche una settima maggiore (ho inteso la triade diminuita di La come un secondo grado di un ipotetico modo minore su Sol#, e quindi accordo eccedente su Sib, da cui piuttosto che Solb ci dovrebbe stare un Fa#... ma nulla è certo in queste situazioni, anche perché sul secondo quarto abbiamo un Re maggiore)... la triade eccedente è di per sé un accordo difficile da intonare, se ci mettiamo anche una bella seconda minore tra alti e soprani diventa ancora più complessa. Ma è il gioco di questo accordo. Il vero problema in questa battuta, secondo me, sta nel movimento delle parti. Ci sono scelte che non capisco, ma possono essere scelte estetiche. Visto che ti muovi in una situazione complessa di suo, io quel cambio tra tenori e bassi non lo avrei fatto. Vuoi avere un Re maggiore sul secondo quarto? Potevi anticipare il la naturale negli alti, piuttosto che raddoppiare la terza. Ma tutta la condotta secondo me è goffa o enigmatica. I salti ampi rendono questi accordi più complicati. Batt. 20: al quarto ottavo abbiamo "armonicamente" la sovrapposizione di due quinte, do-sol e re-la. In realtà la disposizione dice Sol-re-la e poi do. All'ottavo successivo c'è un accordo di settima maggiore sul Sib in terzo rivolto, e dopo stesso accordo su Mib, ma in secondo rivolto. L'armonia cambia ancora all'ottavo fino al terzo ottavo della battuta successiva. Non dico che sia impossibile, perché non lo è affatto, ma tutti questi cambiamenti armonici così veloci sono già complessi da intonare. Dissonanze di questo tipo secondo me rendono molto faticoso il pezzo. Immagina che queste persone devono mantenere l'intonazione a cappella per tutto il tempo, e tu a battuta 22 metti di nuovo un cambio di voci con salti di nuovo molto ampi. Batt. 23 et seg. : i cambi armonici complicati continuano, ma qui si somma il problema delle tessiture e delle false relazioni. Ce n'è una tra contralto e tenore, dove i tenori arrivano perfino da una dissonanza non risolta (il fa è settima di un accordo Sol7). I soprani, poi, vanno in ottava coi bassa, in realtà a distanza di 3 ottave, per intonare sul battere di batt. 24 un accordo molto strano, che è il ritardo del Lab successivo, con una settima maggiore lontanissima che al solo pensiero mi viene il mal di testa :-) e tutto culmina nelle famose ottave parallele di batt. 25 ... se il coro non è calante di mezzo tono a questo punto, non è un coro di persone vere :-) Batt. 26-36 : qui non so davvero che dire. Le armonie cambiano all'ottavo o al quarto, e non sono "transiti", come nel corale, cioè dissonanze passeggere spesso su note ferme di altre voci. No, cioè, davvero, mi sono messo a leggerlo e non ci credevo: hai fatto armonie diverse ad OGNI cambio. Non tutte sono complicate, ma sono tutte diverse, e con movimenti delle parti non sempre ideali. Quinte e ottave dirette e nascoste aumentano i problemi di intonazione, proprio perché se non sono intonate perfettamente si trasformano nelle peggiori dissonanze esistenti (quinta diminuita e settima maggiore). Che ne so, tra batt. 28 e 29 bassi e soprani fanno una terza minore ascendente a distanza di due ottave. Oltre al fatto che continuo a chiedermi perché hai cambiato la disposizione delle voci se stai lasciando due do e un mib nella battuta prima, se quel mib a inizio batt. 29 non sarà intonato sia per bassi che per soprani, si sentirà e farà schifo. Ok, puoi non sapere che le ottave e le quinte parallele sono difficili da intonare, ma te lo dico ora :-) Ora basta perché poi sembro cattivo... a me il tuo pezzo non fa affatto schifo, eh, ma così com'è è mooooolto difficile da eseguire bene
  23. thallo

    Gli Amen

    Ho ritrovato la parte e allora vi commento proprio quell'amen finale. Qui il link http://conquest.imslp.info/files/imglnks/usimg/9/95/IMSLP58786-PMLP36585-Liszt_Musikalische_Werke_5_Band_6_23.pdf Il pezzo è tutto molto bello ed etereo, il pianoforte interviene di rado a "suggellare" le cadenze e alla fine dopo "nunc" ed "et", che sono stupendi perché usati in modo quasi percussivo, su in "hora mortis" c'è questo stupendo movimento Si45-35-Sim, che progredisce su "nostrae" con Do#45-35-Do#m. E' difficile trovare una chiusa, secondo me, soprattutto considerato che si dovrebbe tornare in maggiore. Ma lui la trova col procedimento con cui fa la progressione, cioè un movimento di grado discendente, che è la nota sola dei bassi sulla sillaba "a" di "amen". Ma visto che Liszt è Liszt, e usa i procedimenti contrappuntistici per fare armonia, in realtà trasforma il tristissimo Do#m in un La7, sottoponendo una terza (e facendo scendere il sol# a sol, ovviamente). L'amen fa semplicemente La7-Re, ma il pianoforte ritorna col Sim46 e poi di nuovo Re. Tutto il pezzo è molto interessante armonicamente. Inizia in Re, su "benedicta" inizia a muovere verso La, cadenza su La a "mulieribus", ma a "ventris tui" fa questa cosa illuminante, una cadenza sospesa La6-Do#, che porta a due unisoni, uno su "Je" e uno su "sus", Do# e Fa#. Che sembrerebbero un bel ritorno a Re. Ovviamente no, perché la seconda parte continua l'ambiguità sul Fa#m (che sarebbe il contraccordo minore della tonica maggiore...), in realtà seguendo le note di un arpeggio Fa#-La-Do#-Re. "Ora pro nobis" è un bel ponte modulante che ci porterà al Mim di "nunc", passando per la sua dominante. Con uno schema molto bello, tra l'altro, perché complica variando quello precedente. Se quello era Fa#-La-Do#-Re, questo è (Si) Re-Fa#-Sol, con più dissonanze (il Re e il Sol diventano spesso triadi eccedenti), e la solita sottoposizione di terze finale (il Si, dominante di Mim, si alterna con un Re#dim7, formando di fatto una specie di accordo di nona spezzato). Suggellare questo passaggio dissonante con una semplicissima alternanza di accordi maggiori e minori è pura classe :-)
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