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Piano Concerto - Forum pianoforte

La parola "linguaggio" collegata alla Musica


pianothor
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Buonasera, da qualche mese mi tormento chiedendomi se la Musica sia un linguaggio oppure no. Se no, che cos'è? Oppure, possiamo comunque parlare di "linguaggio tonale" , "linguaggio modale" , "linguaggio cromatico/pantonale" ?

 

Spero qualcuno possa darmi una risposta!!

A presto

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Nell'ambito informatico un linguaggio è un alfabeto che determina un set di istruzioni, le quali organizzate secondo una logica e delle regole dal programmatore costituisce un programma.

Chiunque può inventare un nuovo set di istruzioni e delle regole per creare un nuovo linguaggio. Potrei avere un alfabeto di simboli inventati che combinati secondo delle regole che posso decidere costituiscono una parola alla quale attribuisco un significato.

La musica non fa eccezioni, dato l'alfabeto (note) le organizzo secondo una logica e delle regole (ad esempio le regole dell'armonia) e costituisco un prodotto musicale. È dunque a tutti gli effetti un linguaggio.

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Mi scuso con Pianothor, purtroppo per errore ho cancellato il contenuto del suo post, sono riuscito a recuperare solo questta frase, se mi ripassi tramite il messagi privato il testo, te lo reinserisco. Scusa ancora. Frank

 

Il fatto che la Musica contemporanea (2017, non 1909) non abbia la capacità di esprimere felicità mi fa molto pensare.

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Buonasera, da qualche mese mi tormento chiedendomi se la Musica sia un linguaggio oppure no. Se no, che cos'è? Oppure, possiamo comunque parlare di "linguaggio tonale" , "linguaggio modale" , "linguaggio cromatico/pantonale" ?

 

Spero qualcuno possa darmi una risposta!!

A presto

 

infatti la musica non è un linguaggio. E' una forma d'espressione che ha molti linguaggi, e tu ne hai indicati alcuni.

 

Proprio uguale uguale alla parola: non è un linguaggio ma una forma d'espressione che ha molti linguaggi

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Mi permetto di dissentire Luca. La musica è un linguaggio che ha, semmai, diverse lingue. Il linguaggio è la macrocategoria, le lingue delle sottocategorie. Anche se non conosciamo il cinese magari non capiremo una parola ma nonostante questo riusciamo a capire che si tratta di quella lingua. Idem per l'inglese piuttosto del tedesco. Allo stesso modo la musica ha gli stessi connotati, il linguaggio musicale cinese è facilmente riconoscibile perché rievoca delle sonorità che sono riconoscibili. 

Il linguaggio è qualcosa di univoco perché si riferisce comunque all'espressione di realtà fisiche o metafisiche. Chiamare una matita, pencil, karandash o bleistift non cambia il fatto che quell'oggetto sia una matita, è la lingua che cambia ma il concetto di linguaggio (agglomerato di lettere che formano parole per definire quell'oggetto) è il medesimo. 

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Premettendo che la domanda è già una restrizione sul vasto argomento, butto sul tavolo i seguenti elementi da leggere da sinistra verso destra:

 

Collazione | Paratassi | Sintassi

 

Ho sottolineato non ha caso da sinistra verso destra, in quanto siamo anche troppo abituati a pensare in modo occidentale e leggere in modo lineare; e in realtà esiste anche la lettura modulare (e non solo in musica) con opere scritte proprio in tal senso.

 

Argomento articolato ma rifletterei appunto su queste tre macro fasi che in musica possono avere tanti punti di contatto, insomma, i confini non sono mai cosi delineati.

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Esatto però rimane il quesito, ogni lingua ch'io conosca ha la capacità di esprimere sia tristezza che felicità mentre il linguaggio atonale non mi pare , o sbaglio?

Domanda poco chiara, il linguaggio atonale in se non è nulla se non tutto quello che non è tonale (.. per cui anche la modalità è atonalità). Non mi pare che la tonalità sia l'unico mezzo per suscitare emozioni, io mi emoziono persino con il gregoriano...che è una "melodia"

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- Prendendo in considerazione le lingue che noi parliamo: Italiano, Inglese , Francese, Spagnolo, Tedesco , etc... ognuna di queste lingue ha frasi (insieme di parole (insieme di lettere) ) che possano esprimere felicità, tristezza e tutto ciò che deriva da questi due macro insiemi .

No, c'è un contesto dove le stesse parole (nello stesso ordine) possono fare ridere e fare piangere e se abbinato ad un testo c'è pure la musica... diciamo che la cosa si articola ancor maggiormente  :)

 

Diciamo che la musica non può avere singificati ma senso. Diciamo che la musica è un linguaggio asemantico, ma questo non esclude la sintassi (che ha delle implicazioni) ... ma torniamo ai 3 elementi che mi piacerebbe se ne parlasse.

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Il fatto che la Musica contemporanea (2017, non 1909) non abbia la capacità di esprimere felicità mi fa molto pensare.

 

Chi l'ha detto? Non è sicuramente la sintassi a deciderlo ma è il compositore. Evidentemente i tempi moderni non suggeriscono molta allegria e gli artisti sono proprio espressione del proprio tempo. Odio autocitarmi, ma esite un mio tango per tiorba e violino, "atonale" visto che piace questo termine, che tutto suscita tranne che tristezza. In questo frangente mi interessava la passione e i suoi risvolti, trasmette sentimenti "positivi" (vogliamo dire così?) nonostante l'assenza di tonalità :)

 

Ma ci sono un sacco di esempi, basta girare per il WEB

 

 

PS

Mi piace l'idea di citare il 1909, mi sembra un altro periodo mediamente "grigio"...per cui, perchè proprio il 1909? (curiosità)

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Se per linguaggio si intende  la capacità che ha l’uomo di esprimere concetti, pensieri e significati tramite un codice complesso, la musica non è un linguaggio perché la musica non esprime nulla di più  - e nulla di meno - che non sia la stessa musica. I sentimenti e tutto il resto siamo noi ad attribuirglielo, ma diventa discorso di carattere soggettivo e dunque non assoluto.

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Se per linguaggio si intende  la capacità che ha l’uomo di esprimere

 

Fino a qua mi quadra.

 

L'uomo si esprime anche tramite la musica, il resto (concetti, pensieri, significati) sono un di cui. Perchè escludere la sfera emotiva?

 

Tant'è che non è così facile esprimere a parole  certe cose, ma la musica rende benissimo. Il problema nasce quando la musica non esprime nulla e rimane confinata in uno sterile esperimento.  Ripeto, il senso è già un significato...resta fermo il contesto. Ripeto:  le stesse parole (nello stesso ordine) possono fare ridere e fare piangere e non basta anteporre altre parore: tipo "scherzo" o "siamo seri" per dare un senso alle stesse, a volte serve qualcos'altro che, ci piace o meno, riguarda - guarda caso - con la musica in senso lato. Vogliamo parlare del tono della voce (ad esempio)?

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Come si vede, sembra difficile parlare di linguaggio senza parlare di significato, e ciclicamente su questo forum sembrano riemergere sempre gli stessi spettri. A prescindere da come poi ognuno la voglia vedere, mi permetto di richiamare alla mente alcuni concetti storicamente rilevanti, anche se forse già fatto in passate discussioni. Se qualcuno avrà la pazienza di leggerli, e se già non li conosce o non li ricorda, magari potrà farsene qualche spunto di riflessione.

Il formalismo in musica trova in Hanslik uno dei suo passati campioni. Purtuttavia i concetti di linguaggio, senso e sigificato sono stati affrontati in modo più completo dalla logica e dalla linguistica. Come già detto da qualche parte, e per non andare troppo indietro con la storia, Frege distingueva tra Sinn e Bedeutung. Cosa sono? Facciamo un paio di esempi (non sono quelli originali): i vari cartelli segnaletici che indicano la direzione e la distanza da Roma, sono ciascuno un Sinn differente verso lo stesso Bedeutung Roma; il 216° papa della Chiesa Cattolica o il figlio di Giuliano della Rovere nato ad Albissola nel 1443, sono due differenti Sinnen che indicano lo stesso Bedeutung. Sono almeno due le cose da notare qui, primo che il Sinn è il “modo in cui l’oggetto ci viene dato”, secondo che un Bedeutung ha molti Sinnen, mentre un Sinn ha, in generale, un solo Bedeutung. Il campo di applicazione di questa teoria è per Frege il linguaggio, che egli distingue essenzialmente in linguaggio naturale e linguaggio logico
(a due valori di verità). In questo modo Frege può dire che “Ulisse approdò ad Itaca immerso in un profondo sonno” è una frase con un Sinn ma il cui Bedeutung  è incerto. Per Frege, se in un’espressione compare un termine privo di Bedeutung, l’intera espressione non è né vera né falsa, cioè è sua volta priva di Bedeutung, anche se ha un Sinn: suppergiù quello che pensava Hanslick della musica.
Sta di fatto che di lì a poco Russell comunicò Frege che questa impostazione teorica conduce ad un’antinomia e nel suo saggio "On Denoting" sostituisce infatti alla nozione di Sinn il concetto di “funzione proposizionale”. In breve per Russell un’espressione può avere significato anche se è composta di termini che singolarmente non denotano alcunché. Altrimenti, seguendo Frege e il suo esempio di Ulisse, dovremmo concludere che l’intera epica greca è priva di Bedeutung, che in Italiano (e lo dico solo ora apposta) si traduce con significato. È secondo me da notare che inizialmente in Inglese Bedeutung, se non sbaglio,  era reso con reference e in seguito con meaning. Oltre tutto Sinn è traducibile anche con significato, proprio così come lo è Bedeutung. In qualche modo dunque la nozione di Sinn senza Bedeutung è una nozione fuorviante, e lo diventa soprattutto nella traduzione italiana. Hanslick in verità è precedente a Frege e il suo formalismo è in qualche modo autonomo rispetto a lui anche se diventa abbastanza facile leggerlo con quel quadro concettuale. Hanslick, in aperta contrapposizione con l’estetica Wagneriana, toglie ogni contenuto dalla musica, compresa la sfera delle emozioni. La musica ha molti Sinnen, ma nessun Bedeutung: questa è in sostanza la posizione formalista e cambia di poco anche nella sua versione “enhanced”, come quella proposta da Kivy. In Kivy si nega ancora il valore semantico della musica, ma si rivaluta fortemente l’esistenza di un rapporto tra musica ed emozioni. Inoltre Kivy ammette che la mancanza di contenuti è limitata alla musica strumentale occidentale, mentre ammette che la musica possa essere significante, anche quella occidentale, quando accompagnata da parole. Già questa posizione formalista allargata dovrebbe destare preoccupazioni nei suoi sostenitori: come infatti potrebbe la musica essere significante se accompagnata da parole se da sé non può essere significante? O il significato è solo quello delle parole e quindi la musica non aggiunge né modifica nulla, oppure in sé la musica deve avere qualche potenzialità.  Ad ogni modo, ovviamente qualunque formalista si vede costretto bene o male a negare alla musica lo statuto di linguaggio: se la musica non ha un contenuto allora non può essere un linguaggio, in quanto un linguaggio è un insieme convenzionale di simboli organizzati adatto a comunicare o esprimere qualcosa. Questa posizione, a mio parere, deriva proprio dal fraintendimento iniziale portato dalla distinzione fregeana e dalle conseguenti antinomie indotte.
Ovviamente la posizione formalista non è la sola. Da Wagner in poi, passando per Adorno, per arrivare, ciascuno a suo modo, al Wittgenstein delle "Ricerche", alla tradizione ermeneutica, ai cultural studies, agli studi di genere e addirittura a numerosi esponenti della filosofia analitica (Danto, Levinson, ecc…), oggi ritenere che l’asemanticità della musica sia la sola dottrina è per lo meno ingenuo. Addirittura le neuroscienze, da qualche anno pretenderebbero di aver dimostrato che la musica promuove significati in modo analogo ad altri linguaggi (se qualcuno è interessato forse ritrovo qualche estratto di questi studi).
Cosa davvero si dovrebbe intendere allora oggi quando si dice che la musica ha molti sensi e nessun significato, visto che ci si ostina ad utilizzare tale proposizione? Se non vuole rimanere una formuletta imparata da qualcuno o letta da qualche parte si dovrebbe essere in grado di giustificarla. Se la si intende secondo le nozioni di Frege (e di Hanslick) rischia di mostrarsi un vero fraintendimento.  Quali sarebbero infatti i molti sensi di una musica? In quanto Sinn. il senso non è che un’espressione, un modo di dire qualcosa, quindi in quanto Sinn ogni musica non dovrebbe avere che un senso solamente, anzi dovrebbe essere "un" senso, non una molteplicità, a meno che con senso non si intenda una performance, non quello dato da una performance, ma la stessa performance, ma allora ci si allontanerebbe ancora di più da una spiegazione.
Che altra accezione si potrebbe dare al termine senso, forse quello del linguaggio parlato? Nel linguaggio italiano se io dico “Pippo è un cane” qualcuno fuori dal contesto mi può benissimo chiedere “ma in che senso?”  Io potrei infatti aver indicato un cane di nome Pippo, oppure essermi rivolta al mio amico Pippo in modo spregiativo, oppure ancora aver ricordato a qualcuno che l’omonimo personaggio dei fumetti è un cane. Quella sua domanda dunque può essere sostituita tranquillamente da “a cosa ti riferisci?” In italiano quindi si presuppone in qualche modo un contenuto verso cui il senso di un’espressione è riferito, tant’è che nel linguaggio comune (e non solo italiano) senso e significato sono facilmente interscambiabili. Pensare quindi che i molti sensi di una musica siano da leggersi nell’accezione del linguaggio parlato non può nuovamente spiegare la questione.
Potremmo proseguire a piacimento, e di modelli semantici ve ne sono infatti numerosi, fin troppi, ma il fatto è che noi abbiamo comunque a che fare con una realtà che vogliamo in qualche modo descrivere, e per fare questo è necessario che stabiliamo dei termini che siano efficaci allo scopo. Di per se non c’è nessun problema nel chiamare senso il significato e significato il riferimento o viceversa, ma alla fine è la descrizione nel suo insieme che deve reggere il meglio possibile, anche se sarà sempre solo un’approssimazione. Forse allora conviene recuperare almeno in parte l'obiezione di Russell all'utilizzo del termine Sinn, sia esso usato da Frege oppure da Hanslick. O forse ancora si potrebbe accondiscendere alle suggestioni di Wittgenstein che oltre a contestare la validità delle teorie del riferimento si oppone altresì all'idea stessa della possibilità di una musica "pura": per comprendere un'opera musicale adoperiamo categorie che desumiamo da esperienze non musicali (e quindi la comprensione e l'espressione musicali non sono chiuse).

Sono tutte cose già dette. L'unica cosa che posso sottolineare è che prima di sentenziare apoditticamente questa o quella conclusione, sarebbe meglio porsi qualche domanda e farsi venire qualche dubbio, del tipo, in ordine sparso:

-che interpretazione posso dare di una cosa che non ha significato?
-quali accezioni si possono avere dei termini linguaggio, senso e significato?
-viene prima il linguaggio o viene prima il significato?
-se il significato è un segno di qualcosa fuori da significante, questo qualcosa deve essere per forza univoco e determinato?
-se il senso è il modo con cui questo qualcosa viene indicato, in che termini possibile indicare in qualche modo qualcosa che non sussiste?
-per avere una semantica ciò che è indicato deve essere unitario o può essere molteplice?
-il modo di indicare qualcosa potrebbe esso stesso essere un qualcosa?
-può esistere un'espressione del pensiero priva di contenuto e piena solo di forma?
-ecc. ecc..

 

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L'uomo si esprime anche tramite la musica, 

Fin qui mi quadra.

 

 

 Perchè escludere la sfera emotiva?

 

Perché la sfera emotiva di ognuno di noi è personale e la stessa musica può trasmettere, a seconda dei soggetti che l'ascoltano - ma anche per lo stesso soggetto che l'ascolta in momenti e circostanze diverse - sentimenti diversi e completamente contrari

 

L'esempio più lampante in tal senso ce lo regala Kubrick in "Arancia meccanica"  dove l'Inno alla gioia diventa un inno alla violenza. E' la stessa musica e chi l'ascolta l'ama come tutti quelli che e l'amano, ma il sentimento che provoca è diametralmente opposto a quello che solitamente viene legato.

 

Dunque io penso chela musica esprime solamente s'è stessa e tutti i sentimenti che: compositore, ascoltatore, gli attribuiscono sono soggettivi e Hanslick nel suo "Del bello nella musica", complici i tempi in cui scriveva, in parte sbagliava ed esagerava - ma lo scritto va contestualizzato in era Romantica e in funzione anti romantica - ma in parte aveva ragione.

E come ci ricorda Massimo Mila: Una quinta non significa un bel niente e non ha nulla a che vedere con orizzonti campestri, calme profonde e serenità sconfinate ma che viceversa dacché Beethoven ha fatto uso della quinta in questo modo nel contesto della Pastorale, noi siamo indotti ad associare irresistibilmente questo accordo a questo complesso di sensazioni.

 

Se solo per un attimo non riuscissimo a liberarci da tanta retorica descrittiva, comprenderemmo che le Quattro stagioni di Vivaldi non sono che quattro bellissimi concerti di musica come tanti altri da lui composti e basta; niente caldo, pioggia, vento, temporali, freddo ecc ecc.

 

Come Quadri di un'esposizione è una suite di pezzi pianistici - o orchestrali o pop o elettronici a seconda delle versioni - uniti da un leitmotiv..

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Un'amica mi dice sempre: 

 

"Ciò che non si può dire
e non si può tacere,
la Musica lo esprime..."

 

Discorso troppo complicato ma

 

 

Se solo per un attimo non riuscissimo a liberarci da tanta retorica descrittiva, comprenderemmo che le Quattro stagioni di Vivaldi non sono che quattro bellissimi concerti di musica come tanti altri da lui composti e basta; niente caldo, pioggia, vento, temporali, freddo ecc ecc.

 

 

Diciamo che sarebbe come ignorare il compositore, che ci piaccia o meno, Vivaldi pensava proprio alle stagioni. Hai scelto un esempio che non è assolutamente esemplificativo.

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Discorso troppo complicato ma

 

 

 

Diciamo che sarebbe come ignorare il compositore, che ci piaccia o meno, Vivaldi pensava proprio alle stagioni. Hai scelto un esempio che non è assolutamente esemplificativo.

In estetica esistono riferimenti precisi a questo discorso e quest'opera di Vivaldi appartiene al figurativo ovvero alla semantica musicale in relazione alle immagini (alcuni esempi: tempesta, pastorale, stagioni, etc.); diciamo che si proviene da categorie sematiche diverse (...anche le suggestioni acustiche fanno la loro parte)

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Un'amica mi dice sempre: 

 

"Ciò che non si può dire

e non si può tacere,

la Musica lo esprime..."

 

Discorso troppo complicato ma

 

 

 

Diciamo che sarebbe come ignorare il compositore, che ci piaccia o meno, Vivaldi pensava proprio alle stagioni. Hai scelto un esempio che non è assolutamente esemplificativo.

Mi spiego meglio. Io non voglio ignorare il compositore e le sue intenzioni di cui ne prendo atto. Dico semplicemente che se una persona potesse ascoltare la musica senza sapere che cosa intendeva "descrivere" il compositore, potrebbe pensare a tutt'altre cose oppure anche a nulla, limitandosi a giudicare la musica.

In altre parole, la musica acquista un significato extra-musicale se qualcuno: il compositore, l'editore glielo attribuisce. Se no è neutra ... è musica e basta, anche quella a programma.

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Mi spiego meglio. Io non voglio ignorare il compositore e le sue intenzioni di cui ne prendo atto. Dico semplicemente che se una persona potesse ascoltare la musica senza sapere che cosa intendeva "descrivere" il compositore, potrebbe pensare a tutt'altre cose oppure anche a nulla, limitandosi a giudicare la musica.

In altre parole, la musica acquista un significato extra-musicale se qualcuno: il compositore, l'editore glielo attribuisce. Se no è neutra ... è musica e basta, anche quella a programma.

 

L'esempio di Kubrick è un po' particolare e secondo me il regista voleva sottolineare una forma di contrasto, forse per mettere in evidenza lo squilibrio mentale di quel gruppo di "burloni"... Estremizziamo ancora di più il concetto. Mettereste la Marcia Funebre dalla seconda Sonata di Chopin come sigla per lo spot di un parco dei divertimenti tipo Mirabilandia? 

Se sosteniamo che la musica non è un linguaggio ma è musica e basta poiché questa acquisisce un significato extra-musicale solo se glielo attribuisce il compositore, allora questo dovrebbe valere sempre e comunque a prescindere dalle indicazioni del compositore e dalla destinazione d'uso finale e non solo in particolari esempi dove in Kubrick effettivamente trovano riscontro. In sostanza o è un linguaggio sempre oppure non lo è mai.

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(...) In altre parole, la musica acquista un significato extra-musicale se qualcuno: il compositore, l'editore glielo attribuisce. Se no è neutra ... è musica e basta, anche quella a programma.

 

è per questo che quando ascolto qualcosa che non avevo mai ascoltato provo ad andare "alla cieca": senza leggere niente a riguardo.

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Ecco, io prima di andare avanti definirei proprio questa cosa... La musica è un linguaggio oppure no? Io dico di si, perché in sintesi possiede tutte le proprietà ed i parametri che deve avere un linguaggio. Altre idee concise per poter definire una volta per tutte questo punto?

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Mi spiego meglio. Io non voglio ignorare il compositore e le sue intenzioni di cui ne prendo atto. Dico semplicemente che se una persona potesse ascoltare la musica senza sapere che cosa intendeva "descrivere" il compositore, potrebbe pensare a tutt'altre cose oppure anche a nulla, limitandosi a giudicare la musica.

In altre parole, la musica acquista un significato extra-musicale se qualcuno: il compositore, l'editore glielo attribuisce. Se no è neutra ... è musica e basta, anche quella a programma.

Sento molto le ragioni di ciò che tu affermi Daniele.

Ma se devo rispondere secco alla domanda di Simone qui sopra direi di sì.

io sono arrivato a questa - concisa - convinzione

 

che ogni brano musicale concepito per assecondare un 'programma stabilito', sia poi stato creato seguendo necessariamente logiche musicali, e che il contenuto più intimo di ogni opera – anche della più “assoluta” fuga di Bach – sia profondamente legato all’umano.

E che, in fondo, il senso della musica sia Umano - spirituale - e non “musicale”.

 

è una contraddizione, ma me la porterò nella tomba.

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...no, dico, perchè se leggiamo un testo scritto nel 1500, domande non ce ne facciamo?

 

Un esempio a caso

http://www.pianoconcerto.it/forum/index.php?/topic/6117-satira-su-un-errore

 

Eppure sono parole (per assunto trattasi di linguaggio), per cui con un senso è un significato chiarissimo ma soprattutto immediato; in effetti basta leggerle, non serve conoscere quello che c'è dietro e tanto meno a cosa si riferiva chi le ha scritte....e al contesto in cui sono state scritte. Ovvero, le nostre 4 stagioni di Vivaldi.

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