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Piano Concerto - Forum pianoforte

Christophe Bertrand - Vertigo for 2 pianos and orchestra (2006-07)


Frank
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In una delle primissime discussioni di questa sezione Red ci invitava a scoprire questo brano di Christophe Bertrand, non so se qualcuno ha seguito il suo suggerimento.

 

Se Red vuole deliziarci con un suo intervento, tutto di guadagnato :)

 

Christophe Bertrand - Vertigo for 2 pianos and orchestra (2006-07)

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Molto volentieri, anche perché tra un po’ dovrò cominciare ad analizzare la partitura. Prima di tutto vorrei però condividere la presentazione del brano scritta da Bertrand: si trova sul suo sito.

 

http://www.christophebertrand.fr/notices/vertigo.html

 

 

Vertigo è un brano per due pianoforti e grande orchestra da 83 musicisti. È una commissione del Festival Musica e dello Stato Francese.

 

Vertigo (il titolo sarà spiegato un po’ più avanti) rappresenta il mio primo confronto con quella che potrei chiamare “la grande forma”. In effetti, il brano più lungo che avevo composto fino a quel momento era il mio Quartetto, che dura circa venti minuti, ma è costituito da un mosaico di undici brevi movimenti. Stavolta, la posta in gioco era alta: scrivere un brano di venti minuti per due pianoforti e grande orchestra in un solo movimento (ciò rappresentava una bella scommessa per me, affezionato di solito a forme relativamente brevi). Non c’è bisogno di sottolineare che le preoccupazioni architettoniche e soprattutto percettive hanno giocato una parte fondamentale nella composizione di questo brano.

 

Evidentemente un singolo movimento non implica in sé un blocco monolitico; Vertigo è strutturato in undici sezioni proporzionate secondo la successione di Fibonacci (a specchio): 1 - 2 - 3 - 5 - 8 - 13 - 8 - 5 - 3 - 2 - 1, che implicano delle sezioni che vanno da 26” a 306” (questa sezione centrale, troppo lunga in rapporto alle altre, è di conseguenza suddivisa essa stessa secondo le proporzioni 1 - 2 - 3 - 5 - 3 - 2 - 1). Tutte queste durate non sono evidentemente percepite in quanto tali, ma conferiscono una sensazione di equilibrio al tutto. Il mio lavoro si è basato sulla nozione di percezione, a partire dalle seguenti domande: come guidare l’ascolto? Come conferire unità al tutto? Sono state messe in atto diverse soluzioni.

 

La ripetizione e la variazione sono state inevitabili. Tre esempi. All’inizio del brano, alcuni strumenti dell’orchestra (un corno, due clarinetti all’unisono, le viole, ecc.) enunciano dei ff tenuti, crudi, brutali, senza vibrato, quasi “sporchi”. I due pianoforti hanno il ruolo inusuale di “risonatori attivi” dell’orchestra: dei motivi di biscrome rapidissime seguono l’evoluzione armonica determinata dalle entrate successive degli strati orchestrali: qui il loro ruolo è nascosto, totalmente in secondo piano. Queste biscrome, dieci minuti più tardi, riappariranno, ma più in rilievo, sormontate da un solo strato: le scale di armonici dei corni. Ci sono due strati, due piani. Infine, verso la conclusione del brano, le biscrome diventano soliste, il loro ruolo è primario: è la terza cadenza del brano (solo qualche discreto armonico naturale degli archi e dei corni scolora i pianoforti).

 

Secondo lo stesso ordine di idee, i flauti, gli oboi e i clarinetti sgranano un arpeggio molto acuto, costituito da due settime diminuite separate da un semitono. Questo è un chiaro segnale. Tale disposizione non ottavante sarà sempre più presente nel corso del brano, fino a invadere completamente lo spazio armonico e orchestrale durante dei frenetici tutti.

 

Infine, uno stridente cluster per quarti di tono dei legni, tenuto nel sopracuto con dinamica ffff, interviene a due riprese, in forma identica: è un segnale molto pregnante, immediatamente riconoscibile.

 

Per assicurare unità al tutto, ho utilizzato anche un certo numero di armonie che circolano nel corso del brano: ad esempio la matrice Do-Reb-Fa-Sol (in tutte le possibili trasposizioni); o la sovrapposizione di due settime di dominante nello spazio di un’ottava (dal colore assai diatonico, tanto da sembrare quasi modale). E una certa novità nel mio linguaggio (come pendant di questo relativo diatonismo): la scrittura a clusters, in tutte le forme (tenuti, ritmici, scale clusterizzate, talvolta all’estremo).

 

Ma soprattutto è il ruolo dei pianoforti a predominare nell’unità del brano (si tratta di un concerto, dopotutto!) e a spiegare, in parte, il titolo Vertigo. Ho cercato di utilizzare numerosi mezzi di sfocatura: la sovrapposizione di velocità in registri simili, il contrappunto di figure molto simili armonicamente e aritmicamente (come è possibile fare sulle due tastiere di un clavicembalo), e l’impurità indotta dall’ambiente microtonale (per creare l’illusione di pianoforti “non temperati”). Questo ambiente microtonale proviene dagli armonici naturali degli archi e dei corni. Ne deriva una sensazione quasi “etilica”, offuscata, sfocata, come il riflesso in un’acqua in leggero movimento.

 

Come prefigurava l’orchestrazione di Mana, ho chiedo all’orchestra un grande virtuosismo strumentale, sempre al proposito di ottenere una frenesia collettiva: come un gigantesco ensemble di solisti, un’orchestra molto divisa (43 parti reali; a un certo momento 24 parti di violini), grande velocità d’esecuzione, tempi estremi (fino a 200 alla croma), tutti orgiastici. Non ho mancato di ricordare una lettera che mi ha scritto Helmut Lachenmann, che mi suggeriva un po’ più di “scrittura criminale”. Spero di esserci arrivato, a volte.

 

Infine, la seconda spiegazione del titolo è un riferimento allo Scottie di Hitchcock… perché anch’io ho paura del vuoto (del silenzio), e i venti minuti del brano non conoscono alcuna tregua, alcun tempo morto. Nessun silenzio, nessuna lentezza.

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Aggiungo solo un paio di considerazioni. Sempre sul sito di Bertrand si trovano due immagini riferite a Vertigo.

 

Una è un frammento di partitura.

http://www.christophebertrand.fr/telechargements/Vertigo3.jpg

Il principio – analogo per certi versi a quello di Ligeti e di Reich – è la moltiplicazione abnorme di una rapida scala con una serie di attacchi sfasati: l’effetto è una massa di suono aggressiva e brulicante.

 

L’altra immagine è una pagina di appunti.

http://www.christophebertrand.fr/telechargements/Esquisse3.jpg

Credo sia riferita alla prima sezione del brano: si vedono la formazione dei clusters a corni e tromboni, le pulsazioni in biscrome dei pianoforti, la struttura armonica creata dalla sovrapposizione di tre trasposizioni del medesimo accordo... È abbastanza semplice da decifrare. Trovo questa pagina molto interessante. Forse il motivo di interesse è proprio la sua trasparenza: i meccanismi sono chiari e lineari. Si vede la musica mentre nasce. E probabilmente è proprio questa semplicità a colpirmi. Ciò che conta sta ad un altro livello: non il meccanismo in sé, ma la potenza necessaria a muovere questa macchina gigantesca.

 

L’altra considerazione riguarda la “scrittura criminale” di cui parla Bertrand nella sua presentazione del brano. Per molti compositori della generazione 70-80 (e anche 90, ormai!) Lachenmann rappresenta tuttora una figura di riferimento, anche se si è lontani dalla sua scrittura: e in effetti la scrittura di Bertrand ha poco a che fare con quella di Lachenmann, però mi sembra che anche per lui il parere del compositore tedesco fosse importante e autorevole. Bertrand infatti spera di aver avvicinato con Vertigo la “scrittura criminale” che Lachenmann auspicava. Ma cos’è questa “scrittura criminale”? E Vertigo corrisponde a questo concetto? Sono due domande che ultimamente mi sono posto, e a nessuna di esse saprei rispondere con certezza. Forse “scrittura criminale” è quella che esige il rinnovamento radicale delle categorie dell’ascolto (la scrittura di Lachenmann, appunto, come la scrittura di Stockhausen prima di lui, come la scrittura di Beethoven…). Forse, se la intendiamo in questo senso, non è il caso di Bertrand. D’altra parte, sono certo che non si possa e non si debba chiedere a Bertrand di essere altro da Bertrand: la sua musica non rinnova radicalmente le categorie dell’ascolto, ma non è nel rinnovamento che si esaurisce il mestiere del compositore. Il punto è che a prescindere dal rinnovamento della scrittura, possiamo conoscere Bertrand per caratteristiche che sono sue e di nessun altro (prima ho accennato a Ligeti e a Reich, ma è evidente che non li si può confondere con Bertrand!): basta consultare il catalogo, con decine di brani nel giro di pochi anni, basta sentire l’energia che brucia sempre sotto la superficie della sua musica, pronta a deflagrare al momento giusto.

 

Rimane un dubbio, che ha condiviso con me un compositore di qualche anno più grande di lui, anch’egli enfant prodige assai conosciuto: il dubbio di un gigantesco successo che esplode e si consuma in pochi anni. Ma forse anche questo fa parte del fascino della musica di Bertrand?

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Ringrazio Red del ricco contributo che ha dato a questo topic che leggo solo ora. Visto che stai lavorando all'analisi o vorrai lavorarci, mi farebbe piacere dargli un occhiata. Se tu volessi condividere, anche privatamente, saebbe cosa molto gradita.

 

>L’altra immagine è una pagina di appunti.

>http://www.christophebertrand.fr/telechargements/Esquisse3.jpg

 

Già che il nome del file contiene la parola "Esquisse" la può dire lunga

 

>Rimane un dubbio, che ha condiviso con me un compositore di qualche anno più grande di lui,

> anch’egli enfant prodige assai >conosciuto: il dubbio di un gigantesco successo che esplode

> e si consuma in pochi anni. Ma forse anche questo fa parte del fascino

>della musica di Bertrand?

 

 

Potresti essere meno sintetico, più esplicito e meno enigmatico?

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Grazie Red e se vuoi condividere qualche altra "scoperta" sul brano ben volentieri.

 

Non ho una risposta alle tue domande e di fatto non ho capito l'ultima parte del tuo ultimo post...proprio a livello di significato. Forse dai per sottineso troppe cose...che non ho colto :(

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Una è un frammento di partitura.

http://www.christophebertrand.fr/telechargements/Vertigo3.jpg

Il principio – analogo per certi versi a quello di Ligeti e di Reich – è la moltiplicazione abnorme di una rapida scala con una serie di attacchi sfasati: l’effetto è una massa di suono aggressiva e brulicante.

 

In effetti riporta dei numeri di battuta (374)-375 e 376 nella sezione "Poco a poco brulicando"

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  • 3 weeks later...

Scusate l’enigmaticità di ciò che ho scritto: non solo non ho risposte, ma non riesco nemmeno a formulare correttamente le domande!

 

Comunque: non ho dubbi sulla musica di Bertrand. Ripeto: in questo momento, per come la vedo, penso che la sua non si possa definire “scrittura criminale”, ovvero rinnovamento radicale delle categorie dell’ascolto, ecc.ecc. Per usare una formuletta, si potrebbe dire che Bertrand è classico: ma come ho detto non gli si può né gli si deve chiedere di essere altro, poiché evidentemente non si tratta di una posa. Lui era quello che faceva: Bertrand corrisponde alla sua musica (e questo per me vale molto).

 

Forse il mio dubbio (ma dubbio è una parola troppo forte) è legato al sospetto che l’ammirazione per la sua musica sia per me fatalmente legata a quel poco che so della sua vita (cose lette qui e là su internet, spesso nemmeno verificate con chi lo ha conosciuto personalmente) e al pudore nel trattare un argomento delicato come il suicidio di un ventinovenne che stava mietendo successi in una misura che la maggior parte dei suoi colleghi non avrebbe potuto sperare in tutta una vita.

 

Ascoltando la sua musica non posso però non associarla al titolo di uno dei suoi ultimi brani – Dall’inferno – e alla sua dichiarazione (che non riesco a recuperare) dell’incubo di far fronte a sette commissioni in cinque mesi – e sull’altro piatto della bilancia posso mettere che per altri compositori sette commissioni in cinque mesi sarebbero il sogno di una vita, come sarebbe un sogno lavorare con Boulez, essere eseguiti in giro per il mondo dai musicisti più famosi… Insomma, il dubbio è sulla possibilità di separare il fascino che proviene dalla musica e la luce che su di essa viene gettata dagli aspetti biografici.

 

Ma appunto: anche la biografia può essere motivo di fascino – spero non morboso.

 

Aggiungo: per capire cosa può significare la scomparsa di Betrand consiglio di leggere la presentazione di Almost Requiem di Marco Momi, brano dedicato proprio lui (purtroppo non ho ancora avuto occasione di ascoltarlo). http://brahms.ircam.fr/works/work/35142/

 

Temo però di essere rimasto enigmatico…

 

P.S. Per quanto riguarda l’analisi, ci lavorerò l’anno prossimo!

 

P.S. 2, sempre per restare sull’enigmatico: potrei forse dire che ammiro la “scrittura criminale” più del classicismo… Forse la ammiro di più e mi piace di meno… Ma anche questo è un mio problema...

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Non ce la faccio ora a rispondere a tuo ricco post ma a proposito di questo

 

Aggiungo: per capire cosa può significare la scomparsa di Betrand consiglio di leggere la presentazione di Almost Requiem di Marco Momi, brano dedicato proprio lui (purtroppo non ho ancora avuto occasione di ascoltarlo). http://brahms.ircam.fr/works/work/35142/

 

 

 

Marco mi conferma che di questo brano non c'è traccia audio, però mi ha anticipiato che verrà suonato a Roma nel 2015. Speriamo riesca a registrarlo.

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