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Piano Concerto - Forum pianoforte

Intolleranza culturale in musica


pestatasti
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Stamani mi sono messo a spulciare il tubo per comparare un po' di interpretazioni di Beethoven.

Ascoltando la patetica di Richter mi è venuta in mente una "glossa" delle edizioni Ricordi di Casella (peraltro nobilissimo musicista) relativa ai mordenti del secondo tema, che mi turbò' enormemente quando da ragazzo frequentavo il conservatorio annichilendo la mia autostima e contribuendo non poco al fallimento dei miei studi, dal seguente tenore: "se i mordenti non venissero eseguiti in levare... La rapidità' del tempo produrrebbe questa orribile interpretazione (segue la scrittura in terzine) la cui bruttezza non ha bisogno di essere dimostrata ai veri musicisti".

Quindi secondo Casella Richter (tanto per citare lui, tra quelli che eseguono i mordenti in battere) non sarebbe stato, a differenza sua, un vero musicista.

Ognuno ha diritto sacrosanto di pensare ed eseguire come vuole. Si eviti però l'intolleranza sia per rispetto altrui che per non rendersi ridicoli.

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Da un lato è solo un problema di credibilità. Ogni soluzione in se può andare bene, ma è nella visione generale dell'opera che si può capire se veramente quella soluzione è più o meno musicale, il punto è relazionare la stessa al prima e al dopo.

 

Dall'altro, più in generale, quando si leggono i commenti dei grandi bisogna relazionarli in un contesto estetico ... non penso siano discorsi rivogibili ad un allievo di pianoforte, o meglio, il discorso andrebbe comunque contestualizzato. Gli assoluti in musica non esistono.

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Sono completamente d'accordo con ttw... Portando un altro esempio: in Mozart, trillo a partire dalla nota reale o dalla superiore ? Oppure trillo singolo o doppio ?

Alcuni contesti in cui eseguire i trilli in Mozart sono decisamente scomodi... Credo che fare il trillo doppio sia meglio, altrimenti si trasformerebbe in un mordente ma, ovviamente, se per suonare un trillo doppio si deve snaturare il brano, beh, allora forse in quel caso era più indicato un trillo singolo. Sempre in Mozart, altri contesti difficoltosi possono essere quando al termine di una scala discendente finiamo sulla tonica alla quale è applicato un trillo. In quel caso la regola della nota superiore non sempre sembra funzionare ed in questo contesto forse è meglio partire dalla reale. 

 

Insomma certe cose vanno contestualizzate, fermo restando che in Mozart l'interpretazione degli abbellimenti è molto libera. Estremizzando, se ascoltiamo Zimmerman, nelle sonate di Mozart alcune volte si inventa completamente degli abbellimenti che Mozart non ha neanche inserito... Forse così è anche esagerato, sono dell'opinione che se si è interpreti, sia il caso di attenersi scrupolosamente alle indicazioni riportate in partitura. 

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La Curci non mi sembra un'edizione molto critica [...]

Non esistono le edizioni "molto critiche" e le edizioni "poco critiche" :) Al massimo esistono le edizioni critiche realizzate più o meno correttamente ... Nel caso specifico, credo che l'edizione curata da Schnabel abbia rappresentato a suo tempo lo stato dell'arte, quindi potrà essere datata, ma non "poco critica"!

Per quanto riguarda le glosse di Casella, ricordo quelle al Clavicembalo ben temperato di "Giovanni Sebastiano Bach" in cui dipinge Czerny come un cretino ... evidentemente Czerny un cretino non lo era, semplicemente la sua estetica era quella di un secolo prima.

Ricordo che di un tema analogo si era parlato qui

http://www.pianoconcerto.it/forum/index.php?/topic/2307-il-revisore-questo-sconosciuto/

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Non esistono le edizioni "molto critiche" e le edizioni "poco critiche" :) Al massimo esistono le edizioni critiche realizzate più o meno correttamente ... Nel caso specifico, credo che l'edizione curata da Schnabel abbia rappresentato a suo tempo lo stato dell'arte, quindi potrà essere datata, ma non "poco critica"!

Per quanto riguarda le glosse di Casella, ricordo quelle al Clavicembalo ben temperato di "Giovanni Sebastiano Bach" in cui dipinge Czerny come un cretino ... evidentemente Czerny un cretino non lo era, semplicemente la sua estetica era quella di un secolo prima.

Ricordo che di un tema analogo si era parlato qui

http://www.pianoconcerto.it/forum/index.php?/topic/2307-il-revisore-questo-sconosciuto/

SI RedScharlach, l'ho espresso male ma intendevo dire proprio quello che dicevi tu, con un passo in più. Ogni "revisione" (visto che citi quel topic) ha i suoi limiti e la sua "durata", meglio partire dalla fonte e proporre qualcosa di proprio (ovvio, sempre con limiti e "durata", visto che si parla di estetica e di grandi a confronto...e le loro affermazioni :) )

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Meglio partire dalla fonte?... Dipende.

Se 'la fonte' non fosse una metafora, se fosse davvero una fonte pulita a cui bere, allora sì: meglio bere alla fonte. Sempre, comunque, chiunque.

Nel caso di un'opera d'arte da interpretare (dove la metafore migliore sarebbe quella di una 'falda': pulita, sì, ma sepolta da epoche, estetiche, stratificazioni interpretative), voler rifarsi direttamente alla 'fonte' la trovo un'idea un po'... "romantica" (e da cui anch'io sono passato, per poi cambiare idea).

 

Andare alla fonte (rapportarsi con Urtext, manoscritti, codici, papiri...) è qualcosa che lascerei solo all'interpretere sufficientemente maturo per farlo.

Non chiedetemi di definire 'interprete-sufficientemente-maturo'. Ognuno, in coscienza, sotto questo aspetto si conosce abbastanza.

 

Studenti, principianti (e dilettanti come me) è meglio abbiano la mediazione di un maestro: che sia, anzitutto, il proprio maestro, coadiuvato da una buona edizione seriamente curata.

 

Un'edizione critica di un'opera (musicale, ma anche di un'opera letteraria) in cui il curatore/revisore non "sgomita" ad ogni nota esplicativa per far vedere la propria genialità interpretativa, in cui sa dare in poche righe resoconto anche di opinioni interpretative diverse (senza dare elegantemente del cretino a coloro che hanno diverse visioni interpretative), è qualcosa di prezioso di per sè.

 

è come l'opera di un giardiniere amorevole, che si adopera perchè le cose fluiscano per il verso giusto.

Perchè il futuro grande interprete sia un po' come il nipotino che sta ad ascoltare il babbo e il nonno.

Poi, da grande, farà di testa sua. Ci mancherebbe.

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Poi, da grande, farà di testa sua. Ci mancherebbe.

 

Questa per me è una nota che stona, si impara anche (e matura) a fare di testa propria. Se si è schiavi fino ad età adulta di pappe pronte, difficilmente si imparerà a cucinarle di colpo.

Per cui il tuo ragionamento va bene solo nel caso uno non voglia diventare musicista, in caso contrario va maturata crescendo l'autonomia di giudizio e l'approccio critico alle revisioni. Passo possibile solo se si è abituati sin dall'inziio a (passatemi la forzatura) a fare una revisione e non prendersela bella e fatta.

Certa musica ha senso solo se si segue la prassi esecutiva, il maestro deve indicare i trattati, evidenziare le parti salienti, relazionare questi aspetti alla partitura  e far crescere quello che in quel momento è un allievo e che un giorno diventerà un maestro.

 

Per cui la revisione va visto come ulteriore punto di vista e non come l'ancora di salvezza; in questa ottica condivido perfettamente il post di Silbermann.

 

 

PS

Dimenticavo, spesso certe revisioni contengono errori macroscopici che

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 va maturata crescendo l'autonomia di giudizio e l'approccio critico alle revisioni.

Questo era ovvio.

Anzi: anche chi rimane un dilettante è bene che abbia sempre un occhio critico, sveglio, una capacità di giudizio personale.

 

Sulla schiavitù delle «pappe pronte» non sono d'accordo.

Nessuno impara a cucinare «di colpo». Certo.

Ma si impara a cucinare solo con un confronto - un umile confronto - con la tradizione culinaria che ci ha preceduto.

Senza impazienza di dimostrare la propria originalità.

L'originalità - culinaria e interpretativa - verrà fuori da sè, anche se si vollesse, per assurdo, tenerla nascosta.

Verrà fuori (se c'è).

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Da un lato è solo un problema di credibilità. Ogni soluzione in se può andare bene, ma è nella visione generale dell'opera che si può capire se veramente quella soluzione è più o meno musicale, il punto è relazionare la stessa al prima e al dopo.

 

Dall'altro, più in generale, quando si leggono i commenti dei grandi bisogna relazionarli in un contesto estetico ... non penso siano discorsi rivogibili ad un allievo di pianoforte, o meglio, il discorso andrebbe comunque contestualizzato. Gli assoluti in musica non esistono.

Concordo pienamente con la prima considerazione, che è esattamente il contrario del pensiero (all'epoca) espresso da Casella.

 

Spostando in parte il discorso prendiamo l'edizione curata da Schnabel: nel primo tempo della "tempesta" si indica un preciso punto di vista sul ruolo da assegnare a mano destra e sinistra. Eppure altri grandi interpreti hanno seguito soluzioni differenti.

 

Il problema è nel modo in cui si presenta il pensiero (da parte del revisore, ma il discorso potrebbe essere più generale). Schnabel, nell'esempio, lo fa motivando in relazione alla scrittura di Beethoven stesso; e quando altrove si richiama al proprio gusto lo dice espressamente con frasi del tipo "il revisore preferisce... al revisore non piace...".

 

E qui dissento sulla seconda considerazione: concordo sul fatto che le revisioni, soprattutto di grandi musicisti, sono una risorsa per l'interprete maturo, e preziose testimonianze storiche. Non credo però che non debbano considerarsi rivolte anche agli allievi di pianoforte, o per lo meno agli allievi lo si dovrebbe ben spiegare, soprattutto se si tratta di giudizi espressi appunto come assoluti.

 

Certo che all'epoca di Casella non la si pensava come oggi su molte cose.

Se ne fossi stato consapevole quando, da ragazzino, lessi quella frase dopo che già avevo studiato la patetica curando bene di eseguire i mordenti in battere, forse non avrei pensato di non essere portato per la musica (ma questo è un problema mio, scusate l'outing).

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