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Piano Concerto - Forum pianoforte

Qual'è il vostro metodo?


pestatasti
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In effetti non c'è un metodo unico, bisogna tenere conto di diversi fattori, non di meno il minutaggio. Suonare alla perfezione più di un ora di musica non è semplice, è una cosa da imparare a gestire e in effetti nei programmi difficilmente si mettono tutte opere alla prima interpretazione; molto tipico è inserire il classico cavallo di battaglia, qualcosa di già suonato in passato e sicuramente qualcosa di nuovo. In effetti si tratta di costruirsi un repertorio.

 

Ecco che già in questo scenario bisogna usare 3 metodi diversi per le 3 diverse situazione; nel primo caso non bisogna perdere il controllo, nel secondo bisogna riacquisire il controllo, nell'ultimo caso è "tutto" da fare.

 

Questo è un punto di partenza, tu intanto cosa ne pensi sulla questione?

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Io faccio così: 
1) Studio vita del compositore e storia del brano
2) Analisi del brano e memorizzazione
3) Studio a mani separate, da lento fino anche a più veloce della velocità di esecuzione
4) Studio a mani unite fino a un 70/80 % della velocità di esecuzione curando bene tutti i particolari. Qua inizio a registrarmi (sia audio che video)
5) Studio a mani unite fino alla velocità finale
6) Se sono in grado di suonare il brano da qualsiasi punto in modo soddisfacente e davanti a qualcuno allora il brano è pronto per una prima esecuzione. 

Il lavoro non finisce qua però, dopo la prima esecuzione in pubblico ritorno al punto 4 e lavoro per migliorare ancora. Sono convinto che si arrivi a padroneggiare abbastanza bene un brano dopo la seconda o terza esecuzione.

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Leggendo a caldo, sento di concordare con quanto scritto da TheKeyboardistZ; integrerei solo un paio di "postille".

 

Al passaggio 3), nel caso di musica contrappuntistica (vedi Bach e figli), non guasta lo studio a voci separate, anzi, è proprio necessario.

 

Al passaggio 6), io lo dividerei in "sottopassaggi", nel 6a) "il qualcuno" è un registratore, solo quando noi saremo soddisfatti di quello che sentiremo allora saremo pronti per il 6b) dove "il qualcuno" sarà una persona in carne ed ossa.

 

La registrazione lo vedo un passaggio irrinunciabile, ci trasforma in reali ascoltatori esterni di quello che è stata la nostra performance...e ci costringe, nel caso di insoddisfazione, a ciclare persino dal punto 3, se dovesse servire.

 

Ripensandoci, anche al punto 2) farei delle precisazioni, immagino siano implicitamente comprese, ma l'analisi dovrebbe orientare la nostra interpretazione e di conseguenza la diteggiatura necessaria ma anche l'individuazione di gesti tecnici necesari per perrorare la nostra causa. Dopo aver smarcato questo, io mi sentirei pronto alla memorizzazione che però riguarda solo la memoria visiva e intellettuale, quella cinetica ad esempio per forza non può avvenire prima di 5) o comunque con lo studio mentale può avvenire prima solo parzialmente. E comunque tutte e 4 le aree di memoria andrebbero esercitate durante lo studio pratico.

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Personalmente, parlando ovviamente di pezzi nuovi, vorrei conservare la freschezza che mi sembra di avere quando prendo per la prima volta in mano un brano e che invece ho l'impressione di perdere per strada, non tanto per uno studio meccanico ripetitivo (che credo di evitare in quanto tale) quanto per una sorta di assuefazione intellettuale.

 

In genere, per quanto mi riguarda, dopo aver ragionato su gesti tecnici, agogica e fraseggio di ogni passo, e quindi aver individuato la diteggiatura più adatta, faccio una prima lettura a mani separate, soffermandomi spesso e cercando di mettere a fuoco l'effetto finale.

 

Poi cerco prima possibile di unire mani e pedale studiando tutto il pezzo dall'inizio alla fine, sempre però alternando lo studio a mani separate e in velocità.

Per i passaggi tecnicamente più complessi questo studio a mani separate lo faccio precedere o lo alterno con brevi intermezzi di esercizi inventati estemporaneamente allo scopo.

 

Ovviamente il tempo dedicato allo studio a mani separate si riduce progressivamente e cambia scopo (sempre più interpretativo e meno tecnico).

 

Anche nello studio a mani unite isolo spesso singole frasi, temi, passaggi o battute più che altro per memorizzare. A volte, quando mi sento, vado avanti senza girare la pagina.

 

In realtà mi trovo sempre a mescolare le varie fasi, tornando spesso indietro un po' come raccomanda Frank, anche se poi trovo le difficoltà più grandi nel "quagliare".

 

Altra difficoltà è il pedale. Personalmente non mi trovo bene né a studiarlo con la sinistra (ciò che mi porta ad appiattire il pedale sull'armonia e trascurare il mezzo pedale), né a riservarlo allo studio a mani unite (ciò che mi renderebbe impossibile calibrare il tocco anche nello studio a mani separate).

 

Penso che sia importante prestare attenzione sin da subito, così come all'interpretazione, alla interazione tra le due mani ed il pedale. Per questo cerco sempre di mescolare lo studio a mani separate e a mani unite (in entrambi i casi con il pedale).

 

Penso anch'io che l'impossibilità di ascoltarci mentre suoniamo renda indispensabile il registratore.

D'altra parte penso anche che il registratore non elimina del tutto la mancanza di obbiettività nei nostri confronti e, se non usato "cum grano salis", può causare danni psicologici anche irrimediabili visto che spirito e autostima sono fondamentali per un musicista. 

Per questo sarebbe fondamentale (almeno prima di aver assimilato il pezzo) usare il registratore fuggendo l'eccesso di autocritica (il che è anche contraddittorio visto che senza autocritica non c'è progresso).

 

Un mio metodo non l'ho mai trovato (per questo scrivo), e concordo con Marta quando dice che non esiste "un" metodo ma diversi metodi per diverse esigenze.

 

Vi ringrazio per i vostri gli interventi che condivido e ho trovato molto interessanti.

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  • 1 month later...

E' davvero molto interessante e istruttivo per me quanto dice ThekeyboardistZ  nel suo messaggio e pure la risposta di Frank. Io sono in un momento in cui mi sto rendendo conto che sbaglio il metodo di studio, forse perché non ho un metodo. ho una grande facilità di lettura ,e  questo non è un vantaggio perché  poi evito lo studio a mani separate che mi pare "inutile "  ( e credo sia tutt'altro) e suono troppo frettolosamente tutto il brano. non so se mi sono spiegata. invece ho proprio bisogno di una tattica efficace che rendi lo studio di un brano e la sua riuscita duraturo nel tempo. il metodo proposto mi pare sensato ma vorrei capire cosa si intende esattamente nel  punto 2 "analisi del brano e memorizzazione" e il punto 3  significa che studia già il brano memorizzato o con lo spartito davanti?

 

le mie domande sono per capire come diavolo si fa a memorizzare pagine e pagine di note  anche difficili e suonarle con apparente "leggerezza". io sono faticosamente riuscita a memorizzare un paio di brevi brani di Bach, che prontamente ho dimenticato quando non li ho suonati per una settimana di fila.

 

un altra domanda per  voi esperti è : serve davvero dedicare un'ora al giorno alla tecnica ( tipo Hanon con i ritmi e in diverse tonalità, o esercizi specifici per mano sinistra (ie: Berens), o tecnica di Mozzati etc etc) ??

grazie mille a tutti

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grazie mille Stellina e Jack. volevo dire anche che qualche tempo fa ho letto, ben 2 volte, il bellissimo libro di Carlo Grante sulla tecnica pianistica, che consiglio a tutti.

 

il libro dedica una gran parte della discussione alla tecnica di memorizzazione e dice che il vero pianista, per memorizzare , prima di andare alla tastiera studia lo spartito a tavolino, come si studierebbe una poesia . non passa all'esecuzione prima di aver memorizzato i passaggi studiati. la cosa mi pare pressoché impossibile per i brani di grande difficoltà soprattutto. molto più probabile la combinazione di memoria cinetica, intellettuale, acustica e visiva, come descritto nella discussione suggerita da Stellina e che comunque richiedono una bella dose di esercizio.  io non sono ancora riuscita. forse perché non mi sono davvero mai applicata seriamente. dopo un po' mi scoraggio e lascio perdere. certo la gioventù aiuterebbe...quella purtroppo è passata !!

 

per il resto continuerò con Hanon &C!!! sigh...

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  • 2 weeks later...

Ciao a tutti, sono nuovo del forum  :rolleyes:

 

Diciamo che ho un metodo poco convenzionale, ma che mi sta dando molte soddisfazioni.

 

La prima cosa che faccio è una lettura a tavolino del brano. Prendiamo come esempio il terzo tempo della sonata "La Tempesta" di Beethoven. Per prima cosa io inizio a dividere la frase e cerco di capire il discorso dove vuole arrivare, quali sono le note più importanti, quali sono i gesti da ricercare.

 

Facilmente mi contestano il fatto che prima dovrei leggere le note e poi pensare all'interpretazione. Io penso una cosa: anche la lettura delle note è finalizzata a un obiettivo e l'obiettivo lo dobbiamo studiare a tavolino.

 

Altro principio: sia con la lettura, sia con la tecnica, il pianoforte ha un grande limite: ci puoi fare solo musica! Quindi lungi da me "inutili" esercizi per rafforzare le dita. Io ho studiato anatomia, le dita non hanno muscoli! Gli unici muscoli importanti della mano sono il tenar e l'ipotenar.

 

Dopo tutto ciò passo finalmente al pianoforte.

 

Inizio con uno studio lento, cercando anche la lentezza nell'abbassare e nel rilasciare ogni singolo tasto. Questo è il vero segreto del saper suonare piano!

Dopo aver "letto" le note, cerco di capire dov'è l'energia. In questo brano si alterna continuamente fra mano destra e mano sinistra. Il punto di "attività" rappresenta l'inizio del gesto pianistico; le altre note devono essere suonate passivamente.

 

Il pedale è il respiro del pianoforte, deve muoversi con il nostro respiro e con quello del brano.

 

Spesso per "azzeccare" (scusate la forma dialettale, ma rende meglio il concetto) il gesto, suono le note del gesto tutte insieme.

 

Poi suono tutto in caduta e con le varianti, ma ricordandosi che non dobbiamo dimenticarci di fare musica.

 

Ecco! Io studio così!

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Mi pare un metodo interessante, quello di Francesco. Sto leggendo ( anzi lo sto letteralmente divorando ) il libro di Chuan Chang "fondamenti dello studio del pianoforte" e mi si è aperto un mondo.

innanzitutto mi sono resa conto che nessun maestro mi ha mai insegnato un metodo di studio e ho sempre seguito quello che Chang chiama metodo intuitivo , che non è efficiente per niente e che non permette di raggiungere livelli accettabili di esecuzione. infatti , non riesco mai a suonare un pezzo senza fare qualche errore.

 

il metodo di Chang è rivoluzionario sotto certi aspetti , anche se vedo che alcuni di voi, già in parte lo applicano, non so se consapevolmente o meno. Lui spara a zero su Hanon &C, dicendo che non servono a nulla per l'agilità e acquistare velocità. Molto meglio usare le composizioni di Bach. Suggerisce caldamente lo studio  a mani separate per memorizzare prima le due mani separatamente , poi portare a velocità, anche il 150% rispetto a quella finale, sempre separatamente. solo quando si padroneggia , senza spartito, le due mani separatamente alla velocità giusta, si possono unire le mani. e ripartire a studiare a mani unite. naturalmente dice anche un sacco di altre cose molto molto interessanti.

 

sto provando questo sistema e già mi pare che dia dei risultati. l'unico problema che riscontro è che mentre con Bach studiare a memoria la sinistra è relativamente "facile " perché contiene comunque una melodia , studiare a memoria la mano sinistra per es in Mozart mi riesce estremamente difficile ed è scoraggiante.

 

qualcuno conosce questo libro? e ha esperienza con questo metodo ? magari ne avete già discusso a lungo in qualche altro forum. se così mi mandate il link per favore ?

grazie mille

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Se vi fa piacere, vorrei scrivere anche io alcuni metodi che utilizzo per preparare un brano finalizzato al concerto. 

Onore al vero, non sono mai stato particolarmente affezionato a metodologie preconfezionate, poiché le ritengo standardizzate alla massa e poco inclini alla soggettività di ogni persona e per questo non ho neanche voglia di perderci tempo a leggerle. Ho avuto modo di capire, in quelle poche occasioni che mi hanno visto in veste di docente, che il grado di acquisizione delle nozioni da parte degli studenti varia non solo in base alle loro capacità intellettive, ma soprattutto in relazione alla metodologia che viene utilizzata per l'insegnamento.

Quanti di noi, al liceo o all'università, hanno odiato una materia che per noi, col passare del tempo, si è rivelata al contrario assolutamente illuminante ?

In sostanza, la maggior parte di noi è più incline verso una branca dell'esperienza umana non solo per predisposizione intellettiva ma anche per merito di chi ci ha trasmesso certe conoscenze. 

Conoscere una materia non significa affatto essere in grado di insegnarla.  Ci sono molte persone che conoscono perfettamente la loro materia ma, messi dietro una cattedra non riuscirebbero a comunicare nulla di tutto quello che sanno.  Un esempio di quello che sto dicendo è senz'altro lo scienziato Zichichi.  Zichichi è una persona estremamente preparata ma non gli si può di certo riconoscere la capacità di comunicare queste nozioni agli altri, o meglio, ai non addetti ai lavori. 

Tutto questo discorso per dire che ognuno di noi capisce e comprende secondo un suo personalissimo metodo,  la furbizia di una persona risiede nello scoprire in che modo le nozioni gli siano più congeniali.

 

La mia metodologia, in relazione al mio iter di comprensione è la seguente:

Non sempre ci vengono commissionati dei brani che conosciamo, a volte nei concerti dobbiamo suonare qualcosa che non abbiamo mai neanche sentito;  pertanto la prima tappa credo che non possa essere diversa da un ascolto attento della partitura...  Nel caso in cui mi dovessi ritrovare a suonare un brano inedito, mai suonato prima da nessuno mi farei inviare un rendering MIDI oppure realizzerei velocemente io un MIDI file per poter apprendere le linee melodiche e armoniche del brano e per memorizzarne mentalmente gli andamenti.  Nel caso invece di brani ormai celebri, non mi limiterei al primo ascolto in quanto questo potrebbe diventare fuorviante e, inconsciamente, mi costringerebbe ad emulare alcuni passaggi che mi sono particolarmente piaciuti,  pertanto ascolterei diverse interpretazioni al fine di dimenticare l'esecuzione altrui.

 

Questo ascolto preventivo mi tornerà molto utile anche nel momento in cui dovrò andare a leggere le note davanti al pianoforte.  Avendo infatti memorizzato le varie linee non mi sarà difficile procedere velocemente nella lettura aiutato anche dall'orecchio.

 

Il secondo passaggio sarà quello di effettuare una veloce analisi armonica del brano, identificando i vari temi ed i vari episodi.  Ritengo che questa analisi sia fondamentale per capire il carattere delle frasi e dei contesti che ci apprestiamo a studiare. Può cambiare ovviamente a seconda della tipologia di brano. Probabilmente in Bach avrò premura di evidenziare tutte le voci.

 

La terza fase sarà quella della lettura delle note... In questa fase cerco di muovermi in tempi diversi. Leggo le note lentamente e cerco di memorizzare quello che ho appena suonato. Non perdo però molto tempo sulla lettura lenta ma cerco subito di velocizzare per trovare il giusto senso musicale e la giusta diteggiatura. Il tempo, infatti, indicazioni metronomiche a parte, è un qualcosa che secondo me viene suggerito direttamente dalla musica ed è importante cercare di trovare quanto prima il tempo giusto che darà un senso compiuto a tutta la composizione. Oltre a questo perché velocizzare ? Perché spesso a tempi molto lenti utilizziamo una diteggiatura che si rivela poi inefficace se eseguito a tempo sostenuto. Meglio cercare di muoverci subito a tempi sostenuti per trovare una diteggiatura che sia comoda ed efficace ma soprattutto che renda bene il senso della frase musicale. Ad esempio non userei mai una diteggiatura che anche se comoda mi porterebbe ad utilizzare uno scomodo 3-4-5-4-5-4-5-4-3, cercherei di trovare un'altra diteggiatura che mi porti ad eseguire le stesse note con 2-3-4-3-4-3-4-3-2 o addirittura 1-2-3-2-3-2-3-2-1, chiaramente tutto deve essere contestualizzato alla resa musicale !

 

Memorizzazione... La mia nota dolente. Memorizzo ma in concerto non suono mai a memoria... Problema psicologico che avrei dovuto risolvere da piccolo. Mi capita spesso di suonare a memoria davanti alle persone, spesso nei ristoranti che hanno un pianoforte popolati di gente, ma non in concerto, in concerto ho il blocco della memoria. 

Poco male, l'importante è fare buona musica... Questo non toglie che non faccia un lavoro di memorizzazione dei brani. 

Per memorizzare i brani li divido in frasi e tengo lo spartito in un tavolinetto dietro le mie spalle, cosicché sia costretto a voltarmi e guardare lo spartito, interrompendo l'esecuzione se dimentico qualche cosa. Suono frase per frase restando sulla stessa finché non faccio errori, solo allora procedo alla frase musicale successiva.

È importantissimo imparare a memoria le mani unite come le mani separate. Testate ogni volta la vostra memoria suonando una composizione prima con la mano destra e poi con la sinistra. Vedrete che spesso con la sinistra incontrerete più difficoltà, perché si da meno importanza a ciò che è accompagnamento e più importanza a quello che fa parte del canto. Al contrario vi stupirete di ricordare perfettamente le frasi dove il canto passa alla sinistra. 

Spesso mi metto alla prova registrandomi, oppure facendomi assistere da qualcuno che mi ascolta, non i miei genitori o la mia fidanzata ovviamente, loro non mi fanno più né caldo né freddo. 

L'analisi armonica finalizzata alla memorizzazione è infine molto importante perché in caso di dimenticanza possiamo sempre fare appello a questa ulteriore variabile. 

 

In ultima istanza cerco di trovare più informazioni possibili sull'autore del brano, cerco di sapere in quali contesti lo ha scritto, se è stato dedicato a qualcuno, cosa rappresentava questa persona per il compositore. Tutte queste informazioni servono ad immedesimarsi nel pensiero dell'autore nel momento in cui ha concepito la composizione. 

 

Unisco tutto e trovo la mia interpretazione che deve essere coerente sia da un punto di vista storico che interpretativo con l'autore in oggetto. 

 

Vi faccio notare una cosa... Esclusi casi eccezzionali, volutamente con 2 z come vorrebbe Abatantuono, non troverete mai 2 persone che vi daranno le stesse indicazioni sull'interpretazione di una composizione. Per lo meno a me non è mai successo, ed ho girato parecchia gente con audizioni e masterclass. L'idea che mi sono fatto io è che voi, una volta studiato attentamente l'autore, quando sentite di possederlo veramente, dovete avere una vostra idea e dovete considerare solo gli interventi che ritenete giusti per l'idea che vi siete creati (sempre che questi interventi non siano appartenenti a quei consigli di stile che sono invece oggettivi, lì non c'è da discutere, ad esempio romanzare troppo Mozart suonandolo come si suonerebbe Chopin). Se non farete come vi ho detto avrete solo confusione mentale. Non saprete più come suonare perché nella testa avrete troppi pareri discordanti. 

Questa discordanza mi fa riflettere e mi insegna una cosa. Ogni persona, ogni maestro che vi dirà come interpretare un brano lo farà sulla base delle sue esperienze che nessuno di voi può conoscere e vi parlerà nella maggioranza delle occasioni di modi di interpretare autori che nessuno degli attuali maestri ha mai avuto modo di conoscere. Conoscete qualcuno che è diretto allievo di Mozart ? Dovrebbe avere più di 200 anni ! Alcune cose sono state tramandate ed appartengono a quel filone della stilistica  di un autore, altre cose fanno parte della propria esperienza e di quello che si è capito di un autore ascoltando e leggendo l'opinione di altre persone che a loro volta non hanno conosciuto l'autore ma si basano anche questi sull'esperienza. Bene. Ci sono troppe variabili incerte per prendere per oro colato tutto quello che vi dicono, ecco infatti che i pareri sono troppo discordanti. A chi credere ? A quelli che sentiamo ci dicano qualcosa concorde con la nostra idea alla quale non avevamo pensato.

 

Vi faccio un breve esempio parlando delle interpretazioni delle sonate di Mozart di Glenn Gould. Alcuni sostengono che Gould sia un punto di riferimento secondo me è tutt'altro che un punto di riferimento per le sonate di Mozart... Casomai è un'isola nell'oceano ma non il punto di riferimento. Il punto di riferimento può essere un Gieseking, la Uchida, Brendel per i concerti per pianoforte e orchestra... Allora come si fa a dire chi ha ragione ? Come vedete tutto è controverso... Una volta conosciuto, bisogna fidarci di quello che abbiamo interiorizzato e valutare cosa per noi è più giusto. 

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Io credo che se la diteggiatura è coerente col gesto, vale sia in lentezza che in velocità. Se invece in velocità si necessità di una nuova diteggiatura, allora era incoerente col gesto.

Tra l'altro ho un'idea tutta mia della velocità. Non esiste "un tempo" specifico per ogni brano, ma esiste "il tempo" coincidente con il nostro respiro. Un largo prevede meno note ad ogni respiro, un presto tante note all'interno dello stesso respiro. Ma il tempo è sempre lo stesso! Il tempo della nostra anima! Il tempo del nostro respiro! Ed è ciclico all'interno del brano. Tanti me ne diranno di quanto ho affermato, ma la penso così e suono così.

 

Sono d'accordo con il metodo Hanon purchè si faccia musica. Ripeto: col pianoforte si può fare SOLO musica!

 

Prendiamo l'esercizio numero 1. Il respiro pianistico è questo: si parte con la calma, si arriva alla tensione del levare e si torna alla calma del battere successivo. Questo dev'essere reso col suono e in piccola parte anche con l'agogica. Vale anche per l'Hanon, perchè no! Sul levare ci metterei anche un pelino di pedale.

Applichiamo questo discorso alle singole cellule: Do mi fa sol la sol fa mi re. Il do è in calma, si aumenta la tensione fino al sol, il la è già in fase di ritorno alla calma che si realizza nel re e si ripete lo stesso gioco nella cellula successiva.

Poi ampliamo il discorso. Le prima note di ogni cellula insieme formano una scala: do re mi fa sol la si do. Stessa cosa: do in calma, la massima tensione, il si porta alla calma che si realizza col do. Possiamo aumentare la tensione aumentando di volta in volta la dose di pedale ad ogni levare di ogni cellula.

 

Direte: ma è un esercizio. E io rispondo: e quale esercizio migliore se non muovere le dita e i piedi in sincronia col respiro? Se lo impari con l'Hanon, lo puoi applicare a qualunque pezzo!

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ho letto con grande interesse sia il commento di Simon che di Francesco. concordo perfettamente con quanto Simon dice e mi aiuta davvero a non scoraggiarmi soprattutto quando dice che in concerto lui non suona mai a memoria. !!! finalmente un essere umano !!! io non sono in grado di fare concerti ma ho il sogno di suonare a memoria anche solo per me stessa o per riuscire a soddisfare una richiesta estemporanea in ambienti familiari senza spartiti a portata di mano.... questo sarebbe già un vero successo.

 

il metodo di Simon mi pare molto molto ragionevole e devo dire che assomiglia a quello che sto cercando di applicare io. cerco di memorizzare il più possibile, anche se poi lo spartito lo terrò comunque davanti.

molto interessante la parte che riguarda lo studio della storia del pezzo e delle intenzioni dell'autore. grazie per questo suggerimento.

 

per quanto riguarda Hanon, mi sarà difficile abbandonarlo, come suggerirebbe Chang, ma suonarlo musicalmente come dice Francesco sarebbe come distrarmi dall'obiettivo più terra terra di far esercizio . ma ci proverò. ciò che dice Francesco concorda perfettamente con quanto afferma Chang nel suo bellissimo libro, bisogna sempre suonare musicalmente qualsiasi cosa, anche Hanon...

grazie mille

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@francesco

 

Sono d'accordo con te su alcune cose, meno su altre. Dal momento che ti sei scelto come soprannome FrancescoChopin dovresti sapere che proprio Chopin era un grandissimo esperto di tecnica pianistica. Ai tempi di Chopin non esisteva alcun Hanon e gli esercizi proposti da Chopin erano contestualizzati nell'ambito prettamente musicale, da grande compositore quale era. Chopin sapeva benissimo che nella mano esistono fisiologicamente delle dita più deboli e che ogni tentativo per rafforzare queste dita è vano perché non è possibile far raggiungere al mignolo ad esempio la possenza del medio, proprio per un discorso anatomico. Proponeva allora delle soluzioni tecniche che fossero coordinate alla morfologia della mano. Pensa che oggi gli insegnanti di pianoforte sono soliti far studiare le scale in ordine di alterazioni, partendo dunque dal Do Maggiore. Chopin faceva iniziare lo studio delle scale con la scala di Si maggiore perché il dover mettere la mano su tutti i tasti neri seguiva appunto la forma più congeniale con le dita più lunghe comodamente sui tasti neri e le dita più corte (pollice e mignolo) sui tasti bianchi, più arretrati. In questo modo lui dava forma alla mano del pianista sul pianoforte, senza sforzi, senza ginnastiche, senza esercizi inutili. Nonostante io venga dalla scuola dell'Hanon e dalla scuola Vitale, devo dire che, per quanto mi riguarda, l'hanon non mi ha portato grandi risultati in termine di tecnica pianistica che ho invece appreso con altri studi, musicali questa volta, mirati a risolvere i problemi che avevo. In uno dei corsi di alto perfezionamento pianistico un concertista ho completamente buttato giù è ricostruito la mia tecnica. Prima non riuscivo a suonare per più di due ore di fila e cominciavo ad avvertire dolori alla schiena e dietro le spalle. In un paio di mesi ho risolto problemi che anni di Hanon non hanno mai risolto ed ora posso suonare (meglio) in completo relax anche per 2 giorni di fila... Stanchezza fisica permettendo, È anche vero che ogni mano è diversa e, facendo fede al discorso che facevo nel post precedente, i metodi di apprendimento sono diversi di persona in persona, quindi quello che non ha funzionato con me magari potrebbe funzionare con altri.

 

@Ceci

 

Allora, si dovrebbe suonare a memoria per diversi motivi in concerto ma questo è un problema che avrei dovuto risolvere da bambino. Altrove posso suonare ore a memoria, l'ultima volta alla cena che abbiamo organizzato con gli iscritti in cui ho suonato a memoria la sonata K. 330 di Mozart, e non so se in concerto ci riuscirei, forse si, ma non ho voglia di sperimentare. Premetto che questo è un mio problema ed anche se l'importante in concerto dovrebbe essere fare buona musica anche l'occhio vuole la sua parte; quindi non voglio cercare nessuna scusante. Certamente non si può pensare di andare in concerto e leggere di sana pianta tutto quello che stiamo suonando, altrimenti ne risente l'interpretazione e non possiamo entrare dentro la musica. Ecco la cosa peggiore del suonare con lo spartito. Nel mio caso utilizzo lo spartito solo come una sicurezza personale, un anti ansia, se dimentico qualcosa, se ho un piccolo vuoto di memoria so che posso alzare per un momento lo sguardo e dare un'occhiata allo spartito.

Una volta ne parlai con un critico musicale che conobbi ad una conferenza e che aveva avuto modo di ascoltare qualche mia incisione. Dissi: "il mio problema più grande è la memoria, mi rifiuto di suonare senza spartito, mi viene l'ansia di sbagliare e così facendo sicuramente mi fermerei per colpa di qualche vuoto". Mi rispose (cito testualmente): "ho sentito molte tue incisioni, sei un ottimo pianista, quindi sti cazzi dello spartito !".

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The Simon, sono perfettamente d'accordo con te  :)

 

Ho citato l'esempio dell'Hanon per dimostrare che è possibile fare "esercizio" non solo fisico, ma anche mentale usando metodi che, purtroppo, sono considerati soltanto una "ginnastica" per le dita. Diciamo che ho voluto dimostrare l'esistenza di una "ginnastica della musicalità".

 

Sono il primo che utilizza pochissimo l'Hanon poichè lo ritengo utile solo a far perdere tempo (poi dipende da caso a caso, altrimenti non avrebbe avuto successo, parlo di me).

Infatti ti posso dire che ho avuto un salto di qualità con gli studi di Chopin e con la Fantasia-Improvviso. Tanti anni di Czerny, Cramer, Pozzoli e compagnia bella non mi hanno dato gli stessi risultati. Ovviamente non voglio estremizzare: parlo di me, della mia anatomia e della mia sensibilità. Però ti posso dire che sono contro quella scuola di pensiero che vuole rendere le dita uguali fra loro: come diceva Chopin e come dici anche tu, le dita non sono uguali e ciò è alla base, paradossalmente, della tecnica pianistica. Pensa che fra i miei "trucchetti" per suonare piano alcune note in punti specifici della frase musicale, uso, se possibile, il 4° dito, proprio perché il più debole e, per accentuarne l'effetto, abbasso il tasto alla base di quest'ultimo per aumentare la resistenza nei confronti della potenza nella leva (il tasto).

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Mi fa piacere che hai appreso sulla tua pelle la strada giusta da seguire  :D . Io per anni sono stato letteralmente "rovinato" da sterile tecnica impostami dall'alto che mi è servita ben poco e che anzi mi ha causato solamente dolori fisici e purtroppo molte persone non si accorgono di questo e restano confinati al palo, non progrediscono ed anzi, con il passare degli anni tornano indietro rovinati dai dolori fisici sempre più presenti. Fortunatamente ho capito qual'era la strada giusta per me che ha portato molti più risultati ed ho deciso di abbandonare i consigli che non mi facevano bene. Gli studi di Chopin mi sono stati sicuramente molto utili. Sono un ambidestro e quindi non ho mai sofferto di grosse disuguaglianze tecniche nelle mani, i miei problemi erano più che altro alla schiena essendo molto alto, non sfruttavo il peso, suonavo con la muscolatura e questo mi generava tensione. La strada giusta da seguire, e questo mi sento di dirlo in modo oggettivo, non è solo una mia opinione personale, è quella di suonare fuori tensione, sfruttando i pesi e le leve, solo in questo modo è possibile "cantare" e dare la giusta importanza alle linee melodiche senza affaticarsi e soffrire l'atto pianistico. Mi sono stati molto utili anche i masterclass pianistici, in alcuni dei quali ho potuto apprendere la meravigliosa tecnica russa sulla distribuzione dei pesi. Consiglio a tutti di fare i corsi di alto perfezionamento, sono molto costosi ma c'è molto da imparare. Sono dell'idea che certi trucchetti del concertismo si possano imparare solo da chi fa il concertista di professione. Resta comunque il fatto che c'è sempre tanto da imparare e da sperimentare quindi continuamo a darci da fare e buona musica.  ;)

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Ho la fortuna di studiare con un concertista e mi sta portando molti vantaggi. Mi ha rivoluzionato l'idea della musica e della tecnica. Finalmente ho imparato a usare il pedale in un certo modo: pensa che ho fatto l'esame d'ammissione al triennio (perché al triennio? perché nella vita si fanno ca...ate!!!) e gli esaminatori si inchinavano per guardarmi i piedi. Bè c'erano possibili ipotesi: o faceva schifo il pedale, o lo usavo bene, o avevo belle scarpe!!!  :P Con 95/100, primo in graduatoria, credo proprio che fosse piaciuto l'uso del pedale. Il voto non è un vanto per me, sono una persona molto umile a detta di chi mi conosce, ma è la risposta che il nuovo "metodo" che sto acquisendo funziona! 

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Altro mito da sfatare: non si suona solo con le dita!

 

Purtroppo al Conservatorio che ho frequentato fino a qualche anno fa (evito di dire quale), era opinione abbastanza comune fra i pianisti che si dovesse suonare il pianoforte stando dritti allo sgabello, immobili, senza muovere spalle, muovendo solo le dita. Se dovessi suonare così, la gente che mi conosce mi riderebbe in faccia perché divento un'altra persona  :P  :P  Questo in musica non va bene!

 

Ecco, io credo che la "tecnica" debba adeguarsi all'anatomia e alla psiche del pianista. A un mio allievo non posso insegnare a suonare esattamente come suono io: sarebbe una cosa assurda!

 

Per quanto mi riguarda mi sto facendo molte domande e ho capito che tutto il corpo contribuisce a suonare: le spalle, i gomiti, i polsi, il torace, l'addome, le gambe e addirittura lo sfintere anale e le sopracciglia  :D  :D  Bisogna alternare momenti di tensione, quasi di "sforzo" (attenzione, sforzo non è uguale a rigidità), e momenti di "galleggiamento". Qualche docente mi boccerebbe per questo mio approccio: pazienza! Il risultato è quello che conta. Logicamente la strada e lunga e di certo ne so meno di un docente; ma credo di essere sulla strada giusta.

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grazie Simon!!! mi hai rincuorato davvero. casualmente sto proprio imparando la K330 in questo momento... il primo tempo per il momento, a memoria. con un po' di fatica ma meno di quella che pensavo. mi rendo conto che avere lo spartito in mente anche se lo lasci a disposizione ti da una sicurezza che altrimenti non avresti e questo aiuta molto anche la parte interpretativa. 

 

in quanto a Hanon, ne ho sempre fatto un sacco,  quando studiavo da ragazzina, e anche  ora che ho ripreso dopo tantissimi anni. ma non sono sicura mi sia di qualche aiuto davvero. in ogni pezzo c'è sempre una battuta o due critica che nonostante Hanon e Hanon  ho difficoltà a risolvere. quindi forse il metodo di Chang che è anche quello che proponete voi alla fine, di lavorare sul pezzo è il migliore.

 

l'unica cosa è che non ho ben capito come si applicano gli insiemi paralleli  su cui si basa il suo metodo. tu ne sai qualcosa? il libro ( almeno la prima edizione in italiano e la seconda in inglese) si può scaricare da internet.

 

complimenti a Francesco per il brillante risultato!

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 quindi forse il metodo di Chang che è anche quello che proponete voi alla fine, di lavorare sul pezzo è il migliore.

 

l'unica cosa è che non ho ben capito come si applicano gli insiemi paralleli  su cui si basa il suo metodo. tu ne sai qualcosa? il libro ( almeno la prima edizione in italiano e la seconda in inglese) si può scaricare da internet.

 

 

Se intendi Chuan Chang-i Fondamenti Dello Studio Del Pianoforte, avevo creato questo vecchio topic, qualcosa online c'è :)

 

http://www.pianoconcerto.it/forum/index.php?/topic/626-chuan-chang-i-fondamenti-dello-studio-del-pianoforte/

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