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Piano Concerto - Forum pianoforte

Dmitrij Šostakovič.


danielescarpetti
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Sarà perché è un periodo che il mio sguardo e il mio pensiero si volge in maniera retrospettiva al secolo scorso, sarà perché sento con un po' di apprensione e forse nostalgia, un richiamo ad un tempo di speranze fallaci e dunque alla mia gioventù, ma mi capita spesso di pensare a Dmitrij Šostakovič.

Amo spasmodicamente questo compositore e lo amo non solo perché è stato uno dei più grandi geni musicali del Novecento ma anche – come spesso mi accade – perché riesco a riconoscere in lui delle qualità umane e storiche che lo rendono unico.

Cosa rende unica la figura – e dunque anche la musica – di Šostakovič? La risposta, penso,  è che in lui, tragedia personale e tragedia di un'epoca diventano un tutt'uno e lui, tutto ciò ha saputo tradurlo perfettamente nella sua opera.

Il massimo compositore sovietico sentì profondamente sulle proprie spalle la responsabilità del suo tempo e attraverso essa, un profondo senso di colpa e di impotenza verso il tradimento e la fallacità di tante speranze.

Ascolto i suoi 15 Quartetti che, assieme alle sue 15 sinfonie, sono il massimo testamento spirituale del compositore. Li ascolto e penso che assieme ai quartetti di Beethoven, a quelli di Bartók, siano quanto di più sensazionale sia stato concepito in materia.

Summa del percorso è il n. 15 Opus 144 che fa parte dell'ultima fase della vita di Šostakovič, quando ormai irrimediabilmente minato nel corpo e nello spirito, il compositore si abbandona ad una musica assolutamente tetra, inquietante, funerea: una musica che non lascia alcuna luce di speranza. Un capolavoro assoluto, da brividi e...che mi lascia senza fiato.

 

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Caro Terenzio, mi fa molto piacere che tu ama  Šostakovič

In realtà ho ben presente il tuo lavoro che, sarà anche quello di un dilettante, ma è veramente prezioso. L'ho ben presente a tal punto che se tu clicchi su  n. 15 Opus 144 , vedrai la sorpresa.

Ciao e grazie di tutto.

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Non conoscevo il lavoro di Terenzio, sicuramente S. è un compositore molto importante, non penso faccia parte dei giganti del secolo scorso per innovazione; sicuramente per il suo gusto e la grandezza della sua musica lo annovero fra i grandi e non c'è bisogno che lo dica io :D

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Non conoscevo il lavoro di Terenzio, sicuramente S. è un compositore molto importante, non penso faccia parte dei giganti del secolo scorso per innovazione; sicuramente per il suo gusto e la grandezza della sua musica lo annovero fra i grandi e non c'è bisogno che lo dica io :D

Sicuramente Šostakovič non fu un innovatore se lo raffrontiamo alla rivoluzione dodecafonica e poi alle seguenti che furono a lui contemporanee. Ma bisogna aggiungere che se anche lo avesse voluto, non lo avrebbe potuto essere rimanendo in Unione Sovietica, dove, il regime staliniano non accettò mai musica che non fosse troppo al di fuori dei suoi cliché. Lo stesso compositore corse il rischio di fare la fine di tanti suoi connazionali – deportati o assassinati – per avere composto un'opera veramente straordinaria come «Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk» e, veramente sintomatico, fu il suo rapporto con Stalin in tal senso.

Penso sia giusto però affermare che Šostakovič se non fu un innovatore nel senso novecentesco del termine, non fu altrettanto anche un conservatore tardo romantico o post-romantico. La sua musica pur rimanendo nel solco della tonalità, si distacca notevolmente dagli stereotipi precedenti e non mi riferisco solo ad un Rachmaninov, ma anche ad un altro suo grande conterraneo e contemporaneo, quale fu Prokof'ev. In questo senso direi che il corpus dei Quartetti sia la punta di diamante del compositore.

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Mi sbaglierò Daniele, ma la rivoluzione l'ha fatta Schoenberg (visto che citi la dodecafonia) e la reazione l'ha fatta Stravinsky (visto che citi i russi). Questi secondo me sono i 2 più grandi del '900 (e non dimenticherei Stockhausen).Šostakovič, sempre secondo me è un eccellente e grande musicista, come Rachmaninov, Prokofiev o Bartok, ma tanti altri ...

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Mi sbaglierò Daniele, ma la rivoluzione l'ha fatta Schoenberg (visto che citi la dodecafonia) e la reazione l'ha fatta Stravinsky (visto che citi i russi). Questi secondo me sono i 2 più grandi del '900 (e non dimenticherei Stockhausen).Šostakovič, sempre secondo me è un eccellente e grande musicista, come Rachmaninov, Prokofiev o Bartok, ma tanti altri ...

Sul fatto che la rivoluzione l'ha fatta Schoenberg, non c'è alcun dubbio. Sul resto del tuo discorso dico questo: non necessariamente gli opposti estremi sono anche i 2 più grandi di un'epoca. Dal mio punto di vista Stravinskij è sicuramente stato il più grande del secolo scorso, ma faccio un po' più fatica a considerare anche Schoenberg tale. Ma potrebbe essere questione di gusti.

Ho detto che Šostakovič è stato il più grande compositore sovietico e non voglio andare oltre ma, detto ciò, sono assai anche convinto che a tutt'oggi non ci sia ancora una esatta percezione reale sulla sua grandezza. Ma, ancora una volta, potrei peccare di gusti personali, non lo metto in dubbio.

Bartok e Prokof'ev  - faccio assolutamente fatica a seguirti con Rachmaninov  - sono stati certamente grandissimi ma, penso che  Šostakovič sia stato in un gradino più alto.

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Quando si parla di Shostakovich e si cerca di inquadrarne la figura bisogna ricordare che oltre ad essere un grande musicista era anche un vero ed autentico comunista che credeva realmente nella rivoluzione e nel sistema sovietico. Secondo me questo è stato forse il suo limite che non gli ha permesso di manifestare tutte le sue possibilità musicali, accettando le limitazioni imposte dal regime come provenienti da un sistema in cui credeva. Certo in lui vi erano delle tensioni musicali represse che ogni tanto emergevano coperte da una sottile ironia ma poi quando Stalin parlava si accettava tutto: le critiche, i rimbrotti, l'espulsione dall'Unione dei Compositori e la successiva miseria, ecc.

Solo per ricordare due episodi che secondo me danno un quadro dell'uomo.

Il 16 aprile 1917 all'età di undici anni, si trova casualmente alla stazione di Leningrado ed ascolta il discorso di Lenin che rientra in patria col famoso vagone piombato, restando affascinato dallo spettacolo e portando poi il ricordo per tutta la vita.

Il 16 settembre 1941 fa un discorso alla radio della Leningrado assediata che è quello di un vero compositore comunista. Il discorso si può leggere nella mia guida all'ascolto della Settima Sinfonia (è una delle poche guide che ho scritto io e non copiato).

http://www.flaminioonline.it/Guide/Shostakovich/Shostakovich-Sinfonia7.html

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Fu Šostakovič un vero e autentico comunista?

Secondo Stalin fu un compositore «nemico del popolo»; secondo gli accademici degli Stati Uniti fu «forse il figlio musicale più leale della Russia»; secondo altri fu un «inconsistente», un «codardo» un «essere umano mediocre», un «impotente morale e complice servile».

Ho detto che, ancora oggi a 39 anni dalla sua morte, avvenuta il 5 agosto 1975 - ricordo quel giorno come fosse oggi: io sotto un ombrellone a Pinarella di Cervia, mentre mio padre che leggeva l'Unità ad annunciarmi la sua morte – la sua figura umana e compositiva non è ancora ben giustamente valorizzata nella sua grandezza e, il motivo, sta tutto su quei pre-giudizi che ho qui riportato e che lo rendono inviso anche a tanti che ascoltano la musica classica.

Šostakovič fu un vero comunista, se però per tale intendiamo un uomo che ha creduto veramente che fosse possibile creare un mondo alternativo a quello di allora e di adesso. Non fu un comunista se per tale, pensiamo a tanti assassini che nel nome del comunismo hanno compiuto indicibili orrori.

Fu un uomo che nella sua enorme contraddittorietà, fu solo apparentemente fragile, non vile ma coraggioso, la cui musica ha terrorizzato tutto il mondo, quello sovietico e quello anti-sovietico, vittima ma, al fine vincitore, anche se questa battaglia lo trovò completamente sfigurato fisicamente e psicologicamente nei suoi ultimi 10 anni di vita.

La sua lotta fu con Stalin. Una lotta che durò anche dopo il 6 marzo del 1953, quando il dittatore sanguinario morì. Una lotta non esplicita ma sempre fra le righe che portò, lui e la sua famiglia, a vivere sempre sul baratro della catastrofe, sotto la costante minaccia di essere arrestati, esiliati o assassinati e non ci si faccia abbacinare dai premi di stato da lui ricevuti su questo argomento.

Amò la sua Patria, amò la sua Leningrado: «Leningrado è la mia patria. La mia città natale, la mia casa. E molte altre migliaia di leningradesi sentono quello che sento io. Un sentimento di infinito amore per la città natia, per le sue ampie strade, per le sue piazze e i suoi edifici incomparabilmente belli. Quando cammino per la nostra città in me sorge un sentimento di profonda sicurezza, che Leningrado si ergerà per sempre solenne sulle rive della Neva, che Leningrado nei secoli costituirà un possente sostegno per la mia Patria, che nei secoli moltiplicherà le conquiste della cultura.»

Ecco, la vittoria di Šostakovič su Stalin fu questa: la vittoria della cultura e dell'arte immortale sull'ignoranza, la prepotenza, la cattiveria e la tirannia.

«La creazione del genio davanti a noi avviene con la bellezza di un tempo», l'invisibile, per il compositore, è molto di più del visibile, del tangibile, di ciò che si può toccare.

Šostakovič fu sempre orgoglioso di essere riuscito a continuare a comporre anche dopo i durissimi attacchi del 1936 e 1948 e, tramite la sua arte, continuò sempre il suo dialogo con Stalin. E lo fece anche nella sua Decima Sinfonia che compose proprio nell'anno della morte del dittatore: il secondo movimento è uno scherzo selvaggio e spaventoso che, a detta dello stesso Šostakovič, è il ritratto musicale di Stalin. Fu un grande maestro di motivi nascosti, di citazioni e giustapposizioni di figure ritmiche. Nella Decima Stalin viene riconosciuto attraverso la musica per il film “La caduta di Berlino”, il compositore dalla sua stessa firma musicale: il tema D-Es-C-H, comparso nelle opere precedenti solo per allusione che qui diventa il tema centrale. Questo tema si contrappone nel Finale a quello di Stalin e, nel duello vince, come a dire: tu sei morto ma io sono vivo. Ma in realtà la metafora va invece letta in questo senso: i tiranni sono tutti mortali, l'arte è invece eterna, la cultura è l'unico scudo che noi abbiamo nei confronti dell'ignoranza, del male e della violenza.

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Mi sbaglierò Daniele, ma la rivoluzione l'ha fatta Schoenberg (visto che citi la dodecafonia) e la reazione l'ha fatta Stravinsky (visto che citi i russi). Questi secondo me sono i 2 più grandi del '900 (e non dimenticherei Stockhausen).Šostakovič, sempre secondo me è un eccellente e grande musicista, come Rachmaninov, Prokofiev o Bartok, ma tanti altri ...

 

Solo per invertire i termini cronologici, che cambiano i rapporti di causa ed effetto: se la rivoluzione di Schoenberg è la dodecafonia, essa è stata anche una reazione A Stravinskij. Tradizionalmente le Variazioni per Orchestra op. 31 di Schoenberg vengono considerate la prima opera dodecafonica del compositore, e datano 1928. La Sagra della Primavera è del 1913... e, a titolo di cronaca, anche se non sono le sue opere più conosciute e apprezzate, ci sono un bel po' di pezzi dodecafonici scritti da Stravinskij.

 

A me piacerebbe molto approfondire Shostakovich. Come per tutti i compositori che si sono dedicati poco alla musica vocale ho avuto un approccio parziale e "manualistico". E anche La Lady Macbeth del distretto di Mzensk, l'ho ascoltata una volta, sono rimasto sconvolto ma non ho mai avuto il "coraggio" di riprenderla... 

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A me piacerebbe molto approfondire Shostakovich. Come per tutti i compositori che si sono dedicati poco alla musica vocale ho avuto un approccio parziale e "manualistico". E anche La Lady Macbeth del distretto di Mzensk, l'ho ascoltata una volta, sono rimasto sconvolto ma non ho mai avuto il "coraggio" di riprenderla... 

Un po' di tempo fa, ho scritto su quest'opera e, se può essere utile lo riporto qui.

 

Dmitrij Šostakovič, è stato il massimo compositore sovietico. Aderì con grande convinzione al partito comunista, ma ben presto si rese conto che le speranze nate con quell’evento naufragarono nelle mani di un manipolo di spietati burocrati che, sotto un'altra forma, vollero perpetrare quel potere – con gli stessi mezzi e gli stessi sistemi – che fu precedentemente degli zar.

Il suo grande attaccamento alla sua amata Patria fece si che egli non decise di emigrare – come avevano fatto tanti altri – ma restò lì, subendo tantissime angherie.

Ma quale fu il momento in cui il grande compositore si rese conto che le cose andavano in un’altra direzione rispetto a quella desiderata?

Fu quando dopo aver composto fra il 1930 e il 1932 la bellissima opera «Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk Opus 29» ed essere questa andata in scena nel 1934 con grande successo al punto di essere replicata per quasi un anno, l’apparato culturale del partito si scagliò contro di lui costringendolo a ritirare il suo lavoro.

Nell’opera in questione Šostakovič fece proprie le più ardite esperienze dell’espressionismo europeo e questo fu il motivo che attirò i fulmini della nomenclatura sovietica: le dittature – di qualsiasi colore siano – sono le più grandi nemiche di ogni istanza di progresso.

Andrej Aleksandrovič Ždanov, responsabile della cultura sovietica, si fece artefice principale di questo attacco e chiese al teatro musicale obbligatoriamente conclusioni ottimistiche, celebrazioni di eroi positivi, esaltazione della nazione sovietica, il tutto accompagnato naturalmente, da una musica molto melodica lontana dalle «degenerazioni delle avanguardie borghesi».

E pensare che quest'opera nacque proprio per esprimere i sentimenti anti-borghesi del compositore. Egli infatti, a tal proposito, così scrisse: «Katerina è una giovane bella e intelligente, che soffoca nel mondo dei volgari mercanti (…). Ella ha un marito, ma non conosce gioia alcuna (…)Gli assassini che compie non sono dei veri e propri crimini, bensì una rivolta contro l’ambiente, contro l’atmosfera sordida e nauseabonda in cui vivono i mercanti imborghesiti del XIX secolo(…)»

Nell’opera di Šostakovič c’è innanzi tutto, tutta la lezione del teatro di Modest Petrovič Musorgskij, unita alla grande lezione sinfonica di Gustav Mahler, il tutto amalgamato e reso originale dal grande, immenso suo genio musicale.

Il secondo atto sembra proprio uno di quei famosi movimenti con ritmo di Marcia funebre di alcune sinfonie mahleriane. Katerina assieme al suo amante Sergej si producono in un duplice assassinio, prima il di lei suocero e successivamente il marito; grande è la maestria e capacità di Šostakovič nell’accompagnare i vari momenti del racconto: gli stati d’animo, le atmosfere ma anche i più piccoli particolari, producendo una musica che sembra davvero parlare.

Musorgskij, invece viene fuori nel quarto atto dove l’opera dopo il carattere intimo dei tre precedenti, diventa di tipo corale, come sono proprio le due opere meravigliose: «Boris Godunov» e «Kovancina». I due amanti assassini sono assieme a tanti galeotti deportati in Siberia e qui è d'obbligo un altro accostamento ma, questa volta, di tipo letterario: il romanzo «Resurrezione» di Lev Tolstoj. Anche lì la storia si conclude con una lunga marcia dei deportati verso la Siberia e, in entrambi i casi, è una donna la protagonista.. Ma le assomiglianze, sotto questo punto di vista, finiscono qui. Se Katiuscia – la protagonista di «Resurrezione» – è infatti completamente innocente e quindi completamente vittima di tutte le circostanze, Katerina è colpevole. Ma la pietà, la compassione, la solidarietà che io provo per entrambe queste due Donne è la medesima. Entrambe infatti sono vittime di un mondo sbagliato e corrotto, entrambe sono vittime di una società, di un mondo profondamente maschilista ed entrambe, infine, fanno parte di quell'Umanità, formata dagli emarginati, dagli ultimi della Terra

Nel 1934, Šostakovič volle dare a Katerina – a differenza dell’originale personaggio di Nikolaj Semënovič Leskov, da cui è tratto il dramma – un volto molto più umano per caratterizzarlo molto di più da un punto di vista sociale: Katerina è vittima di un sistema che mette al centro dei suoi valori la ricchezza e che porta molte persone a delinquere in nome di quella.

Ma quello che mi colpisce profondamente è il clima diametralmente opposto che conclude queste due opere rispetto a due capisaldi del teatro di fine Settecento inizio Ottocento.

Come già, nel teatro di Musorgskij, in Šostakovič il messaggio finale è di un pessimismo terribile: trionfo terribile delle tenebre, della notte, del buio: Katerina si butta nel fiume costringendo con lei la nuova amante del suo amato Sergej ma, prima di fare questo, canta una bellissima canzone:

 

Nel bosco, là dove è più fitto, c’è un lago:

Tondo tondo e molto profondo,

L’acqua è nera.

Nera come la mia coscienza.

E quando il vento soffia nel bosco,

Sul lago si sollevano le onde,

grandi onde, ed è terribile:

D’autunno poi ce ne sono sempre.

Acqua nera e grandi onde,

Nere, grandi onde

 

Il senso dell’oscurità è già molto profondo e l’opera si conclude con un canto di un vecchio forzato:

 

E cammina, cammina senza sosta,

Suonano a ritmo le catene,

Tristemente si contano le verste

Sollevando la polvere coi piedi!

 

A cui fanno eco gli altri forzati:

 

Eh, voi, steppe smisurate,

Giorni e notti senza fine

E pensieri sconsolati

E gendarmi disumani.

Ah!...

 

Dopo l'esperienza della di quest'opera, Šostakovič, a parte alcune sinfonie molto ligie ai dettami del potere, decise di comporre solo musica da camera per non incappare nuovamente negli strali della censura sovietica. Nel 1943 pensò di rompere questo atteggiamento musicando un testo di Nikolaj Vasil'evič Gogol': «I giocatori», ma ben presto si rese conto che ancora una volta la storia e la musica di questa opera non sarebbero state accette dal potere sovietico per cui, in preda al più profondo scoramento decise di abbandonare l’impresa.

E’ un peccato veramente grande perché il primo atto di questa opera da lui composto è veramente eccezionale e non lesino di affermare che probabilmente se fosse stata compiuta sarebbe da annoverare fra i grandi capolavori del teatro musicale del Novecento

Nello stesso anno compose la «Sinfonia n. 8 in do- Opus 65». Siamo in piena seconda guerra mondiale subito dopo che le truppe naziste furono respinte dal suolo sovietico. Naturalmente il potere chiese al compositore una sinfonia che celebrasse questa vittoria. Ma, ancora una volta, il compositore, non accontentò i suoi governanti. Compose infatti una partitura improntata dalla più assoluta mestizia e dal più grande dolore dettato dalle atrocità della guerra.

In tutta questa tristezza, però, il finale spicca con una musica intima, una pastorale solare con elementi popolari. Intervistato sul significato filosofico della sinfonia il e sul significato in particolare di quel finale, il compositore disse che aveva voluto descrivere il suo «dolore verso la violenza dell’uomo sull’uomo» ma, a dispetto di tutto ciò, nel finale, volle affermare che nonostante tutto «la vita e’ una cosa meravigliosa, la vita e la bellezza trionferanno.

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E' uno scritto molto bello che dà un taglio molto umano sia alla figura di Shostakovich che a quella della lady Macbeth.

Mi viene la tentazione di rubartelo ed aggiungerlo alla guida all'ascolto del mio sito.

Terenzio, se ti dicessi che ne sarei altamente onorato, direi poco. Fai tu quello che credi meglio. Io ho un solo scopo, fare amare la grande musica d'arte.

Grazie a Te e a tutti Voi!

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Bel topic, anche molto interessante, per cui non vorrei rovinarlo.

 

Scherzi a parte mi hanno colpito alcune frasi del tipo rivoluzione, reazione, Stravinskj e la dodecafonia, si parla dei compositori più grandi del secolo scorso, etc.

 

Procedendo per moto retrogrado, come prima cosa ricordo che un secolo è fatto da 100 e non 50 anni…per cui Berio è innegabile.

 

Precisato questo dettaglio, discorso dodecafonia, ho notato che girano date in riferimeno a delle precise opere.

Il metodo di composizione dodecafonica venne descritto da Schönberg in un articolo del 1923, intitolato “Komposition mit 12 Tönen”, successivamente pubblicato in Stile e idea.

L’pera 31 citata da Thallo è l’opera esemplificativa (esemplare) di questa tecnica e seppur vero che Sagra della primavera  di Stravinskj è del 1913, bisognerebbe inquadrare quest opera nella trasformazione del suo (di Stravinskj) percorso stilistico e musicale.

Le tappe sono fondamentalmente 3:

  • L’ambiente russo fino al 1920
  • Il periodo neoclassico 1920-1950
  • E finalmente il periodo seriale 1950-1971

In questo ultimo periodo ci si può riferire a Stavinskj, in termini di dodecafonia. E per capirci, I tre viennesi sono morti, la serie appartiene alla storia e dunque Stravinskij può utilizzarla: è la sua risposta contemporanea. Senza citare le opere, in questo caso una sua opera esemplificativa sono le «Variations: Aldous Huxley in memoriam». (per capirci siamo nel 1963-64, prima esecuzione nel 65) .

 

Ecco che Stravinsky usa la tecnica dodecafonica con una certa libertà, dimostra come questo sistema sonoro all’apparenza molto chiuso possa permettere all’artista di esprimersi nel rispetto della propria personalità e delle proprie caratteristiche estetico/stilistiche.

Si percepisce tutta la sua qualità intellettuale, artistica ed espressiva e soprattutto mostra come un artista può esprimersi e mantenere la propria identità con un sistema all’apparenza molto chiuso (come del resto hanno saputo fare altri prima di lui),  sforzandosi di capire l’essenza di ciò che rende un linguaggio comunicativo, senza chiudersi alle critiche e alle nuove idee, e senza dimenticare che c’è un passato che ci appartiene e che non ci si può escludere, come se non esistesse.

 

Premesso questo, Schoenberg rivoluzione e Stravinskj reazione. Ok alla prima ma Schoenberg stesso ha avuto la sua reazione. Ascoltare e analizzare il trio opera 45 (del 1947), oltre ad essere  un capolavoro di orchestrazione, non usa la stessa dodecafonia dell’opera 31.

Il suggerimento è di approfondire la  «combinatoriality hexachord» (questa è già reazione), già utilizzata da Schoenberg, analizzando l’hexachordal transposition-rotation  che applica Stravinskj.

Per cui la questione è molto articolata.

Tornando al topic, a me piacerebbe sapere in base a quali parametri @Daniele dici questo

 

Bartok e Prokof'ev  - faccio assolutamente fatica a seguirti con Rachmaninov  - sono stati certamente grandissimi ma, penso che  Šostakovič sia stato in un gradino più alto.

Lo chiedo perché se analizziamo la prima metà del ‘900, perché di questo si sta parlando, assieme a Stravinskj, Bartok è uno di quelli che è riuscito ha inglobare nella propria opera la musica folklorica, con mezzi diversi da Stravinskj ma con la dignità di altre soluzioni al pari dell’ipercromatismo, la dodecafonia e le altre soluzioni sperimentate all’inizio del secolo scorso per uscire dalla tonalità.

 

Shostakovich in tutto questo, per un sacco di ragioni già ben evidenziate, ha un ruolo diverso. Io gli riconosco la grandezza della sua musicalità ma la sua presenza/assenza è abbastanza ininfluente per l’evoluzione della storia della musica. Come lui altri già citati, per cui mi piacerebbe, al di la dei gusti, capire in cosa ad esempio Shostakovich  è “superiore” (ammesso che abbia senso chiederselo) rispetto ad un Bartok … o perché no, all’amico Rachmaninov.

E a loro volta cosa sicuramente hanno in meno di Schoenberg e Stravinskj ...e in utto questo: Webern e Messiaen?

 

Voglio dire, questi sono i nomi che dovrebbero emergere come grandezza pensando al '900, all'appello mi mancano molti di quelli che l'hanno praticamente riscritto :)

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Tornando al topic, a me piacerebbe sapere in base a quali parametri @Daniele dici questo

 

Lo chiedo perché se analizziamo la prima metà del ‘900, perché di questo si sta parlando, assieme a Stravinskj, Bartok è uno di quelli che è riuscito ha inglobare nella propria opera la musica folklorica, con mezzi diversi da Stravinskj ma con la dignità di altre soluzioni al pari dell’ipercromatismo, la dodecafonia e le altre soluzioni sperimentate all’inizio del secolo scorso per uscire dalla tonalità.

 

Shostakovich in tutto questo, per un sacco di ragioni già ben evidenziate, ha un ruolo diverso. Io gli riconosco la grandezza della sua musicalità ma la sua presenza/assenza è abbastanza ininfluente per l’evoluzione della storia della musica. Come lui altri già citati, per cui mi piacerebbe, al di la dei gusti, capire in cosa ad esempio Shostakovich  è “superiore” (ammesso che abbia senso chiederselo) rispetto ad un Bartok … o perché no, all’amico Rachmaninov.

E a loro volta cosa sicuramente hanno in meno di Schoenberg e Stavinskj ...e in utto questo: Webern e Messiaen?

 

Voglio dire, questi sono i nomi che dovrebbero emergere come grandezza pensando al '900, all'appello mi mancano molti di quelli che l'hanno praticamente riscritto :)

Allora Frank, non è mia intenzione entrare in polemica su tutto ciò, anche perché so già come andrà a finire.

Tutte le volte viene fuori il solito infinito elenco di compositori, con la chiara intenzione di livellarli, su cui, alla fin fine, primeggiano i nostri gusti personali.

Alla fin fine, quello che a me preme è mettere in risalto la grandezza di  Šostakovič e delle classifiche non mi interessa nulla, fermo restando che nello scrivere, essendo io un passionale, sicuramente mi lascio molto prendere la mano.

Sui compositori che tu nomini, non ho nulla da eccepire, tranne, Rachmaninov. 

E su questo compositore ti farò dunque una domanda io, esattamente al contrario di quella che mi fai tu: in cosa trovi che Rachmaninov possa, in una qualche maniera, essere equiparato nella grandezza a tutti gli altri compositori che hai nominato - o sono stati quivi nominati - visto che io - ma so di non essere il solo in questo - faccio molta fatica ad annoverarlo, non solo fra i giganti, ma anche fra i più grandi del secolo scorso?

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A parte che non c'è nessuna polemica, semplicemente mi sembrava strano non leggere dei nomi invece che era ovvio ci fossero (lette le premesse). In realtà non cito Rachmaninov, bisognerebbe chiedere a Kappa, ho solo fatto una domanda leggendo una tua risposta (proprio a Kappa).

 

In generale stiamo parlando di argomenti già molto sviscerati dalla musicologia, il fatto che ci siano compositori che hanno cambiato il modo di scrivere, pensare  e ascoltare la musica non è un grosso segreto. Personalmente parlando, in riferimento a questo, anche se non impazzisco per lui, non si può non citare Webern, un gigante trascurato è Messiaen, certamente i due già stranominati Schoenberg e Stravinskj, mi permetto di ricordare il già citato Stockhausen per l'avanguardia, Berio e Grisey.

Non è un parere di gusto, sono quegli scogli dove il grande flusso della storia della musica ha deviato. Sicuramente si può essere ancora più precisi, ma non ho molto tempo in questo momento.

 

Per gli altri grandissimi compositori (giusto per completezza, anche io sono un compositore. Chiaro, mi esprimo nel XXI secolo) li posso valutare sul piano della musicalità e la grandezza delle loro opere.

 

Per Rachmaninov, rispolvero questo topic

http://www.pianoconcerto.it/forum/index.php?/topic/2244-rachmaninov-140

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Mi pare di capire, comunque, che Frank tenda a parlare di compositori che hanno avuto un posto nell'evoluzione della storia della musica. In questo senso, Shostakovich non ha avuto un ruolo preciso, non c'è un pre-Shostakovich e un post-Shostakovich, mentre ci sono dei post-Berio, dei post-Grisey, dei post-Messiaen. 

Daniele è più personale, mi pare. Parla di un compositore a lui caro, con una personalità affascinante e discussa. E che, da un certo punto di vista, è stato ed è un compositore "di successo". 

Io non mi schiero. E cercherò di espormi poco. Ma penso, per esempio, a "The Rest is Noise", il librone best seller di Alex Ross, in cui si dà molto spazio a compositori "snobbati" dalla storia della musica, come Grieg, come Shostakovich, come Britten, che, però, hanno avuto molto successo tra il pubblico e tra gli esecutori. 

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Thallo ha centrato il discorso, su questi argomenti si possono esprimere pareri da diversi punti di vista, li riassumo come segue:

- interprete

- compositore

- musicologo

- ascoltatore

 

Fra i 4 ritengo che l'ascoltatore si muova più secondo il gusto, sono certo che il Frank ascoltatore preferisce ascoltare Shostakovich a Stockhausen e sicuramente a Webern (a parte la Passacaglia), per cui un conto è mostrare interesse per il lavoro di un compositore e un conto e il piacere nell'ascoltare la sua opera.

Forse parto dal presupposto che i miei gusti d'ascolto non siano interessanti, per cui esprimo più un parere tecnico da compositore, arricchiata da qualche nozione musicologica.

 

Quello che voglio dire è che se un compositore, non per sua scelta (vedi Webern) diventa un punto di partenza e addirittura crea un mainstreamnig o è sempre scelto dagli interpreti (per mille ragioni), la sua grandezza è innegabile. Questo non vuol dire che l'ascoltatore non conti, anzi, ma è più facile ricadere in questioni di gusto e perdere una certa oggettività Insomma, leggendo gli scritti spesso non riesco a discernere pareri da ascoltatore o tecnici in senso lato. Quando si mischiano le due cose, sembra quasi che la musicolgia sia al servizio del gusto. Ma sappiamo tutti che non è così.

 

In effetti la premessa del topic è stata modificata in corsa (ne do atto a Daniele), ho veramente apprezzato e approvo i commenti che sono stati postati sin ora. Infatti vorrei rassicurare Daniele o altri interessati al discorso...mi piace pensare che sia possibile distinguere il valore della musica di Chopin rispetto a quella dell'ultimo dei compositori (io potrei essere il primo di questa lista). Per cui non è vero che alla fine è il gusto a guidare valutazioni di questo tipo, è difficile tramite pochi post e poche righe trattare un argomento vasto e articolato in modo oggettivo e allora può sembrare che vinca il gusto. O meglio, tornando al discorso: qualcuno sceglie i punti di riferimento e i punti di partenza, è in senso lato il gusto di molti addetti ai lavori...non di certo uno.

 

Mi sto accorgendo che mi sto impelagando in un discorso molto grosso, si può cercare di mettere sul piatto idee...ma la sosatnza è che Bach non è diventato Bach a caso...idem per gli altri.

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Mi sa che qui ho sbagliato io, purtroppo a me viene spontaneo relazionare i compositori ai suoi coevi per esprimere un parere...rileggendo il topic mi è venuto subito in mente Mahler.

Purtroppo mi vengono in mente solo personalità che adombrerebbero chiunque...che ne so, persino Schubert era oscurato da Beethoven. QUesto nulla toglie alla sua opera, però vogliamo parlarne?

 

Non persevero nell'OT, in effetti fra i Russi, Daniele (questo è il mio errore...non aver contestualizzato l'argomento.Sorry), probabilmente è uno dei più grandi. Stravinskj a fatto quello che voleva fuori patria, anche se in effetti uno dei suoi capolavori è pregno di Russia, anche se lui negava.

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A parte che non c'è nessuna polemica, semplicemente mi sembrava strano non leggere dei nomi invece che era ovvio ci fossero (lette le premesse). In realtà non cito Rachmaninov, bisognerebbe chiedere a Kappa, ho solo fatto una domanda leggendo una tua risposta (proprio a Kappa).

 

In generale stiamo parlando di argomenti già molto sviscerati dalla musicologia, il fatto che ci siano compositori che hanno cambiato il modo di scrivere, pensare  e ascoltare la musica non è un grosso segreto. Personalmente parlando, in riferimento a questo, anche se non impazzisco per lui, non si può non citare Webern, un gigante trascurato è Messiaen, certamente i due già stranominati Schoenberg e Stravinskj, mi permetto di ricordare il già citato Stockhausen per l'avanguardia, Berio e Grisey.

Non è un parere di gusto, sono quegli scogli dove il grande flusso della storia della musica ha deviato. Sicuramente si può essere ancora più precisi, ma non ho molto tempo in questo momento.

 

Per gli altri grandissimi compositori (giusto per completezza, anche io sono un compositore. Chiaro, mi esprimo nel XXI secolo) li posso valutare sul piano della musicalità e la grandezza delle loro opere.

 

Per Rachmaninov, rispolvero questo topic

http://www.pianoconcerto.it/forum/index.php?/topic/2244-rachmaninov-140

 

Claudio ha ben riassunto quella che era la mia intenzione. Nell'aprire questo topic, il mio unico fine, era ed è quello di mettere in risalto la figura di un compositore che ancora oggi, dal mio punto di vista, non è ancora ben valutato.

Mi sono limitato a dire che lo considero il più grande compositore sovietico - e non ho voluto scrivere russo - proprio nella consapevolezza di evitare, il solito lungo elenco di compositori che avario titolo hanno reso grande il Novecento. Al massimo, potevo trovare qualche recriminazione sul nome di Prokofiev, ma non il resto. E invece no! Come al solito ecco puntuale l'elenco dei primi della classe: reali o presunti. Evvabé, camma fà?

Nel 2006, in occasione del centenario della nascita di Šostakovič, si festeggiava anche quello di Mozart e quello di Schumann – almeno questi erano certamente i più importanti – e ben si sapeva che Mozart poteva monopolizzare il tutto a discapito degli altri. E invece no! Sorprendentemente, riuscì a riservarsi uno spiraglio notevole, cosa che non è accaduta, molto ingiustamente per altro, al povero Schumann. Fu il primo segnale che qualcosa stava cambiando nell'atteggiamento verso il compositore sovietico.

Oggi, finalmente le sue sinfonie – almeno parte di esse – sono nei repertori delle stagioni sinfoniche dei nostri principali teatri – cosa rara prima del centenario – e la sua «Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk» è entrata nel repertorio degli enti lirici: a fine anno il comunale di Bologna chiuderà la stagione con essa.

Mancano all'appello i 15 quartetti - d'altra parte mancano anche quelli di Bartók – e questo è veramente grave.

Quello che io credo e auspico è che negli anni a venire, si possa fare veramente giustizia su questo compositore che sicuramente non ha avuto un post, ma se non l'ha avuto è perché la storia della musica è andata in altra direzione e lui fu costretto ad altre strade.

Sta di fatto che, almeno secondo me che sono nessuno, la tonalità di Šostakovič, liberata da ogni residuo tardo e post romantico, è una dimostrazione altissima di come la tonalità avrebbe potuto evolversi nel Novecento e dopo: altro che neo-romantici o cose simili. 

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Sta di fatto che, almeno secondo me che sono nessuno, la tonalità di Šostakovič, liberata da ogni residuo tardo e post romantico, è una dimostrazione altissima di come la tonalità avrebbe potuto evolversi nel Novecento e dopo: altro che neo-romantici o cose simili. 

Secondo me invece, tolta tonica e dominante, non si può parlare di tonalità...per questo se la gioca con gli altri su altri piani. In effetti chi sono gli altri?

 

Tolto Stravinskj e Prokofiev, mi chiedo chi siano gli altri russi paragonabili a livello territoriale, insomma, che versavano nelle stesse condizioni.

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