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Piano Concerto - Forum pianoforte

L'estensione fa parte del bagaglio tecnico di un cantante?


Annuccia
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quello su cui mi sento abbastanza sicuro è che nulla nella voce è un "dono". Sono caratteristiche ma tutte vanno prese, esercitate, coltivate, conosciute.

L'estensione prima di tutto non è un pregio di per sé. Avere una voce estesa non serve quasi mai. L'estensione "standard" di ogni voce, cioè circa due ottave, è un'estensione molto comune. Chi non riesce a coprirla quasi sempre non ci riesce per problemi tecnici, perché non sa come fare, non perché non c'ha quelle note lì. Queste due ottave circa di estensione possono variare un po' rispetto alle note estreme. Non so, ci sono soprani che hanno i sovracuti e soprani che non hanno i sovracuti. Ma le due ottave rimangono quasi sempre quelle, nel senso che i soprani con i sovracuti non hanno i gravi e i soprani senza sovracuti hanno i gravi :-) e il repertorio prende in considerazione queste cose, ovvero ci sono milioni di pagine di musica per i soprani con i sovracuti e milioni di pagine di musica per i soprani senza i sovracuti.

Ma la cosa che mi preme far passare è che l'estensione va curata, studiata. Non conta quante note si riescono a prendere ma come si prendono le note.

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Grazie Thallo, ma come si incastra questo tuo discorso i nrelazione a quanto hai detto poco su?

 

 

i cori che sento io nel circondario hanno molti soprani, il problema è che sono soprani che non sanno cantare su tutta l'estensione :-) ma è un problema che hanno anche i professionisti, sembrerà strano ma nelle classi di canto dei nostri conservatori (e di quelli di tutto il mondo, credo) l'estensione viene vissuta in un modo un po' anacronistico... si studia da solisti e se quel solista non sa fare quella nota là, allora sceglie un repertorio in cui quella nota là non c'è. Questo è anti professionale. Cantare in coro ti insegna che se sullo spartito c'è scritto Do, e sei un tenore che sostiene di non avere il Do, ti devi arrangiare e farlo. Male che vada in falsettone, che non è mai morto nessuno

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distinguiamo coralità e solismo. E prendiamo un esempio pratica, così non ci confondiamo.

Facciamo che io sono un soprano lirico. L'estensione media di un soprano lirico è simile a quella di un tenore, va dal Do sotto al rigo al do sopra il rigo.

Se canto in coro, devo essere in grado di cantare praticamente tutte le note che sono in grado di emettere. Se canto da solista, mi devo concentrare su tutte le note che sono in grado di cantare BENE, con controllo, omogeneità, volume adeguato etc.

Se in un pezzo di coro ho un Do acuto, posso cantarlo anche solo grazie alla mia musicalità. Ovvero, l'importante è che quel Do sia intonato, non che sia forte, preso bene, ricco di armonici. E' una nota estrema e l'importante è che ci sia una cura corale complessiva.

Se ho un'aria solistica con un Do acuto, e non sono in grado di cantarlo PERFETTAMENTE, allora ha senso che io non canti quell'aria. E' in quest'ottica che si situa il mio discorso su questo topic, non c'è vergogna nel selezionare il proprio repertorio solistico rispetto alle proprie caratteristiche vocali. Ma cantare in coro significa acquisire una professionalità tale per cui si deve essere in grado di fare praticamente tutto.

 

Forse ci sono cose che do per scontate...

Ogni voce ha delle note estreme che sono eseguibili ma che non vengono considerate belle in un repertorio solistico. Io in falsetto riesco ad arrivare con relativa facilità al sol sovracuto e con un filo di voce riesco ad eseguire anche note gravi da baritono (più o meno fino al fa sotto il rigo. Se mi trovassi a dover cantare estensioni estreme in coro, potrei farlo, perché in quel caso non conta il mio timbro ma il timbro complessivo, e perché si dà per scontato che il compositore e il direttore del coro sappiano che sto cantando note estreme e che quindi posso rendere solo fino a un certo punto. Nel finale scritto da Alfano della "Turandot" di Puccini ci sono dei Do acuti sia per i soprani che per i tenori. E' possibile che nei cori di tutti i teatri che mettono in scena la Turandot ci siano decine di tenori e soprani in grado di cantare "bene" dei do acuti? E' possibile se adattiamo l'avverbio "bene" alle esigenze del coro. Allo stesso modo, però, vi assicuro che i SOLISTI che azzardano a cantare quella nota (o, in generale, le note estreme) sono pochi, perché la capacità di controllo e la qualità richiesta ad un solista sono maggiori rispetto a quelle richieste ad un corista.

Detto questo, tra le cose che non ho spiegato fino in fondo, c'è la mia consapevolezza del fatto che in genere chi studia vocalità tende a studiare solo vocalità solistica. Questo porta ad avere un approccio all'estensione molto limitato. Continua ad esserci un preconcetto diffuso verso il falsetto, il falsettone, la vocalità leggera, che portano ad un'unica conseguenza: abbiamo frotte di diplomati in canto con una voce cortissima, sia in acuto che in grave, perché sono abituati a cantare solo nel range che considerano "messo a posto". 

Tra persone e artisti maturi, questa è una cosa che può avere un senso. Ma troppe volte questa è la conseguenza di problemi tecnici. Come dicevo all'inizio, gran parte dei problemi di estensione sono problemi tecnici, e l'estensione media di ogni voce è di due ottave. Un'ottava e mezzo è POCO, è irreale. La maggior parte dei tenori che si diplomano nei conservatori del mondo lavora su un'estensione che va approssimativamente dal Mi primo rigo al Sib sopra il rigo. E' un'estensione misera, giustificabile solo nel caso in cui quel cantante lì sia un solista affermato che non vuole rischiare di fare brutta figura in campo internazionale. Ma in sede di studio SI STUDIA, e si studia su tutta l'estensione, proprio perché è studiando che l'estensione aumenta, si migliora, si controlla.

Io studio molto spesso arie con il Do acuto ma non le canterei mai in audizione. Mi sono diplomato con arie che arrivavano al Sib ma ora porto con "relativa" sicurezza in audizione arie che arrivano al Si naturale. In coro ho cantate più di una volta i Do acuti e mi sono trovato spesso a rinforzare linee originariamente scritte per bassi o baritoni.

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